AHI, QUE DOLOR PER I BERLUSCONES - VIVENDI IN SPAGNA RIESCE A BLOCCARE IL PROGETTO MEDIA FOR EUROPE. IL TRIBUNALE DI MADRID HA CONFERMATO LA SOSPENSIONE DELLA COSTITUZIONE DELLA HOLDING OLANDESE. QUESTO STOP SERVE A BOLLORÉ PER AVERE PIÙ PESO NELLA TRATTATIVA SULLA SUA USCITA DAL BISCIONE, SUL RESTARE UN SOCIO FORTE O SULLA MEGA-OPERAZIONE (MOLTO COMPLICATA) CHE INCLUDE ANCHE TIM
-1. VIVENDI BLOCCA LA TV PANEUROPEA MEDIASET: «PRONTI A PIANO ALTERNATIVO»
Andrea Biondi per ''Il Sole 24 Ore''
Dalla Spagna arriva la notizia peggiore che Mediaset potesse attendersi a un anno dall' avvio del suo progetto di riassetto internazionale conosciuto con il nome di Mfe: la holding con sede in Olanda che sarebbe dovuta partire dalla fusione delle attività italiane e spagnole.
Su quel progetto - per come era stato pensato - è caduta come una mannaia l' ordinanza firmata dal giudice Andres Sanchez Magro del Tribunale commerciale di Madrid che ha confermato la sospensione cautelare respingendo il ricorso di Mediaset España e sposando la richiesta di Vivendi difesa da Giuseppe Scassellati, Ferdinando Emanuele e Roberto Argeri di Cleary Gottlieb.
Nei fatti quello del tribunale spagnolo - che pure nel contempo ha detto no a una richiesta cautelare di Vivendi riguardante la delibera di febbraio (con cui Mediaset ha modificato il progetto originario proprio per condurlo in porto) - è un pollice verso che affossa il progetto nella sua attuale formulazione. I tempi per arrivare al merito sono incompatibili con il termine del 2 ottobre.
«Poiché la nascita di nuovo broadcaster paneuropeo è oggettivamente resa sempre più indispensabile dal nuovo scenario economico, Mediaset ripresenterà al più presto su nuove basi l' operazione Mfe-MediaForEurope» ha comunque commentato il Biscione in una nota durissima contro il socio scomodo francese accusato di aver causato «un grave danno a Mediaset, alla controllata spagnola Mediaset España, a tutti gli azionisti delle due società oltre che a tutto il sistema televisivo europeo». Mediaset punta l' indice contro «la scelta effettuata da Vivendi di acquistare in extremis solo l' 1% delle azioni di Mediaset España e di averlo fatto con intenti pretestuosi solo "dopo" l' annuncio del progetto di fusione che ha poi sùbito contestato». Un gesto che «fa il paio, in Italia, con la rinuncia del gruppo francese a esercitare il diritto di recesso».
Il gioco (consueto in questa partita) delle invettive incrociate dei portavoce segue le comunicazioni ufficiali con il portavoce di Vivendi che attribuisce ai francesi la disponibilità «a costruire un rapporto sostenibile con Mediaset» e la volontà esclusiva di «difendere l' interesse di tutti gli azionisti di minoranza coinvolti dalla fusione» e quello di Mediaset a replicare che «Vivendi ha talmente a cuore l' interesse di tutti gli azionisti di minoranza Mediaset che oggi il titolo ha perso in Borsa a Madrid il 9%, dopo aver toccato anche il -12%».
Resta il fatto che il tribunale spagnolo non ha giudicato le modifiche allo Statuto della holding Mfe, approvate dall' assemblea di Mediaset España a febbraio, sufficienti a risolvere gli effetti «abusivi» nei confronti degli azionisti di minoranza derivanti dall' adozione delle azioni speciali e del sistema di governance (con un Cda ritenuto sotto il pieno controllo dell' azionista Fininvest).
Che possano esserci spazi per trattative si vedrà anche se le dichiarazioni di ieri sembrerebbero lasciare poco spazio a margini. Quel che in casa Mediaset viene dato per scontato ora è l' avvio di un piano B. Che potrebbe passare ad esempio dallo spostamento in Olanda delle partecipazioni (compresa quella nella tedesca Prosiebensat) senza fusioni transfrontaliere (e senza takeover). Di sicuro ieri il colpo è arrivato anche un po' inatteso per Mediaset, che aveva avuto un ok dal giudice italiano e un inciampo in Olanda (sospensione fino all' 1 settembre dopo un primo ok) che però si pensava di superare. Il niet spagnolo impone di cambiare i piani.
2. BOLLORÉ PUNTA A FORZARE UN NUOVO ACCORDO
Antonella Olivieri per ''Il Sole 24 Ore''
Il sabotaggio è riuscito. Il progetto Media for Europe che era stato presentato da Mediaset un anno fa, di fatto, non esiste più. Tutto fa rifare, azioni consegnate in recesso da restituire, trasloco in Olanda da riprogettare. Il punto segnato da Vivendi in Spagna - dove il Tribunale ha deciso di sospendere l' efficacia della fusione di Mediaset España nella holding olandese Mfe - obbligherà il Biscione a cambiare strada, dal momento che il giudizio di merito a Madrid non arriverà prima di un anno e per allora tutte le carte preparate per il trasferimento ad Amsterdam delle due Mediaset saranno scadute (già a settembre, in realtà).
Ma poichè per nessuno il contenzioso è il fine, c' è da chiedersi a cosa miri l' offensiva legale dei francesi. A quanto risulta, l' obiettivo è scendere a patti con la società che fa capo alla famiglia Berlusconi, trattando da una posizione di relativa forza.
L' accordo per una ritirata parziale a 3 euro per azione - saltato alla vigilia di Natale per le condizioni dell' ultimo minuto arrivate da Parigi - non è più resuscitabile, visto che le azioni Mediaset - di cui la media company transalpina detiene il 28,8% del capitale - ormai viaggiano in Borsa alla metà dei prezzi di cui si parlava sette mesi fa.
Infatti ieri un portavoce ha dichiarato che Vivendi è «disponibile a costruire un rapporto sostenibile con Mediaset». Vale a dire farsi accettare come socio di peso. Poi si vedrà. Dopo la scottatura della mancata compravendita di Mediaset Premium - ormai si parla di quattro anni fa - e la scalata ostile fermatasi a un passo dall' Opa, tuttavia, c' è molta diffidenza dall' altra parte della barricata. I toni del comunicato Mediaset che promette di riproporre un nuovo progetto per far nascere Mfe non sembrano dei più concilianti. Allo stato, inutile dirlo, i contatti sono inesistenti.
Intanto Mediaset aspetta che si pronunci il Tribunale olandese, che ha sospeso anch' esso la fusione, per vedere come muoversi. Vivendi invece aspetta la Corte europea che il 3 settembre deciderà, di fatto, sulla compatibilità col contesto comunitario della legge Gasparri che ha motivato l' Agcom a porre un tetto del 10% alle mire del gruppo che fa capo a Vincent Bolloré.