ARPE DIEM - I PRINCIPALI AZIONISTI DEL FONDO SATOR PRIVATE EQUITY (ENASARCO, FONDAZIONE MONTEPASCHI, CASSA FORENSE E FONDO PENSIONI UNICREDIT) CONTESTANO LA GESTIONE DEL FONDO DA PARTE DI MATTEO ARPE E LA MANCATA VENDITA DI BANCA PROFILO AL FONDO BANOR CAPITAL, CASH PER 160 MILIONI DI EURO. TEMONO CHE ANDANDO IN LIQUIDAZIONE IL FONDO DI ARPE NEL MARZO 2022 RIMANGANO CON IL CERINO IN MANO
-
DAGONOTA
I principali azionisti del Fondo Sator Private Equity contestano la gestione del fondo da parte di Matteo Arpe e la mancata vendita di Banca Profilo al Fondo Banor Capital. IL 24 aprile i principali azionisti: Enasarco, Fondazione Montepaschi, Cassa Forense e Fondo pensioni Unicredit hanno mandato una lettera agli uomini di Arpe in cui muovono pesanti rilievi.
Tre giorni fa è avvenuto un altro incontro dove hanno preso decisa posizione contro la mancata vendita di Banca Profilo a Banor cash per 160 milioni di euro. Temono che andando in liquidazione il fondo di Arpe nel marzo 2022 rimangano con il cerino in mano.
TROPPO TEMPO PER CEDERE PROFILO: QUOTISTI CONTRO ARPE
Andrea Giacobino per “MF”
C'è anche il possibile conflitto d'interessi di Matteo Arpe nella lettera inviata pochi giorni fa da quattro grandi quotisti di Sator Private Equity Fund alla Sator di Arpe e alla controllata Sator Capital Ltd. La lettera è firmata da Carlo Rossi (presidente di Fondazione Mps), Antonio Marzolla (presidente di Fondazione Enasarco), Luciano Nunzio (presidente di Cassa Forense) e da due director di Effepilux, fondo pensione di Unicredit.
La lettera si concentra sulla mancata dismissione di Banca Profilo a opera del fondo e sul rifiuto dell'offerta da 160 milioni recapitata qualche mese fa da Banor Capital, ma suona anche come una critica all'intera gestione del comparto, che andrà a scadenza nel 2022. «Manifestiamo nuovamente forte insoddisfazione per il processo di dimissione degli investimenti in portafoglio, considerato che il fondo nel suo secondo anno di proroga risulta possedere ancora 8 delle 12 originali partecipate», scrivono i quotisti.
«Per quel che riguarda il principale processo di exit del fondo abbiamo constatato diffidenza nei confronti dell'offerta di Banor Capital in quanto secondo il management non coglierebbe a pieno le potenzialità della banca così come espresse dai dati gestionali 2020». Gli scriventi aggiungono che «nella nostra qualità di investitori non possiamo non cogliere alcune criticità ed esprimere timori».
Primo tra tutti, «che il tempo a disposizione del fondo sta velocemente esaurendosi e ciò mette il management in una posizione di estrema debolezza in fase negoziale, rischiando di compromettere qualsiasi teorico metodo valutativo, seppur ragionevole in apparenza», per cui «non vorremmo che, in un contesto di forzati tentativi di vendita mediante ricerca di nuovi acquirenti in tempi ancor più ristretti, il fondo fosse poi costretto ad accettare un'offerta inferiore a quella che oggi è sul piatto.
Vi invitiamo altresì», concludono i quotisti, «a valutare se possano sussistere rischi di conflitti d'interesse per gli investitori in relazione alla posizione di Matteo Arpe, che attualmente risulta essere principale azionista, presidente e ad di Sator, che ci risulta essere a sua volta quotista per circa il 18% del fondo Sator Private Equity e gestore del fondo stesso tramite Sator Capital Ltd. Se così fosse, chiediamo fin d'ora quali siano i presidi che possono assicurare la corretta gestione di detti potenziali conflitti d'interesse e quindi la tutela dei quotisti».