ASSALTO ALLA FORTEZZA BASTIANINI - L’AD GRILLINO DI MPS GUIDO BASTIANINI È SEMPRE PIÙ IN BILICO: AL “MONTE” SERVE UNA SVOLTA OPERATIVA A 360 GRADI E IL TESORO NON LO RITIENE PIÙ ADEGUATO - IL TESORO, SU SPINTA DEL PD, VUOLE CHIEDERE DUE ANNI DI PROROGA AL TERMINE ULTIMO DELL’USCITA DELLO STATO DALLA BANCA, MA LA TRATTATIVA CON L’EUROPA SARÀ DURA…
-Tobia De Stefano per “Libero quotidiano”
Serve tempo. È questo il refrain che circola dalle parti del Tesoro quando si parla dell'operazione Monte dei Paschi. Messa da parte definitivamente l'opzione Unicredit e chiarito ai quattro venti che l'ipotesi nazionalizzazione non è mai stata in campo, il prossimo passo per il Mef è negoziare con la Dg Comp, l'Antitrust europeo, i nuovi termini per cedere il 64% della banca più antica del mondo.
Secondo le indiscrezioni raccolte da Libero il governo Draghi e il Pd, che mai come in questo momento rappresenta il partito forte dell'esecutivo, chiedono di avere altri due anni per arrivare a dama. Non è detto che li ottengano- Dg Comp è infatti un osso durissimo e chiederà di sicuro un massiccio aumento di capitale a carico dell'azionista pubblico-, ma è il punto di partenza della trattativa.
BASTA ERRORI
I motivi sono due. Da una parte è stato a tutti chiaro che nell'affare fallito con Unicredit, l'evidenza di una scadenza temporale inderogabile abbia fatto partire i potenziali acquirenti da una posizione di grande vantaggio.
E non si vuol ripetere lo stesso errore. Dall'altro al direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, e alla sua squadra non sfugge che a prescindere dagli utili di bilancio (388 milioni di profitti nel 2021), la situazione patrimoniale e operativa di Siena è tutt' altro che rassicurante. Anche perché, a oggi, a perimetro invariato di cessione, nessun nuovo acquirente chiederebbe meno dei 6,5 miliardi di "dote" pretesi da Unicredit. Ma c'è dell'altro.
L'operazione con l'istituto milanese non è saltata solo per una questione economica, ma anche politica. Al centro del dibattito c'è stata la possibilità di inserire nel perimetro dell'affare il Consorzio operativo (810 addetti) Mps Leasing&Factoring (180 dipendenti), e Mps Capital Service (350 lavoratori), che avrebbe voluto dire mettere al sicuro quasi 1.500 persone. L'obiettivo finale era quello di ridurre il numero degli esuberi, circa 7 mila dipendenti, che sia Draghi che il Pd non volevano "accollarsi".
Il premier, perché, come già successo con pensioni, tasse e catasto sta rinviando le partite più spinose e si sta concentrando sul Pnrr. I democratici per ovvi motivi elettorali, la Toscana è uno dei maggiori serbatoi di voti del partito e sulla vicenda Mps, i dem hanno miliardi di "scheletri negli armadi" da far dimenticare. Insomma i due anni chiesti a Bruxelles servirebbero anche a superare le elezioni del 2023. O ad affrontarle senza traumi.
CHI SARÀ L'AD?
E qui veniamo al secondo punto. L'ad del Monte resterà "il grillino" Guido Bastianini? Pochi giorni fa il direttore generale del Tesoro, Rivera, ha rassicurato management ed M5S - «Non mi risulta che ci siano discussioni in corso su ipotesi di sostituzioni di Ceo e Cda», ma in realtà la posizione dell'ad è tutt' altro che blindata.
In questo caso c'entra poco la politica, si tratta di una valutazione gestionale. Nonostante il curriculum (Capitalia, Sator, Banca Profilo, Carige) Bastianini non è considerato un banchiere operativo stile Morelli (il precedente ad del Monte) e ad Mps serve una svolta a 360 gradi.
Vero che l'ultima trimestrale ha fatto segnare numeri confortanti sulla crescita delle commissioni, per esempio, ma è altrettanto vero che diverse fonti di ricavo (commissioni di collocamento, negoziazione titoli, dividendi da Axa) sono non ripetibili.
Al Monte serve una svolta operativa perché restando da solo, tutti i difetti strutturali tornano a galla. A partire dal numero di dipendenti per sportello: 10 in media per Bper, 13 per Bpm e 15 per Siena. Ecco perché - magari non a brevissimo nel management del Monte potrebbe esserci una rivoluzione.