A BERLUSCONI GLI MANCAVA SOLO LA SENTENZA DELLA CORTE UE CHE DÀ RAGIONE A BOLLORÉ - LA LEGGE GASPARRI È CONTRARIA AL DIRITTO EUROPEO, VIVENDI PUÒ SALIRE SOPRA IL 10% DI MEDIASET E RIPRENDERE LA SUA SCALATA - MA QUESTA BATOSTA POTREBBE APRIRE LA STRADA AL FANTA-SCENARIO RIVELATO DA DAGOSPIA: IL BISCIONE, ULTIMO GIGANTE DELLE TELECOMUNICAZIONI CONTROLLATO DA ITALIANI, ENTRA NELLA RETE UNICA DI TIM E CDP
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L'OPERAZIONE POLITICO-FINANZIARIA CHE DISEGNERÀ IL FUTURO DELL'ITALIA È IN CORSO (MA NON LO LEGGERETE SUI GIORNALI): BERLUSCONI SOSTIENE IL GOVERNO CONTE E IL PREMIER FA INGOIARE AI GRILLINI IL ROSPO DEL BANANA DENTRO LA RETE UNICA, ESSENDO MEDIASET L'ULTIMO GRANDE GRUPPO DI TELCO IN MANO ITALIANA
LA CORTE EUROPEA SCATENA IL BIG BANG SU MEDIA E TLC IN ITALIA
Andrea Biondi per ''Il Sole 24 Ore''
È una bocciatura secca quella della Corte di Giustizia Ue sulle norme italiane che hanno costretto Vivendi a congelare al 9,9% la sua partecipazione in Mediaset. La disposizione, «è contraria al diritto dell'Unione». La sentenza della Corte del Lussemburgo, oltre a piombare come un macigno sulla contesa fra il gruppo di Cologno e quello che fa capo a Vincent Bolloré, apre a scenari tutti da verificare, con possibile «Big bang» nel mondo dei media e delle tlc. Mediaset in una nota usa parole che sanno di messa in guardia: «Se, al contrario di quanto prevede oggi la Legge italiana, si aprissero possibilità di convergenza tra i leader delle tlc e dell'editoria televisiva, Mediaset che in tutti questi anni è stata vincolata e penalizzata dal divieto valuterà con il massimo interesse ogni nuova opportunità in materia di business tlc già a partire dai recenti sviluppi di sistema sulla Rete unica nazionale in fibra».
Legge Gasparri e delibera Agcom
Per capire occorre tornare alla Legge Gasparri, legge sul sistema radiotelevisivo approvata dal Parlamento ad aprile 2004. L'iter non fu semplice, tant' è che nel dicembre 2003 fu rinviata alle Camere dall'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Fra i motivi di quel rinvio c'era il Sistema integrato delle comunicazioni (Sic): paniere poi recepito dal Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar) per evitare le concentrazioni nel mercato audiovideo, a tutela del pluralismo. La legge ha stabilito che nessun soggetto potesse superare il 20% del valore del Sic. Quel limite, allora ritenuto troppo ampio e quindi troppo "pro-Mediaset", fu fra i motivi del richiamo di Ciampi.
Il limite del 20% è però rimasto ed è passato, come detto, nel Tusmar unitamente a un altro vincolo contenuto nel comma 11 dell'articolo 43 oggetto dell'intervento della Corte Ue: il divieto di acquisto, per chi abbia una posizione di mercato prevalente nelle tlc (realizzando il 40% dei ricavi complessivi di tale settore), di acquisire ricavi superiori al 10% del Sic. È su questa norma che il Biscione fece leva a fine 2016 nel rivolgersi ad Agcom contro Vivendi. Erano i giorni della "scalata" di Vivendi a Mediaset, seguita al gran rifiuto da parte dei francesi di acquisire, come da accordi, Mediaset Premium e all'immediato contenzioso.
Dopo qualche mese Agcom è intervenuta per vietare a Vivendi di mantenere tutte le sue quote contemporaneamente in Tim (dove è primo azionista col 23,9%) e in Mediaset (dove è il secondo con il 28,8% e il 29,9% dei diritti di voto). Il gruppo francese ha cosi parcheggiato il 19,19% di Mediaset in Simon Fiduciaria. L'impatto è stato non da poco anche perché Mediaset, facendo leva su decisioni giudiziarie, ha sempre negato accesso e voto nelle assemblee a Simon. Vivendi ha fatto ricorso contro la delibera Agcom al Tar che a sua volta si è rivolto alla Corte Ue con un "rinvio pregiudiziale".
Ora il responso, favorevole a Vivendi assistita dallo studio Cleary Gottlieb con gli avvocati Giuseppe Scassellati, Ferdinando Emanuele, Marco D'Ostuni e Gianluca Faella. La bocciatura della Corte Ue «L'articolo 49 TFUE - si legge in un comunicato della Corte - osta a qualsiasi provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare l'esercizio della libertà di stabilimento garantita dal TFUE. È questo il caso della normativa italiana che vieta a Vivendi di mantenere le partecipazioni che essa aveva acquisito in Mediaset o che deteneva in Telecom».
La Corte Ue ha puntato l'indice su tre aspetti: la definizione restrittiva del settore delle comunicazioni elettroniche che esclude nuovi mercati (i servizi al dettaglio di telefonia mobile e altri servizi collegati ad Internet); la sproporzionalità nel calcolare i ricavi delle società «collegate» come se fossero «controllate», vietando anche alle prime gli incroci azionari; l'irrilevanza del limite del 10% dei ricavi del Sic che «non è di per sé indicativo di un rischio di influenza sul pluralismo dei media». Dal gruppo francese «grande soddisfazione» per la decisione. «Vivendi - si legge in una nota - ha sempre agito nel rigoroso rispetto della legge italiana ed è stata costretta a difendere i propri interessi in sede giudiziaria dopo che Mediaset ha presentato reclamo all'Agcom nell'unico desiderio di impedirle di partecipare alle proprie assemblee».
Gli scenari
Gli occhi sono puntati su Agcom, il cui prossimo Consiglio si terrà il 9 settembre, che potrebbe in autotutela annullare la delibera 178/17/CONS.
Se questo non accadesse, sarebbe il Tar a doversi esprimere e i pareri legali ascoltati dal Sole 24 Ore considerano obbligata la strada della bocciatura della delibera. «Non c'è alcuna "cancellazione" da parte della Corte Ue: ora sarà il Tar del Lazio a riprendere in mano la vicenda e a decidere, dopodiché sono sempre possibili ricorsi», afferma Gian Michele Roberti, uno dei legali di Mediaset. Ferdinando Emanuele, fra i legali di Vivendi, evidenzia invece che «per il principio del primato del diritto comunitario sul diritto nazionale, più volte ribadito dalla Corte di Giustizia, i giudici italiani non potrebbero disattendere questa sentenza della Corte Ue e quanto affermato sul Tusmar».
A ogni modo, se Vivendi potrà far valere il suo peso azionario in Mediaset (ieri il titolo del Biscione è salito del 5,18%), da Cologno rilanciano dicendosi pronti a guardare al dossier della rete unica (si veda a lato), dopo che la Corte Ue ha nei fatti affossato l'impossibilità di controlli incrociati tra gruppi tlc e operatori Tv. Al di là delle schermaglie, senza interventi normativi la bagarre legale sarebbe inevitabile. In questa situazione, infatti, come escludere a priori che qualcuno che ricade in uno degli altri divieti anti-concentrazione del Tusmar possa cercare di forzare la mano, magari contando su ricorsi legali?
L'articolo 43 comma 12 del Tusmar prevede per esempio un divieto per «soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma» con ricavi superiori all'8% del Sic di «acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani». Mediaset, solo per fare un esempio paradossale, potrebbe anche puntare ad acquisire Rcs.