BORSE IN FESTA: “IN DRAGHI WE TRUST” - FOSSE PER GLI INVESTITORI, DRAGHI DOVREBBE ESSERE GIÀ A PALAZZO CHIGI A SCRIVERE IL RECOVERY PLAN – E ANCHE LE CANCELLERIE EUROPEE TIRANO SOSPIRONI DI SOLLIEVO – PER BRUXELLES È CONFORTANTE SAPERE CHE I 209 MILIARDI DEL “NEXT GENERATION EU” SONO NELLE MANI DELL’EX PRESIDENTE DELLA BCE E NON PIÙ IN QUELLE DI CONTE E ARCURI
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Roberta Amoruso per "il Messaggero"
Il bonus-fiducia funziona sempre sui mercati quando sulla scena c' è Mario Draghi. E anche ieri ha funzionato. Ha spinto lo spread verso quota 100 in un colpo solo, giù di 14 punti a 102 per poi chiudere a 105. E ha spinto Piazza Affari a un rialzo di quasi il 3% prima della chiusura al 2,1%, trainata soprattutto dalle banche.
Ma anche nelle cancellerie d' Europa, dove si sperava in una crisi breve e indolore, si respira un' aria di sollievo. È di un certo conforto sapere l' Italia nelle mani della persona che, salvando l' euro, ha tenuto insieme anche tutta l' Unione. «Non è una grande sorpresa se dico che Mario Draghi è rispettato e ammirato in questa città e oltre», ha detto il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas, interpretando il comune sentire nelle cancellerie europee.
LO SCENARIO
Fosse per gli investitori, Supermario dovrebbe essere già a Palazzo Chigi, a puntellare la risposta fiscale alla crisi Covid, ad assicurarsi la ripresa passando da un Recovery Plan credibile, con tanto di riforme, e a studiare un piano-vaccini, oltre che a correggere la rotta del sistema sanitario. Ma un minimo di cautela è d' obbligo, considerato il passaggio delle consultazioni politiche appena all' inizio.
Altrimenti lo spread sarebbe andato anche sotto quota 100, sia chiaro. Credibilità internazionale e reputazione di un governo Draghi possono infatti dare un taglio ben più secco al rischio-Paese, dice Ig Italia, «nelle prossime settimane potremmo vedere lo spread Btp/Bund sui livelli di Spagna e Portogallo, intorno a 50-60 punti base». Ne è convinto anche Pictet Asset management.
Un toccasana per il settore bancario italiano, che di titoli di Stato italiani in bilancio ne ha ancora molti. Ma la buona notizia è anche il maggior impegno atteso da un esecutivo di questo calibro «per agevolare la cessione di crediti deteriorati» e spingere sugli «incentivi a un consolidamento del comparto che ne rianimi la redditività».
LA LEZIONE DI RIMINI
«In Draghi we trust», è il titolo del primo report di Citi. Anche per la banca d' affari il nuovo esecutivo potrà avere tutti i numeri per affrontare il «momento difficile» evocato da Mattarella e richiamato dallo stesso Draghi.
Sarà infatti un governo «Europe friendly, basato su una maggioranza più stabile», spiegano gli economisti, e «probabilmente includerà esperti in ruoli chiave per guidare la strategia dell' Italia». Un bene per il Paese e per le sue banche, dicono. Anche per BofA, la soluzione migliore possibile è proprio un governo tecnico con «l' autorità per le riforme». Di qui l' attesa di una crescita del 30% del settore bancario.
Del resto, un governo istituzionale «potrebbe supportarne il consolidamento», fanno notare da Intermonte. E può anche «attrarre gli investitori internazionali» nel Paese. L' alternativa a Draghi, cioé le elezioni anticipate, rimane un' opzione improbabile per il mercato. Lo dice anche Morgan Stanley. Ma nulla può essere dato per scontato. E se fallirà la via di SuperMario, avvertono gli esperti, potremmo rivedere lo spread di colpo a 150.
Nonostante gli acquisti Bce. Infine, a fotografare lo status quo è Goldman Sachs. «Mr. Draghi - chiarisce la banca d' affari Usa - è visto come il prestatore di ultima istanza del capitale istituzionale e politico del Paese. Difficile immaginare chi potrebbe riuscire a formare un governo efficace se fallisse questa strada». Gli osservatori del rischio sovrano sono avvertiti.
Perché la fiducia dei mercati è qualcosa che si guadagna con pazienza. Lo sa bene proprio il professor Draghi. Per anni i mercati in subbuglio aspettavano le parole dell' ex governatore dalla plancia della Bce per misurare il termometro della fiducia. E ha sempre funzionato: dal «What ever it takes» del luglio 2012 all' annuncio subito dopo degli Omt, gli acquisti salvagente per i Paesi in difficoltà, fino alla politica del Quantitative easing, partita nel 2014. Del resto, «uscire dalla crisi significa ricostruire la fiducia. Non con artifici, ma con la paziente, faticosa comprensione dell' accaduto e dei possibili scenari futuri; con l' azione conseguente», aveva detto Draghi da governatore di Bankitalia nel 2009 in piena crisi finanziaria.
E ancora sulla centralità della fiducia per spingere la ripresa era tornato da Rimini l' anno scorso. Quel genere di fiducia, diceva, «che si fonda anche sulla credibilità di un assetto istituzionale e di scelte collettive coerenti, convincenti, fra livello nazionale e livello europeo e mondiale».