CHE SUCCEDE AI 70MILA SOCI E ALTRETTANTI CORRENTISTI DELLA POPOLARE DI BARI? PER EVITARE UNA CORSA AGLI SPORTELLI, OGGI LE FILIALI SARANNO APERTE E OPERATIVE, E IL GOVERNO PROVA A INFONDERE FIDUCIA CON LA DOTAZIONE DA 900 MILIONI PER QUELLA CHE DIVENTERÀ LA TANTO ANTICIPATA BANCA DEL SUD - CI PENSA LO STATO CON INVITALIA, MENTRE IL FONDO INTERBANCARIO POTREBBE SOTTOSCRIVERE UN BOND SUBORDINATO E POI L'AUMENTO DI CAPITALE
-1. INVITALIA E FONDO INTERBANCARIO, UN'OPERAZIONE DA 900 MILIONI
Paolo Baroni per “la Stampa”
Della Popolare di Bari nel decreto del governo non si parla mai (e quindi non ci sono misure a tutela dei 70 mila piccoli risparmiatori-azionisti della banca), ma il meccanismo messo in moto ieri sera dal governo non solo consente di avviare il salvataggio della banca pugliese commissariata venerdì scorso, ma segna la nascita di quella nuova "Banca del Sud" di cui si parla da tempo.
Il decreto, appena tre articoli, presentato sotto forma di "Misure urgenti per la realizzazione di una banca di investimento", attingendo ai fondi già a disposizione del Mef «per partecipazioni al capitale di banche e fondi internazionali» assegna ad Invitalia (società controllata al 100% dallo stesso ministero) «sino ad un massimo di 900 milioni di euro per il 2020».
Con questi fondi si punta a rafforzare il patrimonio del Mediocredito Centrale con l' obiettivo di promuovere «secondo logiche di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno - specifica il decreto - da realizzarsi anche attraverso il ricorso all' acquisizione di partecipazioni al capitale di società bancarie e finanziarie, e nella prospettiva di ulteriori possibili operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni».
Secondo lo schema che è stato ipotizzato, che assegna a Invitalia il ruolo di vero e proprio braccio operativo del governo nel campo della politica economica ed industriale, sarà poi l' Mcc ad investire nel capitale di Pop Bari.
Servirà però un apposito decreto attuativo del Mef una volta ascoltato il parere del Parlamento. Mcc interverrà insieme a uno strumento "privato" quale Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) che fa capo al sistema bancario.
A fronte di un fabbisogno indicato in 1 miliardo di euro per ricapitalizzare la banca e garantire all' istituto barese in crisi da tempo la liquidità necessaria per operare, si ragiona su un intervento diviso esattamente a metà col Fondo interbancario che potrebbe arrivare a mettere sul piatto 500 milioni ed il Mediocredito gli altri 500. Per questo già oggi potrebbe riunirsi il cda di Invitalia che potrebbe trasferire a Mcc i primi 500 milioni da mettere sul piatto.
Quanto al Fitd, che riunirà mercoledì il comitato di gestione e venerdì il consiglio, potrebbe da subito sottoscrivere un bond subordinato da 150 milioni in modo tale da ripristinare le soglie minime di patrimonio della banca dopo perdite recenti per mezzo miliardo legate ai crediti deteriorati e dopo il rosso da oltre 420 milioni del 2018. A seguire, d' intesa coi commissari, arriverà l' aumento vero di capitale, un intervento più strutturato sulla falsariga di quello già adottato un anno fa con Carige e aperto anche ad altri soggetti finanziari.
In parallelo col salvataggio della Popolare pugliese è prevista la costituzione di una vera «Banca di investimento» che nascerebbe dalla scissione delle acquisizioni fatte da Mcc a favore del Tesoro e che sarà regolata con un successivo decreto. Vedrebbe così la luce un polo che potrebbe aggregare altre banche del Sud e quindi dare vita ad un gruppo dotato di una massa critica sufficiente per diventare un volano per la crescita del Mezzogiorno.
2. IN PUGLIA ANSIA TRA I CORRENTISTI
Francesco Bisozzi per “il Messaggero”
Ora c'è il rischio di corsa agli sportelli. Tanto che i commissari straordinari ieri hanno inviato una mail ai direttori di filiale della banca per rassicurare i clienti che «tutti gli sportelli saranno pienamente operativi».
Inevitabile tuttavia qualche tremore fra i 70 mila soci e decine di migliaia di correntisti della Banca Popolare di Bari che ieri sera sono andati a letto a tarda notte per conoscere l'esito del Consiglio dei ministri sul salvataggio dell'istituto. Il timore di subire perdite a causa del crac (più teorico che reale) ha determinato qualche insonnia. Il che non stupisce considerato che ormai a Bari a dintorni per strada e nei locali non si parla d'altro che del fallimento della banca cooperativa per azioni fondata nel 1960, primo gruppo creditizio autonomo del Mezzogiorno e tra le maggiori popolari italiane.
Nemmeno la partita tra il Bari e la Casertana è riuscita a distogliere ieri più di tanto l'attenzione dalla crisi bancaria. Sui social l'allarme è alto: non vogliamo che i nostri risparmi vadano in fumo. Nel mirino il governo, il modo in cui è stata gestito la crisi e anche il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio che in questi giorni ha chiesto precise garanzie prima di approvare un decreto paracadute.
La Banca popolare di Bari conta 350 sportelli, 2.707 dipendenti, oltre 69 mila azionisti e decine di migliaia di correntisti. A vivere con ansia il momento non sono solo i soggetti direttamente interessati dal crac, ma una città (e una regione) intera.
Ieri, prima del cdm sul salvataggio, il sindaco di Bari Antonio Decaro, ospite di Mezz'ora in più di Lucia Annunziata, ha reso la drammaticità della situazione: «Se non si salva questa banca salta un intero tessuto economico». Per quanto riguarda gli azionisti della banca popolare, il loro capitale è già stato virtualmente azzerato: le azioni dell'istituto pugliese sono state congelate e non sono scambiabili. Per questo al momento sono proprio i 69.092 soci della banca fondata nel 1960 i più arrabbiati.
I PERICOLI
Poi ci sono i correntisti, che temono di dover scontare nei prossimi giorni un qualche tipo di blocco ai prelievi in contante ma che hanno soprattutto paura di dover pagare di tasca loro per il crac.
Ma cosa rischiano davvero? In caso di fallimento il cosiddetto bail-in, o salvataggio dall'interno, meccanismo introdotto nel 2016 in base al quale le crisi bancaria sono a carico degli investitori e non dei contribuenti, prevede che a coprire le perdite siano azionisti, obbligazionisti e correntisti sopra i 100 mila euro.
È stata fissata una precisa gerarchia di coinvolgimento. Le azioni e gli altri titoli di capitale assimilabili alle azioni emessi dalla banca sono le prime attività finanziarie a essere interessate, poi il mirino si sposta sulle obbligazioni subordinate e in seguito sulle obbligazioni ordinarie non garantite e non subordinate, fino a posarsi per ultimo sui depositi bancari ma solo per la parte che supera il tetto dei 100 mila euro, che rappresenta la soglia massima di protezione prevista dal sistema di garanzia dei depositi.
Rabbia e preoccupazione sono i sentimenti con cui stanno facendo i conti i risparmiatori. Che come detto guardano ora al governo: si aspettano che la priorità dell'esecutivo sia quella di tutelarli, a ogni costo, come fatto dai precedenti governi in situazioni analoghe. La crisi della Popolare è la prima emergenza di un istituto di credito che il Conte bis si ritrova ad affrontare e il tutto, per giunta, a un passo dalle elezioni regionali in Puglia, in programma nella primavera 2020. Ieri però oltre a soci e correntisti della banca pugliese hanno faticato ad addormentarsi anche i lavoratori dell'istituto di credito, che ha a busta paga quasi tremila dipendenti.