CHRISTINE LAGARDE NON HA CONVINTO NESSUNO – LA DECISIONE DELLA BCE DI ALZARE I TASSI DELLO 0,75% (L’INCREMENTO PIÙ ALTO DELLA SUA STORIA) SIGNIFICA UNA COSA SOLA: L’EUROZONA SCIVOLERÀ IN RECESSIONE. MA ALMENO NE VARRÀ LA PENA? A GIUDICARE DALLA PRIMA REAZIONE DEI MERCATI, NO: L’EURO È CROLLATO, TORNANDO ANCORA SOTTO LA PARITÀ CON IL DOLLARO, EFFETTO OPPOSTO DI QUANTO SAREBBE STATO LECITO ASPETTARSI…
-Federico Fubini per www.corriere.it
La Banca centrale europea non vede in arrivo una recessione, almeno nello scenario che considera più probabile. Ma i mercati hanno reagito alla sua decisione di alzare i tassi come non aveva mai fatto nella sua esistenza — mai un rialzo di 0,75% in una volta sola — come se una recessione nell’area euro fosse in arrivo.
L’euro, invece di riprendersi perché la remunerazione del denaro in Europa cresce e diventa più attraente, è bruscamente scivolato sul dollaro (tornando sotto la parità): l’effetto opposto di quello che sarebbe stato lecito aspettarsi se la decisione di questo pomeriggio a Francoforte fosse stata del tutto convincente.
Il contenimento dell’inflazione
Questo movimento in controtempo della valuta europea mostra del resto la scelta difficilissima di fronte alla quale oggi è la presidente della Bce Christine Lagarde.
Poiché la Banca centrale ha l’obiettivo predominante di contenere l’inflazione, in questo momento ha scelto di rischiare seriamente una recessione in Europa pur di avvicinare nel tempo il risultato: purché la dinamica dei prezzi rallenti relativamente in fretta, la Bce è disposta ad assecondare un brusco passo indietro dell’attività. In altri termini, la Bce tira il freno mentre la guerra economica con Vladimir Putin sul gas e la guerra combattuta in Ucraina zavorrano già potentemente l’economia europea.
La Banca centrale non ha altra scelta, sulla base di un’interpretazione stretta del proprio compito: garantire che l’inflazione sia al 2% «nel medio periodo». In agosto nell’area euro era al 9,1%, trascinata in alto da un’inflazione da energia al 38,4%. In questo Lagarde è stata molto diretta: l’accelerazione dei prezzi «è principalmente indotta dai prezzi dell’energia», ha detto; per poi aggiungere: «Io non ho il potere di ridurla, la politica monetaria non può farlo».
I prossimi rialzi
In queste condizioni, l’unico modo di avvicinare un rallentamento al 2% annuo del ritmo di aumento dell’indice dei prezzi è frenare il resto dell’economia. E poiché oggi l’inflazione generata dalla guerra economica con Putin è al 9,1%, la missione va svolta con la massima determinazione: di qui l’aumento dei tassi dello 0,75% (il tasso principale sui prestiti al sistema bancario sale da 0,5% a 1,25%), con l’annuncio da parte di Lagarde che ci saranno almeno altri due, tre o quattro rialzi fino a febbraio.
Poi la banca centrale tornerà a valutare se occorre un’ulteriore stretta monetaria, così come discuterà nei prossimi mesi se smettere di comprare nuovi titoli di Stato man mano che arrivano a scadenza quelli che aveva acquistato fra il 2015 e il 2021: per l’Italia sarebbe una svolta decisiva, perché a quel punto il prossimo governo dovrà senz’altro convincere più operatori privati sul mercato a investire nel debito pubblico di Roma.
La stagnazione
Di certo nel suo «scenario centrale», quello che considera più verosimile, la Bce vede stagnazione in Europa ma non recessione. La crescita dell’area euro sarebbe del 3,1% quest’anno e dello 0,9% l’anno prossimo. Ma il mercato, che ha fatto scendere l’euro sotto la parità con il dollaro mentre Lagarde parlava, sembra credere più allo scenario che la Bce considera meno realistico e più negativo: caduta del prodotto lordo dello 0,9% l’anno prossimo, perché famiglie e imprese congelano consumi e investimenti pur di pagare la bolletta energetica. In quel caso l’inflazione scenderebbe verso il 2% prima di quanto la Bce immagini ora.
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