IN CINA CI PUÒ ESSERE UN SOLO IMPERATORE: NESSUNO PUÒ ESSERE PIÙ POTENTE DI XI JINPING – RAMPINI RACCONTA LA PARABOLA DI JACK MA: “È STATO PER DUE GENERAZIONI DI CINESI L’EQUIVALENTE NAZIONALE DI BILL GATES PIÙ STEVE JOBS PIÙ ELON MUSK. ERA IL MAGNATE PIÙ RICCO DELLA CINA, ELOGIATO E SOSTENUTO DAL REGIME, FINO A QUANDO XI JINPING HA DECISO CHE IL SUO SUCCESSO GLI FACEVA OMBRA. LA SUA PARABOLA È ESEMPLARE, PERCHÉ…”
-Estratto dell’articolo di Federico Rampini per il “Corriere della Sera”
È stato per due generazioni di cinesi l’equivalente nazionale di Bill Gates più Steve Jobs più Elon Musk. Ora vive spesso in un «non dichiarato» esilio a Tokyo e Singapore. Era il magnate digitale più ricco e potente della Cina, aveva costruito un impero superiore ad Amazon, elogiato e sostenuto dal regime, fino a quando Xi Jinping ha deciso che il suo successo gli faceva ombra.
La sua parabola è esemplare, anche perché si è ammantata di giustificazioni eccellenti: il governo di Pechino ha cavalcato valori che noi consideriamo nostri, dalla tutela del consumatore contro i monopoli di Big Tech ai diritti dei lavoratori, dalla trasparenza alla concorrenza. Lo scontro di potere è stato titanico. Xi ha vinto.
Il mio primo contatto con Jack Ma risale a 19 anni fa, avviene al World Economic Forum di Davos [...]: «Non ho avuto aiuti né dalla famiglia né dal governo» mi dice l’imprenditore che a quell’epoca ha 40 anni e preferisce ancora usare il proprio nome cinese, Ma Yun. «I miei genitori sono dei semianalfabeti [...]. Ero un pessimo studente in tutte le materie, fuorché in inglese. Avevo 13 anni quando la Cina si è aperta al mondo e a Hangzhou sono arrivati i primi turisti stranieri. Andavo a offrirmi gratis come guida turistica, pur di praticare l’inglese» .
[...] Ma Yun inizia a insegnare l’inglese all’università: il suo primo stipendio è di 11 euro al mese. A quel punto la sua vita subisce una svolta «proprio come in un film di Hollywood», dice lui. Nel 1995 viene ingaggiato come interprete da un consorzio sino-americano che ha vinto l’appalto per costruire l’autostrada da Hangzhou a Fujan. Durante una missione negli Stati Uniti i soci cinesi e americani litigano furiosamente. L’interprete Ma Yun viene sequestrato, minacciato con una pistola. Liberato, rimane senza bagagli e senza un soldo.
Vince 600 dollari giocando in un casinò di Las Vegas, e solo così può comprarsi il biglietto di ritorno. Ma prima di rientrare in Cina va a trovare un amico a Seattle. Proprio la città dove si è trasferito Jeff Bezos un anno prima e ha creato l’embrione di Amazon. […] «Mi sono dimesso dall’università, ho invitato venticinque amici a casa mia e ho annunciato che avrei creato una start-up. Molti mi hanno scambiato per un imbroglione. Non ho mai capito nulla di informatica o di management. Però ho capito qualcosa prima degli altri».
Alibaba nascerà solo in seguito, [...]. In un crescendo di innovazioni geniali, sia sul piano tecnologico che commerciale, sbaraglierà eBay, riuscirà ad espellere quasi completamente dal mercato cinese Amazon, a diventare il numero uno mondiale del commercio online, imponendosi come la piattaforma obbligata anche nel crocevia Oriente-Occidente [...].
[…] Quando lo incontro la prima volta nel 2004 a Davos, agli albori della sua scalata al successo, Ma Yun usa un linguaggio prudente per descrivere il proprio rapporto con le autorità: «Sono un buon amico del mio governo ma non abbiamo mai fatto affari insieme. Io ho scelto come clienti le piccole imprese. La fama mi preoccupa. È anche per questo che rimango a vivere a Hangzhou, lontano dal potere di Pechino. Ho visto troppa gente salire alle stelle e poi precipitare». Parole profetiche, un giorno si applicheranno a lui.
A quell’epoca il partito comunista spalanca le porte ai businessman. Lui si iscrive al partito però si limita a quel gesto formale. Il fondatore di Alibaba rientra in una categoria che all’epoca viene definita [...] «i sordomuti». Capitalisti che non parlano di politica, se ne disinteressano o fingono di ignorarla. […] Con il passare degli anni [...] qualche volta si permette, parlando della nomenclatura comunista, un tono sferzante.
In un celebre discorso ai dipendenti di Alibaba dice: «Amate il nostro governo, ma non sposatelo». […] Costruisce un impero mediatico: giornali, siti, tv, società pubblicitarie, una compagnia cinematografica. Il gioiello della sua corona è il South China Morning Post, quotidiano di lingua inglese a Hong Kong.
[…] L’impero creato da Jack Ma è una realtà immensa, ha 120.000 dipendenti. Sommando le piattaforme che fanno capo ad Alibaba per il commercio digitale […] il gruppo vende più di Amazon. L’allievo ha superato il maestro, anche perché Alibaba ha allevato una generazione di cinesi più sofisticati di noi nelle nuove tecnologie. […]
[…] Per anni Pechino ha trattato Alibaba con il riguardo che si addice a un «campione nazionale». Poi l’atmosfera è cambiata. Ant-Alipay è stata accusata di fare concorrenza sleale alle banche. La sua quotazione in Borsa è stata bloccata. Jack Ma, già uscito dai ruoli esecutivi, di recente ha deciso di abbandonare la sua superbanca in «mani sicure»: manager che sono emanazione del partito. Lui è diventato quasi invisibile. Salvo quando passeggia per le vie di Tokyo. Non gli è andata male. Altri miliardari cinesi caduti in disgrazia sono in carcere. Jack Ma sembra aver capito in tempo quello che gli restava da fare.