COSA CHIEDONO LE IMPRESE - TRONCHETTI PROVERA: ''SERVONO INVESTIMENTI E CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO. I FINANZIAMENTI VANNO CONCESSI IN BASE AI PROGETTI, NON CON ESAMI FORMALI DELLA SITUAZIONE ATTUALE CHE È, PER FORZA DI COSE, PENALIZZANTE'' - BOMBASSEI: ''INVECE DI DECINE DI TASK FORCE, IL GOVERNO DOVREBBE FARE SOLO UNA COSA: LA SBUROCRATIZZAZIONE DEL PAESE''
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1 - BOMBASSEI "QUESTA CRISI DEVE DIVENTARE L'OCCASIONE PER ABBATTERE LA BUROCRAZIA"
Ettore Livini per “la Repubblica”
«Invece di mettere in piedi decine di task force, un' esagerazione, il governo dovrebbe oggi fare solo una cosa: approfittare della lezione del coronavirus per un' opera di radicale sburocratizzazione del Paese. Sarebbero i soldi meglio spesi della crisi».
Alberto Bombassei, presidente della Brembo, festeggia la Fase 2 e la riapertura delle fabbriche («se non l' avessimo fatto sarebbe stato un problema per le imprese ma soprattutto per il Paese») ma ammette che «ci vorranno almeno un paio d' anni perché l' Italia recuperi il terreno perduto». E nel frattempo «molte piccole imprese rischiano di chiudere per le difficoltà a recuperare liquidità dalle banche e dallo stato».
Lo Stato ha messo le garanzie. Come mai non arrivano i finanziamenti?
«Colpa della burocrazia. Il governo ha preso decisioni giuste. Le garanzie erano quelle che servivano, i finanziamenti adeguati. Più o meno erano gli stessi provvedimenti presi dai Paesi più virtuosi. Il problema è che qui i soldi non sono arrivati e non si riesce a tradurre le buone intenzioni in realtà. In Germania la liquidità è entrata nelle casse delle aziende in pochi giorni.
Noi invece in Brembo siamo costretti ad anticipare la cassa integrazione perché gli assegni non sono arrivati. Per una realtà come la nostra non è un problema. Abbiamo le spalle larghe e siamo in grado di rimediare. Anche perché per fortuna i fondi, prima o poi, arriveranno per tutti. Per aziende più fragili però rischiano di arrivare troppo tardi. E in Italia, dove ci sono molte piccole e medie imprese in crisi di liquidità, il problema è più seri».
Colpa dello Stato o degli istituti di credito?
«Anche delle banche. Le procedure sono farraginose. Nel passato hanno avuto esperienze poco brillanti sui prestiti e oggi esagerano nelle richieste di garanzie, anche se hanno le spalle coperte dallo stato. E pure per loro, come per lo Stato, c' è un problema di burocrazia interna. Se si riuscisse a eliminarlo l' Italia potrebbe diventare un Paese "normale" come gli altri e il sistema Paese funzionerebbe meglio».
Le chiusure delle imprese in Europa sono state asimmetriche tra i vari paesi. Brembo ha avuto problemi con clienti che hanno cercato altri fornitori durante il vostro lockdown?
«No. Abbiamo un rapporto di stima e soddisfazione reciproca con le nostre controparti. Nonostante i governi e Bruxelles non abbiano capito subito le nostre necessità, alla fine nell' industria dell' auto e della componentistica siamo ripartiti tutti assieme. Nel dramma del Covid questo è stato un fattore positivo. Lo stesso è successo in Cina, dove tra l' altro la produzione è partita prima e i volumi sono già quasi tornati quelli di prima della crisi».
E in Italia ed Europa?
«Ci vorrà più tempo, tra i 18 mesi e i due anni. Un po' perché sarà più difficile mettere assieme un mondo complesso come quello dell' auto, fatto di 30 mila componenti diversi che arrivano da migliaia di fornitori differenti. Un po' perché il rallentamento dell' economia finirà inevitabilmente per pesare sulla domanda».
Cosa ne pensa dello smart-working? È un' esperienza che durerà dopo la pandemia?
«Sono sicuro di sì. Anzi, penso che si amplierà. Ci sono interi reparti anche in Brembo, ad esempio nella progettazione e nello sviluppo, che lavorano da casa anche se non sono costretti. E il risultato per l' azienda in termini di produttività è lo stesso».
Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha chiesto un contratto nazionale per regolare il lavoro agile. È d' accordo?
«No, oggi non serve. Impegno e paga sono uguali rispetto a quello tradizionale. Anzi, per il lavoratore ci sono alcuni vantaggi legati alla possibilità di gestire meglio il proprio tempo. Al limite si può pensare a intese specifiche per le realtà che - grazie alle nuove tecnologie - lo utilizzano in modo più massiccio».
2 - MARCO TRONCHETTI PROVERA L'AD DI PIRELLI CHIEDE INVESTIMENTI E CONTRIBUTI A FONDO PERDUTO: "IL GOVERNO ADESSO CAMBI PASSO SUBITO I PRESTITI ALLE IMPRESE "
Francesco Spini per “la Stampa”
«Abbiamo di fronte un' opportunità di cambiare che non dobbiamo sprecare. Bisogna passare da una cultura fondata sull' assistenzialismo, sullo statalismo e sul debito a un' altra, che si basi sulla dignità del lavoro e liberi l' energia delle imprese, con finanziamenti a lunghissimo termine, contributi a fondo perduto e in cui non manchino investimenti pubblici». Marco Tronchetti Provera, amministratore delegato e vice presidente esecutivo di Pirelli, da ieri sta lentamente riaprendo i siti italiani del gruppo degli pneumatici.
Dottor Tronchetti, non pensa che in Italia si potesse ripartire prima? Siamo in ritardo?
«Penso che l' Italia abbia gestito bene l' impatto del virus. Il nostro ritardo non è nella riapertura, ma nella corsa alla liquidità di cui necessitano le imprese. Germania e Francia sono arrivate prima di noi» .
Quale sarà il conto della crisi?
«Sarà molto salato. Per questo bisogna fare in fretta. La Bce ha risposto prontamente. Bruxelles si sta muovendo nella giusta direzione e anche il presidente Conte, il ministro dell' Economia Gualtieri e il commissario Gentiloni hanno agito bene, ora il problema è fare arrivare concretamente i soldi dall' Europa. Nel rispetto degli obblighi delle banche verso la Bce e la Banca d' Italia, vanno semplificate le procedure per i prestiti. Bisogna innalzare le garanzie al 100%, i finanziamenti vanno concessi in base ai progetti, non con esami formali della situazione attuale che è, per forza di cose, penalizzante».
Bisogna semplificare tutto?
«Dobbiamo fare un esercizio di verità: siamo il Paese più indebitato, quello con la crescita più bassa. Non possiamo più permetterci di non utilizzare appieno i fondi europei. Ma per fare questo c' è bisogno che il governo ascolti l' Italia che produce».
Perché finora non l' ha fatto?
«La politica, a volte, appare lontana dal mondo reale. Tra gli oltre 400 consulenti chiamati dal governo non compare un imprenditore che gestisca realtà industriali, agricole, commerciali, nella ristorazione o nel turismo. Nessuno ha chiesto di ascoltare le competenze dei vari settori, ora il governo può recuperare».
Cosa si aspetta dall' Europa?
«Siamo di fronte a un bivio. Senza l' Europa siamo destinati a finire malissimo. Ma dobbiamo stare attenti: siamo già indebitati e di troppo debito si muore. Dobbiamo fare una battaglia affinché da Bruxelles giungano soldi per prestiti a lunghissimo termine, anche di 40-50 anni, per liberare le energie imprenditoriali e non creare ulteriore zavorra. Va alleggerito il carico fiscale. E serve un cambio culturale».
Qual è il rischio?
«Se il debito diventa un fardello troppo pesante da gestire, soprattutto in presenza di una crescita non adeguata, ne vedo due in particolare: avere un Paese commissariato dalla troika e la possibile rottura del sistema Euro. Uno scenario di povertà e problemi sociali dai quali non usciremmo certamente con la cultura dell' assistenzialismo, dello statalismo e del debito. Serve piuttosto una spinta come quella che il Piano Marshall impresse all' Italia nel Dopoguerra. Occorre dare dignità al lavoro, liberare l' impresa anche con investimenti privati e pubblici per colmare il gap tecnologico, infrastrutturale e di produttività del Paese che i mancati investimenti, nei decenni passati, hanno provocato».
Come giudica gli interventi preannunciati dal ministro dell' Economia, Gualtieri?
«Il tema vero è la cinghia di trasmissione tra volontà e ciò che avviene. Il sostegno alle imprese deve realizzarsi con finanziamenti a lungo termine e in parte a fondo perduto. L' importante è che dall' Europa arrivino soldi veri e in tempi brevi. Non i piani meravigliosi, ma mai realizzati, visti in passato. Guai però ad abbandonare l' orizzonte di Bruxelles: quello che gli anti-euro non capiscono è che l' unica possibilità di finanziamento a basso costo e a lungo termine viene dall' Europa. Chi altri potrebbe darci le stesse condizioni?».
Cosa ne pensa del Mes?
«Se è privo di condizionalità va preso senza esitazioni e utilizzato per coprire i fabbisogni sanitari. Bisogna essere pragmatici, non legati a campagne ideologiche proprie di un mondo che non c' è più».
Usciremo dalla crisi?
«Solo se daremo un sogno agli italiani, abbassando il peso fiscale e liberando le energie delle imprese. La gente esce da questa pandemia ancora più spaventata che da una guerra, con una scarsa propensione al consumo. In un momento in cui torna, pericoloso, anche il braccio di ferro tra Stati Uniti e Cina, bisogna avere un progetto Paese di grande respiro che colga la situazione e restituisca opportunità, non strutture stataliste in cui inserire persone legate a questa o a quella fazione politica».