EDITORI E INSERZIONISTI SONO COSI' ARRETRATI TECNOLOGICAMENTE CHE PER OPPORSI ALLO STRAPOTERE DI GOOGLE SE NE SBATTONO DELLA PRIVACY DEGLI UTENTI - E' LA CONSEGUENZA DELL'ELIMINAZIONE DEI COOKIES DA CHROME A PARTIRE DALLA SECONDA META' DEL 2023 - MA IL SISTEMA CHE DOVREBBE SOSTITUIRE I COOKIES TAGLIA FUORI, CHIAMATO "FLOC", AVREBBE CONSEGNATO TUTTI I DATI A GOOGLE CHE AVREBBE FATTO DA MEDIATORE SU TUTTO - PER NON ESSERE MESSI DA PARTE, TUTTI HANNO CHIESTO DI MANTENERE UN ACCESSO DIRETTO AI DATI DEGLI UTENTI…

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Jaime D’Alessandro per “la Repubblica - Affari & Finanza”

 

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Una situazione paradossale dalla quale sarà davvero difficile uscire. A raccontarla in maniera un po' semplicistica, si potrebbe dire che per opporsi allo strapotere di Google, editori e inserzionisti hanno chiesto a gran voce meno privacy. Parliamo della questione legata ai cookies sul browser del colosso del web, Chrome, che ha poco meno del 70 per cento del mercato.

 

Fra le altre cose i cookies permettono di tracciare le abitudini degli utenti e Google ha promesso di eliminarli a partire dalla seconda metà del prossimo anno viste le critiche e le pressioni che ha ricevuto in tal senso. Li voleva sostituire con un altro sistema chiamato Federated Learning of Cohorts (Floc) che invece di raccogliere dati sulle singole persone le avrebbe radunate in maniera anonima in base ad aree di interesse. Non solo: l'analisi delle abitudini di navigazione sarebbe avvenuta sui dispositivi degli utenti e non più sui server di Google.

 

SUNDAR PICHAI GOOGLE

Le poche informazioni trasmesse, anonime, avrebbero creato poi i bacini di persone dagli interessi comuni vendibili agli inserzionisti. Dove stava il problema? Mentre i cookies erano creati e gestiti anche delle terze parti, editori compresi, il Floc era nelle mani di Google che a quel punto avrebbe fatto da mediatore su tutto. La levata di scudi è quindi giustificata, considerando che la multinazionale solo negli Stati Uniti nel 2020 aveva già circa il 30 per cento del mercato pubblicitario online.

 

privacy chrome

 Il ritardo di tutti gli altri sul fronte tecnologico, dalle istituzioni agli inserzionisti fino agli editori, ha però portato a questa strana situazione: per opporsi allo strapotere di Google si chiede di poter mantenere un accesso diretto ai dati degli utenti e poco importa poi se il sistema è vecchio e invasivo. È una questione complessa sul piano tecnico al punto che le soluzioni più draconiane, imporre la cessazione della raccolta di ogni dato a fini commerciali, oggi sembrano essere alla fine le più sensate. Insomma, smetterla di profilare le persone, ma al massimo contarne il numero.