FATE SAPERE A SORA GIORGIA CHE ANCHE L'OCSE SPONSORIZZA IL SALARIO MINIMO – SECONDO I DATI DELL'ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE, NEI PAESI NEI QUALI SONO STATI ADOTTATI, I SALARI MINIMI SONO STATI DECISIVI NEL CONTRASTARE LA MAXI-INFLAZIONE DEGLI ULTIMI DUE ANNI: “E NON C'È RISCHIO DI UNA SPIRALE TRA PREZZI E RETRIBUZIONI” – E IN ITALIA? BASTA VEDERE ROMA, DOVE 400MILA LAVORATORI SU 1,3 MILIONI GUADAGNANO MENO DI 15MILA EURO L'ANNO E VIVONO AL LIMITE DELLA POVERTÀ…
-1 – L'OCSE PROMUOVE IL SALARIO MINIMO "HA AIUTATO A FRONTEGGIARE I MAXI-RINCARI"
Estratto dell’articolo di Fabrizio Goria per “La Stampa”
Il salario minimo ha avuto un ruolo fondamentale per contrastare la maxi inflazione degli ultimi due anni. È netto il giudizio degli economisti dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), Sandrine Cazes e Andrea Garnero, in un rapporto pubblicato per il Centre for economic policy research (Cepr).
«I salari minimi si sono rivelati, in media Paesi Ocse, uno strumento politico utile per proteggere i lavoratori più vulnerabili dall'aumento dei prezzi», evidenziano. […]
Mentre in Italia si discute ancora di un'adozione o no di come dovrebbe essere la struttura di base delle paghe minime, nei Paesi Ocse si è evitato il peggio nell'ultimo biennio proprio grazie a questa iniziativa. «Il salario minimo è stato un sostegno contro l'inflazione, e non c'è una spirale tra prezzi e salari», rimarcano Cazes e Garnero, con un rapporto ripreso anche dal Financial Times.
L'analisi di Cazes e Garnero ricorda come a fronte di impennate dei prezzi che non si vedevano da decenni, i salari reali sono scesi per diversi trimestri per arrivare a fine 2022 sotto del 2,2% rispetto all'ultimo trimestre del 2019 (in 24 su 34 Paesi).
Nello specifico, tra dicembre 2020 e maggio 2023, quasi tutti i Paesi Ocse hanno adottato misure per incrementare i propri salari minimi per tenere il passo con l'inflazione. Ne deriva che, in media, i salari minimi legali nominali sono aumentati del 29% tra dicembre 2020 e maggio 2023, mentre i prezzi sono aumentati del 24,6% nello stesso orizzonte temporale. […]
2 – POVERO UN LAVORATORE SU QUATTRO IN 400 MILA SOTTO I 15 MILA EURO ANNUI
Estratto dell’articolo di Marina de Ghantuz Cubbe per “la Repubblica – Roma”
Un lavoratore romano su quattro è povero. I contratti precari che spesso sono anche pirata e nascondono lavoro in nero o sottopagato; il gap salariale che a parità di mansioni colpisce le donne e i part time involontari; l’inflazione che diminuisce il potere d’acquisto soprattutto di chi ha già scarse entrate.
Tutto questo crea una platea di 400 mila persone che pur lavorando guadagnano meno di 15 mila euro all’anno. Novecento euro netti a cui sottrarre i costi di un affitto, della spesa alimentare, delle visite mediche, dei libri e del materiale scolastico per chi si prende il lusso di avere uno o più figli.
Nella Capitale il numero di lavoratori raggiunge quota 1 milione e 300 mila persone e a trovarsi in questa situazione, secondo i dati della Cgil Roma e Lazio è il 25% degli occupati. Allargando l’orizzonte a tutto il territorio regionale, la situazione non migliora, anzi: su 2 milioni e 600 mila persone occupate il 28% è un lavoratore povero. Scendendo più nel dettaglio, oltre 744 mila tra lavoratori e lavoratrici del settore privato non agricolo guadagnano meno di 15 mila euro l’anno: il 45%.
Ad essere particolarmente colpiti dalle basse retribuzioni sono le donne (53%) e gli under 35 (41%). Il paradosso è che di questi 744 mila occupati la maggior parte, ovvero più della metà, ha un contratto a tempo indeterminato. Che però viene pagato poco: circa 100 mila lavoratori nonostante il full time prendono uno stipendio annuo inferiore ai 15 mila euro. Oppure si tratta di part-time involontari che in molti casi nascondono anche lavoro grigio: ore che vengono svolte ma non compaiono nel contratto e non vengono pagate o sono retribuite in nero.
L’altro enorme problema che hanno la Capitale e la regione Lazio è quello dei contratti che durano solo un giorno. Non si tratta di voucher, ma di veri e propri tempi determinati che durano 24 ore. Se ne abusa, ad esempio, nel settore dello spettacolo. Quattro contratti su 10 sono così ed è un record nostrano visto che in italia la media di un contratto di un giorno su 10. […]
Le conseguenze di questa precarizzazione del lavoro è che «le persone rinunciano ad alcuni diritti fondamentali come le cure e i controlli medici — commenta il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Natale Di Cola — Con stipendi da fame risparmiano anche sul cibo, abbando la qualità dei prodotti che comprano, all’attività fisica al tempo libero, ai viaggi». […]