FIBRA INDIGESTA – GLI AMERICANI DI KKR, CHE HANNO COMPRATO LA RETE DI TIM PER 22 MILIARDI, STANNO PROVANDO IN TUTTI I MODI A PROSCIUGARE IL BUSINESS DI OPEN FIBER, LA SOCIETÀ STATALE (IL 60% È DI CDP) CHE, OLTRE A NETCO, POSSIEDE L’INFRASTRUTTURA IN FIBRA. L’OBIETTIVO È SVALUTARLA E PORTARLA CON L’ACQUA ALLA GOLA, E MAGARI PROPORSI DI SALVARLA – “L’ALLEATO” DI KKR? IL DIRETTORE DELLE PARTECIPATE DEL MEF, MARCELLO SALA, CHE HA INCARICATO APPOSITAMENTE UN SUO SOTTOPOSTO, SIMONE VELLUCCI (CHE DOVREBBE FARE L’ARBITRO MA È ANCHE CONSIGLIERE D’AMMINISTRAZIONE DI NETCO…)
-
IL CAPPIO IN FIBRA DI KKR PER IMPICCARE OPEN FIBER STAVOLTA FA INFURIARE PURE PALAZZO CHIGI
A Palazzo Chigi stavolta qualcuno rischia di far volare i tavolini. Eppure le indicazioni di mettere in ordine il futuro di Open Fiber erano chiare, ribadite in riunioni e telefonate a ministri e sottosegretari.
Ma ciclicamente arriva qualcuno che ci mette lo zampino e rischia di far saltare l’azienda. E ogni volta la stessa storia: da Piazza Colonna bisogna intervenire.
La storia parte da lontano e l’ultimo capitolo è il più bizzarro. Si sa, la vendita della rete telefonica infrastrutturale di Tim è stato un parto gemellare. In sala operatoria il capo di gabinetto di Chigi, Gaetano Caputi, ha dato vita a ServCo e NetCo. Una operazione complicatissima, con una equipe di fama mondiale al lavoro.
La ServCo è la Tim di Pietro Labriola, la NetCo è la vera nuova società che ora detiene la rete infrastrutturale ed è stata comprata dagli americani di KKR (advisor la JP Morgan guidata da quel Vittorio Grilli che vanta importanti amicizie nel governo) che hanno sborsato 22 miliardi con una quota di minoranza andata al Mef.
NetCo ha in pancia anche FiberCop, l’azienda di famiglia che deve mettere a terra la rete in fibra. Ed è proprio il cavo in fibra di NetCo il cappio che KKR vuole mettere al collo di Open Fiber.
Sì, perché ora che KKR ha comprato la rete telefonica, vorrebbe eliminare il più possibile la concorrenza almeno sul piano della gestione delle infrastrutture.
E dato che Open Fiber ha l’infrastruttura in fibra, Open Fiber è un problema, lo è sempre stato e lo sarà in futuro.
Insomma, il fondo americano sta provando in tutti i modi, ormai da mesi, a prosciugare il business della società che è per il 60% di Cdp, quindi dello Stato, quindi degli italiani che ci hanno messo più o meno 2 miliardi e 300 milioni di euro.
E questa cosa a Palazzo Chigi proprio non piace. Pure la presidentissima qualche mese fa era stata chiara: Open Fiber va sostenuta, aiutata a rifinanziarla e a completare l’opera di messa a terra della rete in fibra.
Ma gli interessi del fondo sono troppo grandi. E una volta persuadendo il sottosegretario Butti, un’altra facendo moral suasion sul gabinetto di Urso, un’altra acquistando il favore di Infratel, sta minando la strada della sua concorrenza. Obiettivo? Ovvio, svalutare Open Fiber, portarla finanziariamente con l’acqua alla gola e magari proporsi pure di salvarla.
In questa folle avventura l’ultimo alleato di KKR si trova al Mef. Il direttore delle partecipate Marcello Sala ha affidato a un suo sottoposto il ruolo di sherpa per la gestione dei progetti che mettono a terra la fibra nelle aree semi rurali (dette aree grigie) dove lo stato aiuta finanziariamente gli operatori a sviluppare la rete.
L’incaricato è Simone Vellucci, dirigente Mef in prestito dal ministero del made in Italy. Un ottimo servitore dello Stato che in questo caso vive un possibile conflitto. Dovrebbe fare l’arbitro di progetti da centinaia di milioni che ballano per Open Fiber, ma al contempo è consigliere di amministrazione della neonata NetCo. Certo, nominato in quota Mef, ma la società è a maggioranza KKR.
L’imbarazzo è grande. E il dirigente si sarebbe già messo di traverso a Open Fiber. L’ennesimo sgambetto degli americani a un’azienda strategica italiana. Per Palazzo Chigi il vaso ormai è colmo.