LA FINANZA FRANCESE METTE (DI NUOVO) NEL MIRINO L'ITALIA - SE NESSUNA BANCA ''NOSTRANA'' SI PRENDE MPS, SONO PRONTI I CUGINI CHE GIÀ HANNO ACQUISTATO BNP E CARIPARMA. ENTRARE DA SALVATORI A SIENA, IN QUESTO CONTESTO, APRIREBBE PRATERIE PER I GRUPPI TRANSALPINI: IL RAFFORZAMENTO DELLA PARTNERSHIP CON MEDIOBANCA E DA LÌ NELLO SNODO CHIAVE CON GENERALI, GIÀ GUIDATA DA UN FRANCESE
-Andrea Muratore per https://it.insideover.com/
Il vincente assalto di Intesa San Paolo ad Ubi, conclusosi col rafforzamento del gruppo di Ca’ dei Sass come grande player finanziario a livello italiano e continentale, ha fatto cadere la prima tessera del domino bancario italiano. Il polo Intesa-Ubi unisce la proiezione finanziaria del gruppo acquirente al radicamento territoriale, particolarmente consolidato in Lombardia, di Ubi; alle sue spalle si attendono le contromosse di Unicredit, malgrado l’amministratore delegato Jean Pierre Mustier Mustier si sia detto spesso riluttante a procedere verso strategie di fusione e acquisizione, mentre diverse indicazioni emerse nelle ultime settimane lasciano immaginare alla possibile nascita di un terzo polo del credito.
A muovere le acque potrebbe essere la futura vendita di Monte dei Paschi di Siena da parte del Tesoro; Il Sole 24 Ore ha ipotizzato un’opera di “moral suasion” dello Stato per indirizzare il gruppo toscano, quinta banca italiana per dimensioni nonostante le problematiche degli ultimi anni, verso Unicredit, ma le indiscrezioni delle ultime settimane vedono invece l’emergere di un crescente interesse della finanza francese per l’istituto più antico del mondo.
Rocca Salimbeni deve gestire, al momento, due dossier scottanti: la vendita dei crediti deteriorati all’agenzia di recupero Amco da un lato (processo in cui sono sul mercato 8,1 miliardi di euro di crediti) e la gestione delle crescenti richieste di risarcimento danni e class action contro la precedente direzione di Mps, che stanno mobilitando richieste per un valore di 10 miliardi di euro. In prospettiva, però, si apre la partita sull’inserimento di Mps nelle alleanze finanziarie italiane ed internazionali che interessano la nostra finanza. E la pista transalpina non va assolutamente persa d’occhio.
In primo luogo perché per Mps la Francia è il secondo mercato di riferimento dopo quello interno e rappresenta dunque un importante punto di riferimento; in secondo luogo perché i player chiamati in causa sono due colossi del credito transalpini profondamente inseriti nel contesto italiano: Bnp Paribas e Credit Agricole. Secondo indiscrezioni raccolte da La Verità, recentemente il sottosegretario al ministero dell’Economia, Pier Paolo Baretta, esponente del Pd con una quinquennale esperienza nel ruolo nella scorsa legislatura, avrebbe avuto contatti con rappresentanti dei due gruppi per discutere del dossier Mps.
La ramificazione dei due gruppi nel Paese è notevole: Bnp controlla Banca Nazionale del Lavoro, che risulta essere il settimo istituto per dimensione, mentre all’ottavo posto c’è proprio Credit Agricole Italia, che ha operato una strategia d’inserimento prendendo il controllo di Cariparma, Friuladria e Carispezia. A ciò si aggiunge una pervasiva presenza nel nostro debito pubblico: Bnp Paribas (143,2 miliardi) e Credit Agricole (97,2 miliardi), anche prese singolarmente, a metà 2019 battevano ampiamente il totale del debito italiano controllato dall’intero sistema finanziario tedesco, pari a 58,7 miliardi.
Acquisire il controllo di Mps, in questo contesto, aprirebbe praterie in cui la finanza francese potrebbe inserirsi: il rafforzamento della partnership con Mediobanca (anche advisor finanziario del Monte dei Paschi per “valutare le alternative strategiche a disposizione della banca”), istituto molto legato alla finanza d’Oltralpe andrebbe di pari passo con l’acquisizione di un gruppo dalle grandi prospettive di crescita, necessitante capitali freschi e un nuovo assetto organizzativo, legato a doppio filo a un territorio, la Toscana, in cui il comparto bancario necessita una completa ristrutturazione. L’asse con gli istituti già in mano ai francesi sarebbe il viatico principale attraverso cui un terzo polo potrebbe prender vita. Dovendo lo Stato passare le mani dal Monte entro il 2021 e mancando la certezza di un’opzione nazionale, la via francese si può considerare decisamente concretizzabile.
Potenza finanziaria di un’altra taglia, Parigi non manca di proseguire il suo shopping in Italia: a marzo ha tentato con Avio, gioiello dell’aerospazio, in primavera la mano francese si intravedeva dietro la scalata di Leonardo Del Vecchio, patron di Luxottica, a Mediobanca, a giugno il Copasir ha acceso i fari sull’interesse transalpino per la Borsa di Milano e ora si prepara il dossier Mps. La necessità di un consolidamento politico del capitalismo nazionale italiano è evidente di fronte alla vulnerabilità agli appetiti stranieri dei nostri gioielli, compresi gli appetibili asset finanziari.