FISCO SENZA FRONTIERE – SCATTA IL GIRO DI VITE CONTRO I FURBETTI CHE HANNO LA FINTA RESIDENZA ALL’ESTERO PER PAGARE MENO TASSE: SE IL FISCO SI ACCORGE CHE PIÙ DELLA METÀ DELL'ANNO VIENE TRASCORSA NEL NOSTRO PAESE, SCATTANO MULTE SALATISSIME – LA RIFORMA MODIFICA IL CONCETTO DI “DOMICILIO”: “LA SEMPLICE PRESENZA SUL TERRITORIO DELLO STATO, PER LA MAGGIOR PARTE DEL PERIODO D'IMPOSTA (183 GIORNI IN UN ANNO) È SUFFICIENTE A CONFIGURARE LA RESIDENZA FISCALE IN ITALIA” – NOVITÀ ANCHE PER CHI FA SOLO “SMART WORKING” NEL BELPAESE…
-Estratto dell’articolo di Ugo Prati per www.lastampa.it
Vita dura per i "furbetti” delle finte residenze all’estero prese al solo scopo di non pagare le tasse in Italia. Se il trasferimento è reale non c'è problema. Ma se il fisco si accorge che più della metà dell'anno viene trascorsa nel nostro Paese allora sono dolori e si rischiano multe salatissime.
Il giro di vite antielusione contro i contribuenti che simulano l'espatrio è storia di un anno fa. Ma, visto che a migliaia continuano a far finta di nulla, l'amministrazione finanziaria ha voluto ribadire il concetto. Vale a dire che per lo Stato sono considerate residenti nel nostro Paese (e dunque tenute a pagare le tasse) le persone fisiche che per la maggior parte dell'anno (vale a dire almeno sei mesi e un giorno) hanno il domicilio nel nostro Paese e sviluppano quindi le relazioni personali e familiari in via principale dove sono nati.
Una circolare dell'Agenzia delle Entrate (20/E) ribadisce gli effetti delle modifiche introdotte dal Decreto fiscalità internazionale del 2023 in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e delle società.
La riforma, che come ricordato è in vigore già da quest'anno, modifica alla radice il concetto di «domicilio» in quanto, a differenza della disciplina in vigore fino al 2023, non è più mutuato dal codice civile, ma, in linea con la prassi internazionale, viene riconosciuta prevalenza alle relazioni personali e familiari piuttosto che a quelle economiche. A meno che, precisa il fisco, non vengano applicate le disposizioni contenute nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni. […]
«La semplice presenza sul territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d'imposta (183 giorni in un anno o 184 giorni in caso di anno bisestile, incluse le frazioni di giorno) - si legge nella circolare dell'Agenzia delle Entrate - è sufficiente a configurare la residenza fiscale in Italia». Il documento è particolareggiato e offre chiarimenti sul computo delle frazioni di giorno.
Illustra, inoltre, che per effetto dell'introduzione del nuovo criterio della presenza fisica, le persone che lavorano in smart working nello Stato italiano, per la maggior parte del periodo d'imposta, sono considerate fiscalmente residenti in Italia, senza che sia necessaria la configurazione di alcuno degli altri criteri di collegamento previsti dalla normativa (residenza civilistica, domicilio, iscrizione anagrafica).
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Sono previste novità anche per società ed enti. Secondo le nuove regole, evidenzia la circolare, sono considerati residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede di direzione effettiva o la gestione ordinaria in via principale. Si tratta di tre criteri alternativi, ossia basta che ricorra uno solo di essi per configurare la residenza in Italia, l'importante è che la sussistenza del criterio si protragga per la maggior parte del periodo d'imposta.
Rispetto alle precedenti regole, in sostanza, il presupposto della sede dell'amministrazione viene declinato nei concetti della sede di direzione effettiva e della gestione ordinaria in via principale e viene eliminato «l'oggetto principale» come criterio per stabilire la residenza.