IL GREGGIO RUSSO È USCITO DALLA PORTA MA RIENTRA DALLA FINESTRA – I PAESI OCCIDENTALI, ITALIA INCLUSA, IMPORTANO A TUTTO SPIANO PETROLIO DA MOSCA, NONOSTANTE LE SANZIONI. È TUTTO LEGALE: SEMPLICEMENTE PUTIN HA AUMENTATO DEL 140% LE ESPORTAZIONI VERSO CINA, INDIA, TURCHIA, EMIRATI E SINGAPORE, CHE NON APPLICANO LE SANZIONI, E QUELLI RIVENDONO I PRODOTTI RAFFINATI AGLI STATI CHE HANNO FIRMATO L’EMBARGO. TUTTI CONTENTI, SOPRATTUTTO LA RUSSIA, LA CUI ECONOMIA, NONOSTANTE TUTTO, CONTINUA A RESISTERE
-Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
[…] In aprile scorso il regime di Vladimir Putin fatturava oltre 1,1 miliardi di euro al giorno da fonti fossili, oggi la metà. Eppure non tutto sta andando come immaginavano i governi occidentali, quando hanno imposto il regime di ritorsioni più vasto mai concepito contro una delle maggiori economie al mondo. Non avevano immaginato, in particolare, che proprio i Paesi democratici — Italia inclusa — sarebbero diventati protagonisti di un massiccio sistema di aggiramento delle sanzioni contro il petrolio russo.
La dimensione del fenomeno emerge in un rapporto del Centre for Research on Energy and Clean Air (Crea) di Helsinki, un think tank che nell’ultimo anno si è dedicato allo studio dell’export di materie prime dalla Russia. Quel che sta accadendo è tecnicamente legale, non risultano in alcun punto della filiera operazioni clandestine o false fatturazioni.
C’è però un reticolo di triangolazioni con i grandi Paesi emergenti, che permette a Unione europea, Gran Bretagna, Australia, Stati Uniti e Giappone di violare nella sostanza le misure sul petrolio russo. Se l’intenzione era ridurre le entrate con cui il Cremlino finanzia la guerra, i Paesi democratici stanno agendo in contraddizione con i loro stessi obiettivi.
[…] Dall’avvio dell’aggressione all’Ucraina, le quantità trasportate dalle petroliere prevenienti dai porti russi esplodono del 140% verso cinque Paesi che non applicano le sanzioni: Cina, India, Turchia, Emirati Arabi Uniti e Singapore. In parallelo, questi cinque Paesi aumentano fortemente le spedizioni di prodotti raffinati — gasolio e carburante per aerei — verso tutti i principali Paesi che, invece, tengono la Russia sotto sanzioni.
Le spedizioni di derivati del petrolio dalla Cina verso i sistemi democratici crescono nell’ultimo anno del 94%; quelle dalla Turchia del 43%; quelle da Singapore del 33% e dagli Emirati Arabi Uniti del 23%. Nel complesso, nel primo anno di guerra, avviene quello che il centro studi Crea definisce un «riciclaggio» del greggio russo attraverso le potenze emergenti e verso le democrazie, con un aumento delle vendite di prodotti raffinati per 10 milioni di tonnellate e 18,7 miliardi di euro.
Gran parte dell’aumento si registra dopo il 5 dicembre scorso, quando scatta l’embargo europeo e le democrazie del G7 indicano un tetto di 60 dollari al barile per l’acquisto di greggio russo per chi non applica le sanzioni. Fra il 5 dicembre e il 24 febbraio scorso le democrazie importano quasi 13 milioni di tonnellate di prodotti raffinati dai Paesi che Crea definisce «riciclatori», per 9,5 miliardi di euro. Nel primo anno di guerra l’Italia ha comprato da quelle cinque potenze emergenti 1,9 milioni di tonnellate di carburanti, in buona parte derivati da greggio russo. Ma i primi di questa classifica sono (nell’ordine) Australia, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Olanda e Francia. L’obiettivo non è approfittare di sconti derivanti dal tetto al prezzo. Semplicemente, gli importatori delle democrazie cercano forniture in un mercato in tensione.[…]