“ABBIAMO DA RIMPROVERARE SOLO NOI STESSI” – I RICCHI INVESTITORI TRUFFATI DA ELIZABETH HOLMES SONO IN IMBARAZZO PER LA CONDANNA A 11 ANNI DI GALERA. SI ERANO FATTI FREGARE DALLA BIONDINA CHE MILLANTAVA UN SISTEMA RIVOLUZIONARIO PER ANALIZZARE IL SANGUE DA UNA GOCCIA, “THERANOS”, CHE IN REALTÀ NON HA MAI FUNZIONATO. MA COME HA FATTO A INFINOCCHIARE MURDOCH, KISSINGER, LARRY ELLISON? SECONDO ALCUNI, È PIÙ VITTIMA CHE CARNEFICE: SAREBBE TUTTA COLPA DELLA SPREGIUDICATA CULTURA DELLA SILICON VALLEY…
-Massimo Gaggi per www.corriere.it
Undici anni e tre mesi di carcere per Elizabeth Holmes, la «Steve Jobs al femminile». La condanna per aver truffato i suoi investitori (dai quali aveva raccolto 945 milioni di dollari) ai quali diceva di aver creato un sistema rivoluzionario per analizzare il sangue prelevandone una sola goccia, la fondatrice della Theranos l’aveva già ricevuta nel gennaio scorso da una giuria del tribunale di San Josè, nel cuore della Silicon Valley californiana (Qui la storia della truffa). Rimaneva da stabilire la durata della pena e la decisione è stata presa ieri dal giudice federale distrettuale Edward Davila: 135 mesi dietro le sbarre.
«Ho agito in buona fede»
Vista dall’Europa sembra una condanna pesantissima per un reato solo finanziario: nel processo i danni arrecati ai pazienti che si sono sottoposti ai test del sangue col metodo Theranos, infatti, non sono stati provati.
Durante il dibattimento Holmes aveva fatto di tutto per convincere i giurati di aver agito in buona fede: pensava che il suo metodo prima o poi avrebbe funzionato, era solo questione di tempo. Poi ha cercato di scaricare le responsabilità su altri, ha accusato un suo partner in azienda di averla plagiata e anche violentata: tutto inutile. I giurati non si erano commosso nemmeno davanti alla giovane neomamma alla fine pentita e in lacrime.
I truffati: «Pena troppo severa»
Ieri di nuovo lacrime dalla 38enne manager ora in attesa del secondo figlio (il primo ha ormai un anno), ma neanche il giudice Davila si è commosso. La cosa curiosa è che diversi dei ricchi investitori truffati, pur desiderando la condanna dell’imprenditrice, hanno giudicato la pena troppo severa e hanno ammesso di sentirsi corresponsabili per non aver indagato adeguatamente sull’affidabilità dell’impresa nella quale impegnavano i loro capitali.
Tra loro l’editore Rupert Murdoch, padrone anche del giornale, il Wall Street Journal, che nel 2015, con una sua inchiesta, ha scoperto la frode Theranos. Murdoch fa parte di un gruppo di personaggi di rango che avevano finanziato l’azienda o, addirittura, erano entrati nel suo consiglio d’amministrazione: Henry Kissinger, l’ex segretario di Stato George Schultz, il generale ed ex ministro della Difesa, James Mattis, Larry Ellison di Oracle.
Ora l’editore commenta: «È stata frode, certo. Ma abbiamo da rimproverare solo noi stessi: avremmo dovuto fare molte più domande anziché farci abbagliare da questa giovane donna che sembrava così brillante. Molto imbarazzante».
Vittima della Silicon Valley
Marc Ostrofsky, un venture capitalist, anche lui investitore in Theranos ma con una piccola quota, sostiene addirittura che la Holmes non voleva frodare: ha sbagliato, ma secondo lui è stata vittima della spregiudicata cultura manageriale della Silicon Valley, definita dalla frase «Fake it till you make it», traducibile, più o meno con «Fingi, inventa storie fasulle, fino a quando non ce la fai a raggiungere il risultato che ti eri prefissato».
La cosa curiosa è che anche Davila, il giudice che ha deciso la pesante condanna, a parole ha grande comprensione per la Holmes: per il magistrato lei non era determinata a frodare, non aveva l’obiettivo di arricchirsi: «La tragedia è che stiamo condannando una donna brillante e creativa che si era fatta largo in un mondo dominato da uomini».
Rischiava 11 anni di carcere
In effetti la sentenza avrebbe potuto essere più pesante: se Davila non avesse identificato solo dieci vittime della truffa per un totale di 121 milioni di dollari, e non per tutti i 945 versati, la Holmes avrebbe potuto essere condannata ad oltre 20 anni di carcere. Undici sono comunque molti. Il giudice ha spiegato la severità con la necessità di tutelare l’onestà nel mondo del business: «Un mercato che funziona correttamente è fondamentale per lo sviluppo dell’industria».
Una sentenza esemplare
Bisognava, insomma, emettere una sentenza esemplare che fosse di monito per tutti coloro che sono tentati di prendere scorciatoie pericolose, soprattutto nel mondo della tecnologia. Holmes è stata tradita dalla sua grande ambizione che non solo l’ha spinta a vendere come realtà una sua teoria: Elizabeth ha voluto anche dare grande pubblicità alle sue imprese immaginarie.
La stampa è subito saltata con entusiasmo sulla storia di una donna poco più che ventenne capace di salire su un palcoscenico fin lì occupato dai geni (al maschile) delle tecnologie digitali. Per anni lei ha collezionati articoli e servizi televisivi entusiastici. Poi, dal 2015, tutto è andato a rotoli.
Sono in molti a pensare che, senza quella raffica di strepitose copertine dei magazine, oggi forse la Holmes starebbe ancora lavorando, indisturbata, sul suo metodo di analisi in teoria geniale ma che non ha mai funzionato. Il giudice ha deciso che l’imprenditrice dovrà entrare in carcere a fine aprile (presumibilmente dopo il parto). I suoi avvocati hanno due settimane di tempo per ricorrere in appello. Chiederanno che Holmes non venga internata prima dell’eventuale secondo processo.