“NON HO AVUTO ALCUN RUOLO NELLA TRATTATIVA CHE HA PORTATO ALL'ACCORDO TRA TIM E DAZN SUI DIRITTI TV” - ANDREA PEZZI SCRIVE A DAGOSPIA: "PENSO SIA CHIARO A TUTTI ORMAI CHE DIETRO QUESTA SURREALE MESSA IN SCENA CI SIANO INTERESSI CHE VANNO BEN OLTRE UNO SMODATO INTERESSE PER I CONTRATTI SIGLATI DALLE MIE AZIENDE” - ALDO GRASSO AZZANNA: “DA SEGUACE DELL'ONTOPSICOLOGIA A CONSIGLIERE, MEDIATORE, INCANTATORE DI SERPENTI FINANZIARI. UN GRANDE BALZO NON C'È CHE DIRE. OGNI SUA INIZIATIVA È AMMANTATA DI NEOUMANESIMO, QUALUNQUE COSA VOGLIA DIRE…”
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1 - LETTERA DI ANDREA PEZZI A DAGOSPIA
Riceviamo e pubblichiamo:
Caro Dago,
nell'ultima settimana ho accolto con stupore l’attenzione e le notizie - o presunte tali - che sono circolate su di me e sulla mia azienda Mint. Si sono evidentemente cercate connessioni insussistenti rispetto a vicende esterne alle attività prestate a favore di Tim, società di cui siamo fieri fornitori e nel cui unico interesse abbiamo sempre agito.
Confesso innanzitutto di essere rimasto assai sorpreso nel constatare che alcuni organi di informazione fossero in possesso di contratti tra la mia azienda e Tim, soggetti a riservatezza da parte di entrambi i contraenti. Su questo punto mi sono già messo a disposizione del nostro cliente affinché si possa fare chiarezza rispetto ai contenuti diffusi illegalmente e secondo modalità idonee a supportare erronee percezioni da parte degli spettatori e dei lettori.
Ma veniamo ai fatti. Innanzitutto ci tengo ad evidenziare di non aver avuto alcun ruolo nella trattativa che ha portato all'accordo tra Tim e Dazn sui diritti tv del campionato di calcio di Serie A. Si tratta di un tema sul quale non ho mai espresso pareri, né mi è stato mai chiesto di farlo e penso sia chiaro a tutti ormai che dietro questa surreale messa in scena ci siano interessi che vanno ben oltre uno smodato interesse per i contratti siglati dalle mie aziende.
In qualità di amministratore delegato di Mint, penso sia inoltre essenziale chiarire che il rapporto professionale tra la mia azienda e Tim risale al 2016 e che anche il più recente accordo relativo alla gestione del media digitale è precedente di oltre un anno rispetto all’inizio della mia attività personale come advisor di Vivendi.
Le due attività sono assolutamente compatibili. Il lavoro con Tim, infatti, è stato avviato solo dopo ricevuto dal capo dell’ufficio Compliance di Tim una rassicurazione sul fatto che questa attività fosse compatibile con il lavoro svolto da Mint per Tim.
Chiariamo quindi cosa faccio per Tim in relazione ai contratti di cui si è parlato. A partire dal 2020 il rapporto tra Mint e Tim ha incluso un progetto finalizzato a garantire l'ottimizzazione degli investimenti in pubblicità. Questa attività ci è stata affidata dopo aver superato un severo test del servizio, ottenendo risultati ben oltre le aspettative.
Si è favoleggiato delle cifre. Anche qui stiamo ai fatti. I contratti di Mint con Tim sono certamente importanti per la mia azienda ma rappresentano solo l’8 per cento del margine operativo lordo sul totale 2021 e il 6 per cento sul totale previsto nel 2022 e mi sorprende il fatto che alcuni abbiano confuso il fatturato con i ricavi e che nessuno sia in grado di capire che il fantomatico balzo dei fatturati è solo un consolidamento fiscale della mia holding che nel 2019 non consolidava i risultati delle società controllate e mentre nel 2020 abbiamo iniziato a farlo. Quindi?
Questa percentuale di incidenza è destinata a decrescere sempre di più, poiché Mint cresce come fatturato ogni anno di quasi il 40 per cento. Un incremento legato anche all’espansione internazionale, che conferma l'innovazione e l'unicità della nostra soluzione tecnologica.
Quest'ultimo punto è per me l'argomentazione che spegne tutte le polemiche. Mint cresce perché il valore che la nostra tecnologia è in grado di offrire ai nostri clienti è evidente. Non a caso non lavoriamo solo in Italia ma le nostre soluzioni sono scelte da oltre 36 grandi imprese anche all'estero. Non a caso la rivista Business Insider ci ha inserito fra le 9 migliori società di marketing digitale europee da acquisire nel 2023.
Di questa crescita devo ringraziare le oltre 200 persone che lavorano nel nostro gruppo ed è anche per difendere la loro reputazione che ho ritenuto importante precisare alcuni fatti.
Ti ringrazio per la tua attenzione,
Andrea Pezzi
Ceo Mint
2 - LE INCHIESTE DI «REPORT» E GLI INTERROGATIVI SU UN GRANDE BALZO
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera”
Incuriosito dallo straordinario ruolo che gli viene attribuito (eminenza grigia di Vivendi e del suo presidente Arnaud De Puyfontaine), ho seguito la puntata di Report di Giorgio Mottola su Andrea Pezzi (Rai3). Lo stile della trasmissione di Sigfrido Ranucci è sempre il solito: molta carne al fuoco, molte interviste con personaggi oscurati, molti inseguimenti per strada, molti punti di domanda.
La giovane promessa di Mtv aveva tentato la carriera tv anche in Rai, quando in Viale Mazzini ricopriva ruoli importanti Deborah Bergamini (ex consulente per la comunicazione di Berlusconi). Nel 2005 Pezzi conduce Tornasole, un programma culturale molto velleitario. L'anno successivo ospita Antonio Meneghetti, il guru dell'ontopsicologia, un guazzabuglio fideistico di rara amenità: «Individua e descrive i comportamenti del monitor di deflessione e isola l'identità e le caratteristiche dell'unità di azione che specifica l'uomo conforme al progetto di natura: l'In Sé ontico».
Pezzi è un seguace di Meneghetti, sostiene persino di seguire i suoi corsi a San Pietroburgo (in che lingua si tenevano, in russo?). Allora scrissi che era stata trasmessa «una delle più strampalate, balzane, sconclusionate interviste che la Rai abbia mai mandato in onda».
Poi Pezzi si palesa come grande esperto di comunicazione con il progetto «OVO», una sorta di enciclopedia illustrata che già sul nascere appariva vecchia, nemmeno fondata sull'ipertesto (pare che per Mediaset sia stato un bagno di sangue economico). Da seguace dell'ontopsicologia a consigliere, mediatore, incantatore di serpenti finanziari, imprenditore del digital advertising: un grande balzo non c'è che dire.
Ovviamente ogni sua iniziativa è ammantata di neoumanesimo, qualunque cosa voglia dire. Sostiene che il suo compito, strapagato, è di fare «il traduttore culturale tra l'approccio cartesiano dei francesi e quello troppo machiavellico degli italiani». Mah!