“L’ASTENSIONE È UN CHIARO SEGNALE DI BOCCIATURA DEL PIANO DI LABRIOLA” – VIVENDI AFFILA LE ARMI E PRECISA QUELLO CHE ERA CHIARO A TUTTI: LA SCELTA DI NON VOTARE LA POLITICA DI REMUNERAZIONE DEI MANAGER È SOLO UN MODO PER FARE PRESSING SULL’AD IN VISTA DELLA PARTITA SULLA RETE – “SI SONO PERSI 20 MESI PREZIOSI PER DISCUTERE DI OFFERTE CHIARAMENTE RIGETTATE DAL MERCATO” – E INTANTO RICICCIA LA POSSIBILITÀ DI UN’OFFERTA CONGIUNTA CDP-KKR…
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1. VIVENDI ASTENUTA È UNA BOCCIATURA AL PIANO DI LABRIOLA'
(ANSA) - Fonti vicine a Vivendi precisano che "l'astensione odierna in assemblea è un chiaro segnale di bocciatura al piano proposto dall'amministratore delegato Labriola". "E' evidente che si sono persi 20 mesi preziosi per discutere di offerte che sono state chiaramente rigettate dal mercato - sottolineano - la dimostrazione della totale mancanza di una governance adeguata, fatto che da tempo viene sottolineato. E' tempo di cambiare passo".
2. TIM, L’ASSEMBLEA BOCCIA LA POLITICA DI REMUNERAZIONE DEI MANAGER. VIVENDI SI ASTIENE, ANCORA VENDITE SUL TITOLO IN BORSA
Estratto dell’articolo di Francesca Gerosa per www.milanofinanza.it
Non passa all'assemblea di Tim il punto all’ordine del giorno sulla politica di remunerazione. Vivendi, socio di maggioranza di Tim con il 23,9% del capitale sociale, si è astenuto.
[…] L'assemblea dei soci di Tim è stata chiamata anche a dare il via libera al bilancio 2022 a confermare due consiglieri e nominare un membro del board al posto del dimissionario Arnaud de Puyfontaine, ceo di Vivendi. I soci hanno approvato ad ampia maggioranza sia il bilancio 2022 (99,9% di voti favorevoli) sia la conferma dei consiglieri Giulio Gallazzi e Massimo Sarmi, mentre non è stato nominato il terzo amministratore, visto che le candidature proposte (Paola Bruno e Franco Lombardi) non hanno ottenuto le necessarie maggioranze.
Nel frattempo, in borsa il titolo Tim, dopo il crollo della vigilia (-8,3%) per lo scetticismo del mercato sulle nuove offerte migliorative di Cdp-Macquarie e Kkr per la rete (19,3 miliardi di euro da Cdp, 21 miliardi compreso l’earnout da Kkr rispetto alla soglia minima di 20 miliardi fissata dal cda di Tim per valutare e convocare l’assemblea per approvare la cessione dell’asset), lontane dalla valutazione di Vivendi (31 miliardi), perde un altro -1,5% a 0,2817 euro con volumi rilevanti: 258 milioni di pezzi già passati di mano, pari a oltre l’1% del capitale.
I commenti degli analisti si concentrano più che sulla possibilità che Vivendi lanci un’opa sul rischio percepito dal mercato che il processo di vendita della rete si interrompa con la possibilità di un aumento di capitale (c’è già chi ipotizza di 5 miliardi di euro) e che si debbano cercare soluzioni alternative al piano di deleverage portato avanti dall’ad, Pietro Labriola. In questo caso potrebbe essere presa in considerazione la vendita di Tim Brasil, opzione, tuttavia, più volte, esclusa dal management.
[…] In vista del cda di Tim del 4 maggio, l’auspicio è che il cda, anche con il supporto del governo, inviti gli offerenti a lavorare su un’offerta congiunta, operazione che eliminerebbe il rischio di veti incrociati (cessione NetCo subordinata al placet di Kkr per la cessione di FiberCop, rischio golden power da parte del governo sull’offerta di Kkr) e garantirebbe un maggior potere di fuoco per ulteriori rilanci. «A oggi non vediamo alternative alla cessione della rete, operazione in grado di assicurare un abbattimento del debito di Tim per oltre 17 miliardi e garantire un livello di leverage sostenibile per la ServiceCo», conclude l’analista.