“SI RISCHIA UN'ULTERIORE DEINDUSTRIALIZZAZIONE, CON L'ITALIA SEMPRE PIÙ 'DIVERTIMENTIFICIO' DEGLI STRANIERI” - DAVIDE TABARELLI, PRESIDENTE DI NOMISMA ENERGIA: “ANCHE SE IL GAS PLANASSE A 70 EURO, I PREZZI EUROPEI SAREBBERO TRE VOLTE QUELLI PAGATI NEGLI USA, CON DANNI PER LA COMPETITIVITÀ DELL'INDUSTRIA, CHE IN ITALIA E GERMANIA È PIUTTOSTO ENERGIVORA. TRA L'ALTRO I PIANI UE DI TRANSIZIONE ENERGETICA SONO BRICIOLE RISPETTO AI CONSUMI DELL'INDUSTRIA. C'È ANCORA MOLTO GAS DA ESTRARRE, SERVE INVESTIRE NELL'ENERGIA, DI TUTTI I TIPI”
-A. GR. per “la Repubblica”
Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, di prezzi del gas ne ha visti migliaia.
I 73 euro per MWh segnati ieri sulla piattaforma Ttf, con prezzi simili per i contratti "future" del biennio 2023-24, sono una base stabile e sostenibile per gli europei e le loro imprese?
«Benché siamo ancora avvolti dal disordine e dall'incertezza portata dai fatti degli ultimi due anni, questi prezzi potrebbero rivelarsi una base stabile: ma ancora troppo alta rispetto a quelli storici, e anche ai costi di produzione».
Due anni fa 1 MWh costava circa 20 euro. Cosa cambierà per i consumatori?
«Per loro, non credo granché: stiamo imparando da questa crisi che c'è grande rigidità sulla domanda di gas, sia perché è poco comprimibile, sia perché i consumatori sono sussidiati dai governi. A questi prezzi credo che la domanda resterà piuttosto rigida».
E per le imprese italiane cosa cambierà?
«Finora hanno mostrato flessibilità e capacità di adattamento, ma è presto per dire se hanno reso più efficienti le forniture o stanno usando risorse finanziarie accumulate in lockdown. Diverse imprese, poi, scaricano i maggiori costi sul consumatore finale. La preoccupazione è un'altra».
Quale?
«Anche se il gas planasse a 70 euro, i prezzi europei sarebbero tre volte quelli pagati negli Usa, con danni per la competitività dell'industria, che in Italia e Germania è piuttosto energivora. Si rischia un'ulteriore deindustrializzazione, con l'Italia sempre più 'divertimentificio' degli stranieri. Tra l'altro i piani Ue di efficienza e transizione energetica sono briciole rispetto ai consumi dell'industria: va riscoperta la sicurezza energetica, che si è persa negli ultimi 20 anni».
I prezzi, specie se la guerra finirà, potranno ridiscendere?
«Dopo le crisi anni '70 i prezzi non sono mai tornati indietro, e stimo che anche ora sarà così. Tra l'altro l'Asia, che ha forte domanda di gas e scarsa produzione, spinge i prezzi».
E per i produttori cosa cambierà?
«L'industria del gas, che ha costi tra 5 e 15 euro a MWh, ne esce vincitrice. È un paradosso che governi e cittadini devono accettare, chiedendo di usare i profitti per investire in fonti vecchie e nuove. Negli Usa i democratici lo fanno da mesi, in Europa la politica e la finanza si sono focalizzate più sulla transizione energetica, scoraggiando i progetti delle major. C'è ancora molto gas da estrarre, e a questi prezzi è parecchio remunerativo. Vale anche per le rinnovabili, che in Italia costano un terzo rispetto ai prezzi dell'energia elettrica: difatti sui tavoli ministeriali ci sono progetti per 50 mila MWh, quasi metà della capacità annua di generazione. È il momento di investire nell'energia, di tutti i tipi».