“STIAMO ARRIVANDO ALLA SOGLIA DEL 4 MAGGIO SENZA SAPERE QUALE SARÀ IL METODO” – IL NEO PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA STRAPPA LA POCHETTE A CONTE: “È DAL 5 APRILE CHE IO CHIEDO QUAL È IL METODO PER ARRIVARE ALLA RIAPERTURA E NON TANTO LA DATA DELLA RIAPERTURA E AD OGGI NON HO ANCORA AVUTO UNA RISPOSTA. NESSUNO STA PROGETTANDO LA FASE TRE E LE IMPRESE…”
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“Sono 5 settimane che chiedo come intendono riaprire, siamo alla soglia del 4 maggio senza sapere come si farà”. Per Carlo Bonomi, presidente designato di Confindustria, è già scaduto il tempo massimo per il Governo per dare indicazioni e regole sulla Fase 2. ”È dal 5 aprile che io chiedo qual è
il metodo per arrivare alla riapertura e non tanto la data della riapertura e ad oggi non ho ancora avuto una risposta. Stiamo arrivando alla fatidica soglia del 4 maggio senza sapere ancora quale sarà il metodo”.
Intervistato da Mezz’ora in più, su Raitre, il nuovo leader degli industriali premette che “non è mai stata nelle corde di Confindustria la contrapposizione fra l’economia e la salute”. Aggiunge tuttavia che “non si mette in sicuro la salute dei lavoratori chiudendo le imprese, ma dipende da come modifichiamo e mettiamo in sicurezza le imprese per garantire la salute dei lavoratori”.
Secondo Bonomi, “l’Europa sta facendo quello che deve fare, siamo molto fieri e orgogliosi di essere rappresentati da Gentiloni, ma i compiti li dobbiamo fare a casa”. Per l’Italia “c’è una finestra importantissima” a 10 anni dalla crisi finanziaria, dopo 2 anni di stagnazione, “abbiamo la necessità di rivede il Paese, le imprese devono cambiare, ma serve condivisione fra politica, mondo delle rappresentanze datoriali e sindacali. Basta fare riunioni con 60 sigle a Palazzo Chigi, dobbiamo cambiare questo Paese e mettere al centro le persone”.
Tra l’altro “nessuno sta progettando la fase 3, quella dei grandi investimenti”, soprattutto “sul territorio”, aggiunge Bonomi, secondo il quale “bisogna sbloccare le opere pubbliche. Mi aspetto che domani mattina almeno le imprese che hanno la capacità di rispondere agli accordi di sicurezza e sono nelle grandi catene del valore aggiunto dell’export possano riaprire, perché stiamo perdendo quote di mercato e molte di esse non le riacquisteranno”.