MA È DAVOS O UN CENTRO SOCIALE? – QUEST’ANNO AL WORLD ECONOMIC FORUM IN VERSIONE VIRTUALE SOLO IL COMUNISTA XI JINPING È RIMASTO ANCORATO ALLA GLOBALIZZAZIONE DEI VECCHI TEMPI (TE CREDO, VISTI I RISULTATI ECONOMICI DELLA CINA). PER IL RESTO, FUORI DALLE NEVI DELLA CITTÀ SVIZZERA, È STATO TUTTO UN MEA CULPA SULLE DISEGUAGLIANZE E GLI ECCESSI DELL’ULTRALIBERISMO. MA CI VOLEVA UNA PANDEMIA PER CAPIRLO? NON POTEVANO PENSARCI PRIMA GLI SQUALI DEL CAPITALISMO SELVAGGIO?
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Vittorio Da Rold per www.businessinsider.com
“Promuovere un nuovo contratto sociale”, “Costruire un capitalismo degli stakeholder”, “Rivedere i consumi per un futuro sostenibile”. Questi alcuni dei titoli delle sessioni più seguite che quest’anno il World Economic Forum ha messo a disposizione delle élite globali per tracciare la linea comune per l’anno prossimo, delineare il “sentiment” comune dei Ceo delle multinazionali.
Un Wef in versione sociale e virtuale, un seminario monacale senza feste e mondanità sulla neve, senza party esclusivi fino all’alba, senza eccessi e glamour né networking. Un vertice che assomiglia più a Porto Alegre, la città brasiliana che aveva ospitato il “World Social Forum” tra il 2001 e il 2005, presentandosi come una anti-Davos dei poveri prima di finire nel dimenticatoio della storia.
Quest’anno Klaus Schwab, il fondatore del Wef, lancia l’appello alle élite assediate da pandemia, movimenti populisti e sovranisti anti globalizzazione a operare un reset del capitalismo, una ripartenza ed ad aprire alle istanze sociali contro le diseguaglianze, al rispetto delle diversità biologiche (Ursula von der Leyen), delle pratiche climatiche più rispettose.
Solo Xi Jinping, il presidente cinese, resta ancorato alla globalizzazione di prima della pandemia, come se nulla fosse accaduto, forte dei successi economici che i brandelli del multilateralismo, ancora rimasti sul terreno dopo il tornado Trump, ancora gli concedono. Nessuna riflessione o aggiustamento da parte del leader cinese. Solo il multilateralismo selettivo di una Cina che nella Wto è considerata ancora paese emergente con le relative salvaguardie e del capitalismo di stato che sovvenziona le sue aziende senza limiti, senza curarsi troppo di rispetto ambientale e di diritti sociali dei dipendenti.
Questa particolare attenzione per l’Asia da parte degli organizzatori del World Economic Forum fa eco al risultato di un recente studio della compagnia assicurativa di crediti Euler Hermès che mostra che, grazie all’epidemia, il Pil cinese dovrebbe essere uguale al Pil Usa già nel 2030, due anni prima del previsto prima della crisi.
Unica grande economia ad aver raggiunto una crescita nel 2020, del 2,3%, la Cina ha guadagnato quote di mercato: il suo surplus nei confronti degli Stati Uniti è cresciuto del 7% nel 2020, nonostante la guerra commerciale guidata da Donald Trump.
Le Ong all’attacco
Il Wef ha dunque abbandonato le nevi di Davos a favore di un format virtuale ma così è entrato in una seconda dimensione, più vicina alle istanze delle molte Ong che ogni anno seguono il vertice con volontari e funzionari determinati per organizzare un mondo più equo e sostenibile grazie a donazioni, beneficenza e cambi di sistema economico a favore dello “stakeholder capitalism”, il capitalismo che non dimentica i dipendenti, i residenti dove sorgono le imprese e i fornitori.
Il tema più dibattuto questa settimana è quello dell’aumento delle disuguaglianze e del rischio che questo pone alla coesione delle società – e questo mentre il nome di Davos ha spesso simboleggiato, per i suoi critici come i fondatori del forum di Porto Alegre, l’onnipotenza del potere del denaro e gli eccessi dell’ultra-liberalismo della scuola dei Chicago Boys.
Quanti posti di lavoro si perderanno con l’introduzione dell’intelligenza artificiale e della robotizzazione dei processi produtti? Ci sarà il re-shoring, il rientro delle imprese in Occidente per evitare che una seconda pandemia blocchi le forniture delle catene dei fornitori soprattutto dei materiali sanitari e dei vaccini? E’ possibile continuare a scegliere la sede fiscale più conveniente da parte delle multinazionali con il solo scopo di massimizzare i profitti ma minando nel contempo il welfare dei sistemi previdenziali delle democrazie liberali occidentali?
Gli organizzatori del Wef non intendono procrastinare le scelte sul tavolo e intendono “rifondare il capitalismo”, cioè salvarlo prima che sia troppo tardi dai suoi eccessi. Un esempio? L’Ong Oxfam ha chiesto di tassare i più ricchi per combattere “il virus delle disuguaglianze”, secondo il titolo del suo rapporto annuale pubblicato come tradizione alla vigilia dell’evento, e che ogni anno serve da promemoria per i partecipanti al Forum economico mondiale.
Mentre milioni di persone sono precipitate nella povertà, i miliardari hanno visto aumentare le loro fortune di 3,9 trilioni di dollari tra il 18 marzo e il 31 dicembre 2020, ha calcolato l’ONG. Non c’è da perdere tempo prima che riprenda l’onda populista e sovranista alle falde della “Montagna Incantata”.
L’ottimismo che regnava a novembre quando i vaccini sono diventati una realtà non è più presente all’inizio dell’anno, segnato dall’imposizione di nuove restrizioni e dalla progressione delle varianti del coronavirus. Durante l’edizione 2020 del WEF, l’apparizione in Cina di una misteriosa polmonite – che non era ancora una pandemia – sollevava ancora solo una vaga preoccupazione.
L’élite economica raccolta nella ricca località alpina era più interessata alle promesse di sgravi fiscali di Donald Trump che agli allarmi di Greta Thunberg e al confinamento decretato a Wuhan.
Un anno dopo, quando il miliardario repubblicano ha lasciato la Casa Bianca, le ineguaglianze sociali sono tornate sul palco per questa 51esima edizione, sul tema: “Un anno cruciale per ricostruire la fiducia”.
La nuova amministrazione Biden, che si è impegnata a riallacciarsi al multilateralismo, ha inviato l’immunologo Anthony Fauci, consigliere presidenziale sulla pandemia e John Kerry, l’inviato speciale per il clima. Due segnali importanti.
Dopo questa prima sessione virtuale “Davos” verrà trasportato a maggio a Singapore, lontano dalla stazione sciistica svizzera dove si svolge solitamente questo simposio, ideato nel 1971 dal professore tedesco Klaus Schwab. Il motivo addotto è “sicurezza sanitaria”, la città-stato, che ha dovuto contare solo 29 morti, essendo considerata più sicura di Lucerna-Bürgenstock, un tempo indicata come una soluzione alternativa.