- MARCO DE BENEDETTI TWEET: ‘’PERCHÈ NESSUNO DICE LA VERITÀ? È IL RISULTATO DI UNA GESTIONE FALLIMENTARE DI TELECOM ITALIA’’ -

Il figlio di CDB, davanti alla trattiva con la 3, non dimentica il suo passato in Telecom: “Consiglio un corso base di Governance!!!! Ridicoli Telecom, Un comitato al fianco di Bernabè” – “La scellerata acquisizione delle minoranze TIM da parte di Telecom è all'origine dei problemi attuali”…

Condividi questo articolo


MARCO DE BENEDETTI TWEET
@debenedettimrco

itl14 marco de benedetti paola ferrariitl14 marco de benedetti paola ferrari

Perchè nessuno dice la verità: è il risultato di una gestione fallimentare di Telecom Italia.

Consiglio un corso base di Governance!!!! Ridicoli Telecom, Un comitato al fianco di Bernabè

marco de benedetti e martina mondadorimarco de benedetti e martina mondadori

La scellerata acquisizione delle minoranze TIM da parte di Telecom è all'origine dei problemi attuali


2. TELECOM, BERNABÈ PRENDE TEMPO SUL DOSSIER 3 ITALIA
Antonio Vanuzzo per www.linkiesta.it

Quinto Fabio Massimo, detto "temporeggiatore", intorno al 200 a.C. riuscì a sconfiggere Annibale sfiancandolo con repentini attacchi e lunghe attese. Chissà se Franco Bernabè, presidente di Telecom, ha mai pensato di emularne le gesta. Dopo sei ore di riunione dove, a detta del finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar, non c'è stata tensione, il cda dell'ex monopolista ha affiancato a Bernabè un comitato di quattro saggi: Julio Linares per conto di Telefonica, Elio Catania - presidente del comitato per il controllo e rischi vicino a Intesa Sanpaolo - il presidente di Generali, Gabriele Galateri di Genola, e infine l'indipendente Luigi Zingales, allo scopo di «verificare entro tempi ristretti l'interesse della Società alla prosecuzione del percorso» di integrazione con 3 Italia.

Franco BernabèFranco Bernabè

Sfiduciato a mezzo stampa pure da Marco Fossati, primo azionista al 5% che sostiene Telecom «si meriti una gestione migliore», Bernabè - in scadenza di mandato l'anno prossimo - avrebbe tirato fuori dal cilindro l'amicizia con il 12mo uomo più ricco del pianeta, Li Ka Shing, per provare a riformulare l'azionariato della società. D'altronde tutti i soci di Telco (Telefonica, Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali) bramano dividendi cospicui per rientrare dell'investimento, del prestito soci, delle ricapitalizzazioni della holding. E le compagnie di Tlc necessitano di investimenti per decine di milioni di euro.

Ai prezzi correnti, per salire al 29,9% aggirando Telco e l'obbligo di Opa, l'esborso del gruppo Hutchinson Whampoa - che ha cassa per 12 miliardi - sarebbe di 2,3 miliardi. Al contrario, con il conferimento di 3 Italia, l'esborso sarebbe soltanto carta contro carta. Su quest'ultimo aspetto, nella nota diffusa a mercati chiusi la società ha spiegato che il percorso di integrazione avverrebbe «eventualmente mediante conferimento o fusione per incorporazione, che il gruppo Hutchison Whampoa ha condizionato, tra l'altro, all'acquisizione di un'ulteriore quota azionaria in Telecom Italia, tale da farne l'azionista di riferimento della Società».

GABRIELE GALATERI DI GENOLA AL NUOVO MESSAGGERO FOTO OLYCOMGABRIELE GALATERI DI GENOLA AL NUOVO MESSAGGERO FOTO OLYCOM

Secondo quanto risulta a Linkiesta, ciò che fa gola ai cinesi sono gli asset italiani, e dunque l'infrastruttura di rete dell'ex monopolista. Non a caso, recita ancora il comunicato, «il Consiglio di Amministrazione ha altresì deliberato di dare mandato al management a definire il percorso operativo di fattibilità per la separazione della rete di accesso».

Un percorso già avviato nei mesi scorsi con la Cassa depositi e prestiti poi congelato dallo stallo politico e dal rinnovo dei vertici di via Goito, che però ora potrebbe subire un'accelerazione. Fonti vicine all'ente guidato da Franco Bassanini fanno sapere che sicuramente l'arrivo di un proprietario membro di un Paese non Ocse porrebbe due problemi: la strategicità e l'italianità dell'infrastruttura di rete, che Telecom valuta 13-15 miliardi di euro.

A intricare ulteriormente la matassa c'è un'altra questione: tramite il Fondo strategico italiano, la Cassa depositi e prestiti è azionista al 4,48% del Leone di Trieste, dopo il conferimento della quota di Banca d'Italia a seguito dell'incorporazione dell'Ivass, l'authority di vigilanza sulle assicurazioni, per evitare conflitti d'interesse. A sua volta, Generali è al 30,58% di Telco.

PATUANOPATUANO

Teoricamente, pur iscrivendo a bilancio una minusvalenza - che il mercato già sconta - se il numero uno della compagnia assicurativa, Mario Greco, decidesse di vendere, il titolo potrebbe beneficiarne. E dunque fare il gioco di Fsi, che si è impegnata a dismettere la partecipazione entro il 2015 retrocedendo a Palazzo Koch, «sotto forma di dividendi delle azioni privilegiate, le eventuali plusvalenze calcolate come differenza tra il valore dell'azione a fine 2012 (ultimi 5 giorni di negoziazione) e il valore di conferimento». Certo, esprimendo il voto a favore della lista di minoranza presentata da Assogestioni, il Fondo strategico non dovrebbe influenzare le decisioni del management di Generali in merito a Telco.

Secondo alcune interpretazioni che circolano sul mercato, a differenza dell'interesse di Sawiris, respinto e utilizzato per far pressione sulla Cdp per lo scorporo, i soci che non hanno risorse (Mediobanca) e probabilmente interesse (Generali) per ricapitalizzare la società guarderebbero con attenzione all'integrazione con 3 Italia, anche alla luce del tesoretto fiscale che deriva dalla deducibilità degli 8,6 miliardi di perdite accumulate dalla società guidata da Vincenzo Novari. I nodi da sciogliere, regolatori e finanziari, sono pressoché insormontabili, a breve termine.

Da qui la strategia di Bernabè in versione temporeggiatore, sfumata l'ipotesi di essere chiamato da Bersani sulla poltrona di Corrado Passera allo Sviluppo Economico. Ricapitolando: i cinesi vogliono il controllo, e la marginalità di Telecom deriva ancora dalla rete. Difficile, dicono gli esperti, che diventino azionisti di minoranza di una società stile Openreach, così com'è difficile che un'infrastruttura strategica possa passare agevolmente di mano, tanto più in una fase d'incertezza politica. Vendere la rete abbatterebbe il debito, ma senza rete rimane l'elevata marginalità, anche se in calo sul 2011, di Brasile e Argentina. A dispetto dei mal di pancia, ai grandi soci Bernabè il temporeggiatore fa ancora comodo.

 

 

Condividi questo articolo

ultimi Dagoreport

SULLA RAI ELLY NON SI È FATTA INFINOCCHIARE – IL MOTIVO CHE HA SPINTO SCHLEIN ALL’AVENTINO, OLTRE ALLA MANCATA RIFORMA DELLA GOVERNANCE DI VIALE MAZZINI, RIGUARDA LO STATO DELL’ARTE DEL PD – IL DUPLEX BOCCIA-FRANCESCHINI PUNTAVA A PIAZZARE UN PRESIDENTE DI GARANZIA CHIAMATO GIOVANNI MINOLI. UN NOME SU CUI ERA STATO TROVATO UN ACCORDO CON GIORGIA MELONI, GRAZIE AI CONTATTI DEL MARITO DI NUNZIA DE GIROLAMO CON GIAMPAOLO ROSSI – MA LA SEGRETARIA MULTIGENDER SI È RIFIUTATA DI PRENDERSI IN CARICO UN “INAFFIDABILE” COME IL MULTI-TASKING MINOLI – IL PROBLEMA DI ELLY È CHE NON HA NESSUN UOMO DI FIDUCIA IN RAI. PIUTTOSTO CHE INFILARSI IN QUEL LABIRINTO PIENO DI TRAPPOLE, HA PREFERITO CHIAMARSI FUORI – LA MOSSA DI NARDELLA: HA LANCIATO LA SUA CORRENTE PER STOPPARE FRANCESCHINI, CHE PUNTA A PASSARE IL TESTIMONE ALLA MOGLIE, MICHELA DI BIASE...

DAGOREPORT - RICICCIANO LE VOCI SU UNA FUSIONE TRA RENAULT E STELLANTIS. MA QUESTA POTREBBE ESSERE LA VOLTA BUONA – E' MACRON CHE SOGNA L'OPERAZIONE PER CREARE UN COLOSSO EUROPEO DELL'AUTOMOTIVE (LO STATO FRANCESE È AZIONISTA DI ENTRAMBI I GRUPPI) E, CON IL GOVERNO DI DESTRA GUIDATO DA BARNIER, A PARIGI NESSUNO OSERA' OPPORSI - E JOHN ELKANN? NON GLI PARE IL VERO: SI LIBEREREBBE DI UNA "ZAVORRA" E POTREBBE VELEGGIARE VERSO NEW YORK O LONDRA, PER FARE QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE (E IN CUI È BRAVISSIMO): INVESTIMENTI E ACQUISIZIONI TRA LUSSO E TECH. TOLTASI DAI COJONI L'EX FIAT, NON AVREBBE PIÙ RAGIONE DI TENERSI “REPUBBLICA” E “STAMPA" E LE FAIDE CON IL COMITATO DI REDAZIONE

È ARRIVATA L’ORA DI PIER SILVIO? SEGNATEVI QUESTA DATA SUL CALENDARIO: APRILE 2025. POTREBBE ESSERE IL MOMENTO DELLA DISCESA IN CAMPO DI BERLUSCONI JR – “PIER DUDI” POTREBBE APPROFITTARE DI UNA SCONFITTA DEL CENTRODESTRA AL REFERENDUM SULL’AUTONOMIA PER RIPERCORRERE LE ORME DEL PADRE: METTERE IN PIEDI UNA NUOVA FORZA ITALIA, APERTA A DIRITTI E MINORANZE, EUROPEISTA E ATLANTISTA. A QUEL PUNTO, LE ELEZIONI ANTICIPATE SAREBBERO INEVITABILI – ORMAI È CHIARO CHE IL GOVERNO MELONI NON CADRÀ MAI PER MANO DELL’OPPOSIZIONE, SPOMPA E INETTA, MA SOLO ATTRAVERSO UN’IMPLOSIONE DELL’ALLEANZA DI DESTRA-CENTRO - LA DIFFIDENZA DI MARINA, TERRORIZZATA DALL'IPOTESI CHE IL FRATELLO FINISCA FAGOCITATO DA BATTAGLIE MEDIATICHE E GIUDIZIARIE, COME IL PADRE...