MILLERI E NAGEL? SONO PIÙ AMICI PUTIN E ZELENSKY – UNA PACE SU MEDIOBANCA E GENERALI TRA IL NUOVO CAPO DELL’IMPERO DI DEL VECCHIO E IL NUMERO UNO DI PIAZZETTA CUCCIA NON È FACILE NÉ SCONTATA PERCHÉ I DUE SI DETESTANO FIN DALL’EPOCA DELLO IEO - PERÒ, A QUESTO PUNTO, CI SONO IN BALLO GLI OTTO EREDI, CHE DOPO UN ESBORSO, PER ORA STERILE, DI 5 MILIARDI PER LA CONQUISTA DEI VERTICI DI MEDIOBANCA E GENERALI, POTREBBERO AVERE OPINIONI MENO COMBATTIVE DI QUELLE DI MILLERI…
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Francesco Manacorda per “la Repubblica – Affari & Finanza”
Al funerale di Leonardo Del Vecchio, giovedì scorso ad Agordo, c'erano anche loro. E la presenza dell'amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel e del nuovo presidente delle Generali Andrea Sironi è stata non solo un gesto di doveroso omaggio a un grandissimo imprenditore e importante azionista di entrambe le società, ma in qualche modo un messaggio su quello che potrebbe avvenire - o che Mediobanca vorrebbe avvenisse - nei prossimi mesi.
Ossia una pace tra il management della banca d'affari e il suo principale azionista: quella Delfin che era di Leonardo Del Vecchio e adesso sarà divisa tra i sei figli e la vedova Nicoletta Zampillo. Un nuovo assetto che inevitabilmente dovrà coinvolgere anche le Generali, che hanno Mediobanca come primo azionista a poco meno del 13% e la Delfin - che ha votato in assemblea contro la lista presentata dal management e sostenuta anche da Piazzetta Cuccia - al 9,9%.
Nagel ha spiegato la sua visione anche a chi gli ha parlato ad Agordo. È arrivato il momento di superare personalismi e contrapposizioni - ha detto in sostanza - e di passare a una fase di sintesi, a una soluzione condivisa. Questo tenendo a mente sia il bene delle società coinvolte sia la situazione economica particolarmente difficile che aspetta l'Italia nei prossimi mesi.
E così adesso proprio Mediobanca e il suo amministratore delegato si candidano a cercare una soluzione. Non è facile né scontato perché la Delfin, che è oggi di gran lunga il principale socio di piazzetta Cuccia con poco meno del 20%, è quantomeno critica sulla gestione dell'istituto. All'ultima assemblea ha votato a favore del bilancio, ma contro il piano di remunerazione dei manager.
E, almeno finché Del Vecchio era al comando, il tema ricorrente di questi mesi è stato il suo desiderio di salire al 25% di Mediobanca, ostacolato solo dalla richiesta della Banca centrale europea che in questo caso avrebbe chiesto a Delfin di trasformarsi in capogruppo bancaria con tutti gli adempimenti del caso.
Per capire come si possa dipanare la matassa ormai ingarbugliata tra Milano e Trieste bisogna fare un passo all'indietro. Quando la Delfin emerge oltre la quota sensibile del 5% in Mediobanca siamo alla fine del 2019. Meno di un anno prima Del Vecchio ha avuto uno scontro con i vertici di Mediobanca sui destini dello Ieo, l'Istituto europeo di oncologia, in cui è entrato grazie ai titoli che gli ha girato Unicredit.
In sostanza Del Vecchio afferma di voler fare una donazione di 500 milioni che rafforzerebbe il polo medico Ieo-Monzino; a Mediobanca la vedono diversamente e temono una scalata alla sanità privata milanese; dunque declinano l'offerta. Sia stato per quello che all'epoca Del Vecchio aveva considerato uno sgarbo, o sia invece avvenuto per stringere la morsa sulle Generali in cui era presente da tempo, fatto sta che dalla compagnia assicurativa l'interesse - e i soldi - del patron di Luxottica si spostano anche verso la banca d'affari, che secondo lui sarebbe dovuta diventare, così come Generali, un campione europeo.
E negli ultimi mesi Del Vecchio, assieme al suo braccio destro Milleri, era stato molto attivo nel cercare altri imprenditori italiani che lo sostenessero nel suo progetto di cambiare Mediobanca.
La linea di Del Vecchio e di Francesco Gaetano Caltagirone è stata però sconfitta proprio a Trieste, quando lo scorso aprile l'assemblea delle Generali ha confermato l'amministratore delegato Philippe Donnet, e la lista presentata dai due grandi soci (anche Caltagirone aveva il 9,9% all'epoca) è finita in minoranza.
Potrebbe essere un "caveat" sulla difficoltà che singoli imprenditori, per quanto prestigiosi, hanno nel provare a influenzare le strategie di grandi società quotate e con una platea di soci istituzionali. E soprattutto lo scivolone su Generali potrebbe rivelarsi un ostacolo difficile da superare se si provasse a organizzare un'operazione simile su Piazzetta Cuccia.
Così, anche alla luce di quella sconfitta, in Mediobanca si guarda alla prospettiva di trovare una soluzione che "allinei" Delfin agli altri soci e al management sulle strategie oggi messe in esecuzione dalla banca, aprendo ovviamente in questo caso il cda anche ai rappresentanti del Del Vecchio. Ma con chi bisognerà trattare per rimettere a posto le cose?
Questo, al di là della sostanza di un possibile compromesso, è forse il punto più delicato: tra Mediobanca e Milleri la diffidenza è grande e reciproca. Nelle stanze di Piazzetta Cuccia hanno sempre visto il consulente di Del Vecchio, diventato suo braccio destro, come il principale ispiratore di mosse poco amichevoli e non hanno apprezzato la sua assidua presenza al fianco del patron di Luxottica in ogni colloquio.
Dunque, se Milleri fosse destinato ad assumere oltre alla presidenza di Essilux anche quella della stessa Delfin, le cose non diventerebbero più facili. Inoltre è possibile, se non probabile, che tra le volontà testamentarie dell'imprenditore ci sia quella di proseguire l'operazione su Piazzetta Cuccia.
Delfin, però, a questo punto significa i sei figli e la vedova dell'imprenditore, che potrebbero avere opinioni diverse sulla possibilità di pacificare la situazione.
I tempi non saranno brevissimi, in ogni caso. Nel cda di Generali - dove Caltagirone spinge per mettere al suo posto l'ex numero due della compagnia e suo candidato alla guida del gruppo Luciano Cirinà - le schermaglie sono destinate a continuare.
E in Mediobanca l'assemblea per il rinnovo del consiglio e dei vertici è fissata tra oltre un anno, nell'ottobre 2023. Riusciranno le diplomazie a parlarsi in questi mesi? E soprattutto quali diplomazie? A piazzetta Cuccia contano - per quanto difficile possa apparire - anche su un ruolo di Caltagirone: il costruttore romano sa come muoversi nel mondo della finanza e ragiona a freddo, mentre l'imprenditore appena scomparso era più incline ad agire (vedi il caso Ieo-Monzino) anche sulla base di considerazioni emotive.