NON C'AVEVANO CAPITO UN TUBO! - I TRADER NON CREDEVANO CHE LA GUERRA SAREBBE DAVVERO SCOPPIATA: I COMPRATORI DI CONTRATTI “FUTURE” A FINE 2021 ERANO CONVINTI CHE IL PREZZO DEL GAS FOSSE GIÀ FIN TROPPO ALTO E PUNTAVANO A FARLO ABBASSARE. QUANDO HANNO CAPITO COSA STAVA SUCCEDENDO, HANNO COMINCIATO A FARE SCOMMESSE AL RIALZO, CHE HANNO ALIMENTATO NUOVI AUMENTI - DOPO UN MESE DI RALLY, ORA IL PREZZO STA RALLENTANDO - LE STIME DELLE CANCELLERIE EUROPEE: SENZA I CLIENTI UE, LA RUSSIA DOVREBBE CHIUDERE I GIACIMENTI…

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Alessandro Barbera per “la Stampa”

 

putin gas

Per avere una rappresentazione cinica della nostra dipendenza dal gas russo occorre spingersi al valico di Tarvisio in una domenica di guerra.

 

Dai tubi posati fra i pini della valle ieri sono transitati cinquanta milioni di metri cubi di gas, più di due all'ora. Ai fornitori che lo consegnano fino alla cucina è costato trenta milioni di euro: quello è il nostro contributo quotidiano alla sporca guerra dello Zar in Ucraina.

 

A quella fattura va sommato il costo aggiuntivo - tre volte tanto - che gli italiani pagano per gli aumenti dei prezzi sui mercati internazionali. Intendiamoci: la responsabilità dei «colossali profitti» (copyright Mario Draghi) non è dei maligni gnomi della finanza, ma soprattutto della guerra stessa.

mario draghi a bruxelles.

 

Per averne la controprova, basta guardare la quotazione del metano «spot» alla Borsa di Amsterdam. Sempre ieri un megawattora di gas costava circa cento euro. Il 27 maggio di due anni fa, alla fine del primo inverno di pandemia, ne valeva appena 3,5. Il 7 marzo, due settimane dall'inizio della guerra, ha toccato i 320, quasi cento volte tanto.

 

A Morgan Stanley, Goldman Sachs o in qualunque grande banca d'affari nessuno avrebbe scommesso su uno scenario simile. Per capire cosa sia accaduto occorre tornare ad Amsterdam. I primi due picchi dei prezzi sono il 27 settembre e il 13 dicembre. Il primo balzo raggiunge i 93 euro, il secondo 136. In quei giorni gli esperti registrano un calo delle forniture da parte russa di circa un terzo.

gasdotto yamal

 

Ad eccezione degli ingegneri di Gazprom e degli altri grandi monopolisti, non è semplice stabilire con certezza l'entità dei deflussi. Il 21 dicembre però accade un fatto che conferma i sospetti: dal gasdotto Yamal, che trasporta il metano dalla Russia lungo la Polonia in Germania, il gas cambia direzione. Invece di viaggiare verso ovest, riprende la via verso est: il calo delle forniture spinge Varsavia a chiedere aiuto a Berlino.

 

gazprom

Da quel momento il prezzo del gas non farà che salire, eppure mancano ancora due mesi dall'inizio della guerra. Perché? Ebbene, la risposta è che nessuno credeva sarebbe davvero scoppiata. I compratori di contratti «futures» erano convinti che il prezzo fosse già fin troppo alto.

 

Quando comprendono lo scenario, le scommesse al ribasso si tramutano in scommesse al rialzo che alimentano nuovi aumenti. Il grosso dei derivati e dei futures però non viene scambiato ad Amsterdam, bensì all'Intercontinental exchange di Londra, fuori dalla giurisdizione delle autorità europee.

gasdotto south stream

 

A differenza di noi poveri consumatori, per gli acquirenti di gas l'aumento dei prezzi è stato un problema limitato. Molti di loro - da Eni ad Enel fino alle più piccole municipalizzate - sono protetti da contratti a lungo termine che garantiscono forniture a prezzo fisso. Sono più o meno le regole che governano i mutui: l'affare è quando accetti di pagare una cifra fissa nei momenti favorevoli. Il paradosso è che nel frattempo i flussi di gas russo sono tornati regolari, mentre il prezzo sui mercati è il doppio di un anno fa.

 

vladimir putin

Quando Mario Draghi decide di introdurre una sovratassa sui profitti, chiede all'Agenzia delle Dogane una stima dei costi del gas al confine: sessanta centesimi al metro cubo, un terzo del mercato. La tassa sta colpendo in maniera indiscriminata, perché alcuni contratti sono in parte a prezzo fisso, in parte legati al mercato. Una cosa è certa: il grosso dei margini non stanno andando ai giganti russi, ma ai trader e semmai ad altri grandi produttori.

gasdotto

 

Dice Davide Tabarelli di Nomisma Energia: «Per quanto risulta a noi, la Russia vende sul mercato spot un decimo del suo gas, la Norvegia la metà». È l'esempio citato da Draghi a Bruxelles dopo lo scontro con Olanda e Germania sul tetto ai prezzi: grazie agli aumenti hanno avuto in pochi mesi profitti per 150 miliardi di dollari.

davide tabarelli

 

A cascata, quei profitti hanno riempito le tasche dei distributori di gas tedeschi, olandesi, svedesi e austriaci. Il lettore ora si chiederà: come mai nei giorni più drammatici della guerra il prezzo del gas è stabilizzato alla metà dei primi giorni di conflitto?

 

Lo si deve a due fattori opposti. Il primo, che spinge al rialzo: Mosca potrebbe chiudere i rubinetti, riducendo l'offerta alla voracissima Unione europea. La determinazione dei leader europei a ridurre la dipendenza ha convinto gli analisti a valutare un secondo scenario, che spinge ai prezzi al ribasso: che accadrebbe se nessuno volesse più il gas russo?

 

Ebbene, in alcune cancellerie europee circolano stime per le quali la Russia sarebbe in grado di stoccare metano per sei settimane, al massimo due mesi. Dopo di allora non saprebbe più dove metterlo e dovrebbe iniziare a chiudere i giacimenti. O, in alternativa, a venderlo sottocosto in Cina.

gasdotto transmed