NON PRENDIAMOCI PER IL RUBLO – OGGI È CONVOCATA UNA RIUNIONE STRAORDINARIA DELLA BANCA DI RUSSIA, PER CERCARE DI FRENARE LA CADUTA VERTIGINOSA DEL RUBLO – PREVISTO UN NUOVO AUMENTO DEI TASSI D’INTERESSE, GIÀ ALL’8,5%, E UNA RESTRIZIONE ULTERIORE DELLA LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE DEI CAPITALI – ORMAI LA SPESA MILITARE RAPPRESENTA PIÙ DI UN TERZO DELL’INTERO BILANCIO PUBBLICO RUSSO. E SUSSIDI E PETROLIO NON COPRONO PIU’ L'IMPATTO DELLE SANZIONI – I RISCHI PER PUTIN DEL CRESCENTE MALCONTENTO POPOLARE PER L'AUMENTO DEI TASSI
-Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
I rappresentanti del governo russo e vari osservatori occidentali sostengono da mesi che le sanzioni contro Mosca non funzionano. Il Fondo monetario internazionale di recente ha alzato le sue previsioni di crescita per il Paese nel 2023 all’1,5%, più di Germania, Francia, Germania e Regno Unito. La ripresa dell’industria pesante, innegabile, sembra confermare che l’infrastruttura economica e finanziaria sotto il controllo del Cremlino ha assorbito l’impatto delle misure occidentali ed è destinata a tenere nel tempo.
Sotto la superficie però la realtà è diversa e a volte diventa impossibile nasconderla dietro i sussidi e le commesse all’apparato militare-industriale, finanziate con deficit pubblici crescenti. Lo si vede in queste ore: oggi è convocata una riunione di vertice straordinaria della Banca di Russia, per cercare di frenare la caduta del rublo che prosegue da mesi, ma ora sta accelerando.
Nelle ultime ore il tasso di cambio si è indebolito a più di cento rubli per un dollaro – prima di riprendersi lievemente – registrando di fatto quasi un dimezzamento nell’ultimo anno. […]
Sembra probabile che oggi Elvira Nabiullina, la presidente della Banca centrale russa, vari due misure per stendere una rete sotto al rublo: alzerà i tassi, già all’8,5%; quindi potrebbe cercare di restringere ulteriormente la libertà di circolazione dei capitali attraverso le frontiere del Paese. Ma le misure di emergenza non basteranno a mascherare i problemi sul piano politico, né quelli strutturali di un’economia sempre più votata solo ad alimentare lo sforzo di guerra.
In termini politici Nabiullina è sempre più spesso attaccata dai nazionalisti russi e nelle ultime ore è stata oggetto di critiche indirette anche da parte di Maxim Oreshkin, il consigliere economico di Vladimir Putin. La leader della Banca centrale non ha mai appoggiato la guerra, pur restando al servizio del regime, quindi sta diventando un facile capro espiatorio di tutti i problemi.
[...] la spesa militare ormai rappresenta più di un terzo dell’intero bilancio pubblico russo, in un’economia sempre più dipendente dallo sforzo di guerra. Già l’anno scorso era cresciuta di quasi il 10% rispetto al 2021, ma quest’anno ha registrato già solo nel primo semestre un livello di spesa non molto inferiore a quello di tutto il 2022. Tutto è finanziato in deficit, con un disavanzo atteso al 3,7% del Prodotto lordo quest’anno: non abnorme per un’economia, ma alto per la Russia che ha perso accesso ai mercati finanziari occidentali e deve obbligare le banche del Paese a comprare debito pubblico.
Quest’economia di guerra è resa più fragile da altri fattori. Il petrolio costa meno di un anno fa e intanto il Paese, sotto sanzioni, è costretto a importare sempre più spesso macchinari complessi per funzionare. Il risultato è un attivo commerciale sull’estero vicino ai minimi. In più gli imprenditori russi hanno perso fiducia nel loro Paese e tendono a non convertire in rubli né a riportare in patria i proventi dell’export.
Le sanzioni non hanno portato al collasso il sistema di potere di Putin, come sembrava possibile all’inizio della guerra. Ma, mese dopo mese, contribuiscono a mettere l’economia russa su un piano inclinato.
2 – CROLLA IL RUBLO, LA BANCA CENTRALE CONVOCA RIUNIONE D’EMERGENZA
Estratto dell’articolo di Roberto Bongiorni per “il Sole 24 Ore”
Non si può dire sia stato un evento imprevedibile. Sin dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022), la parabola del rublo era per così dire segnata, quasi fosse la “cronaca di un crollo annunciato”. Vedere la valuta russa sfondare quota 100 con il dollaro americano (ieri durante gli scambi si è arrivati 101 rubli per dollaro) rappresenta comunque il superamento di una soglia simbolica. Si tratta del minino da 17 mesi.
[…]
Le guerre costano. Molto. Ancora di più per chi, come la Russia, ha lanciato un’aggressione contro uno Stato sovrano, sobbarcandosi enormi spese militari e si è trovato contro una grande coalizione di Paesi occidentali decisi a sostenere l’Ucraina: militarmente, politicamente e finanziariamente. Un blocco che ha decretato sanzioni durissime contro la Russia.
[…] Possibile che venga preso in considerazione un aumento dei tassi di interesse. Un cambio di strategia. Dopo l’inizio della guerra, in meno di un anno la Banca Centrale aveva tagliato il suo tasso dal 20% al 7,5% contribuendo alla svalutazione del rublo (lo scorso luglio è stato varato un aumento di 100 punti all’8,5%).
Ogni rialzo dei tassi rischia però di creare malcontento popolare. Le casse del Cremlino non godono di buona salute. Perché se in principio i prezzi straordinariamente alti del metano hanno più che compensato il calo del volumi dell’export, la successiva discesa dei prezzi energetici e l’efficiente operazione europea per non dipendere più dall’import di energia russa (oltre al tetto ai prezzi del greggio russo) si sono fatte sentire sui conti pubblici. Mosca ha sempre confidato sull’export di energia come canale per finanziare la sua costosissima guerra.
Ma i numeri sono implacabili. Nei primi sette mesi del 2023 i ricavi energetici sono caduti del 40% rispetto allo stesso periodo del 2022. E sempre nei primi mesi sette mesi del 2023 il surplus delle partite correnti – sostanzialmente il divario tra export ed import – si è ridotto dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2022. Il rublo, ha scritto il Financial Times, citando un economista russo, «tende a essere stabile quando il surplus delle partite correnti è vicino ai 5 miliardi di dollari o più». A luglio è sceso a 1,8 miliardi.
Mosca continua a ribadire che la sua economia è solida e che le sanzioni hanno danneggiato di più chi le ha comminate. Per quest’anno prevede un aumento del Pil superiore al 4 per cento. Ma non pare trattarsi di una crescita sana. L’economia interna è stata sostenuta dalla spesa pubblica per la Difesa e da misure come i risarcimenti alle famiglie dei soldati morti in Ucraina. L’impennata della spesa ha provocato un aumento del 20% delle importazioni annuali nella prima metà dell’anno. Spese che hanno aumentato il deficit di bilancio, deprimendo la valuta.
Una dei fattori capaci di portare alla fine della guerra potrebbe essere proprio la mancanza di fondi per combatterla (nel caso della Russia) o la rabbia dei contribuenti europei e americani nel vedere ingenti risorse dirottate in un conflitto impantanato. […]