OBBLIGATI A STARE IN CASA, GLI ITALIANI MANGIANO DI PIÙ MA L’AGRICOLTURA ITALIANA RISCHIA IL COLLASSO - PRANDINI (COLDIRETTI): “GLI AUTOTRASPORTATORI IN GRANDISSIMA MAGGIORANZA DI PAESI DELL’EST EUROPEO NON VOGLIONO VENIRE IN ITALIA PERCHÉ QUANDO RIENTRANO NEL LORO PAESE LI OBBLIGANO ALLA QUARANTENA” – ‘’L’ALTRO È LA MANODOPERA STAGIONALE, 370.000 PERSONE IN PARTICOLARE POLACCHI, ROMENI, BULGARI E ALBANESI, OSTACOLATI DALLE LORO AUTORITÀ NAZIONALI A TRASFERIRSI IN ITALIA” - VIDEO
-Agricoltura allarme rosso
Franco Velcich https://it.businessinsider.com
Obbligati a stare in casa, gli italiani mangiano di più, tanto è vero che i primi dati relativi a questi giorni di clausura forzata dicono che la domanda di prodotti alimentari consumati fra le mura domestiche ha più che compensato gli effetti negativi causati dalla chiusura di bar e ristoranti.
Il dato viene dalla Coldiretti, ma non basta per cancellare le preoccupazioni degli imprenditori agricoli. Ettore Prandini, 47 anni, imprenditore agricolo bresciano, è il presidente della Coldiretti, la principale organizzazione degli agricoltori con un milione e mezzo di associati. Con il coronavirus, dice Prandini, l’agricoltura italiana rischia grosso, perché l’epidemia ha reso drammaticamente stringenti due cappi che non da oggi minacciano il settore, ma che adesso potrebbero soffocarlo.
“Le difficoltà maggiori riguardano i trasporti e la manodopera stagionale”, dice Prandini in questa intervista a Business Insider Italia. “Le nostre aziende rischiano di avere carenza di personale stagionale nei campi, proprio adesso che nell’ortofrutta sta iniziando la stagione della raccolta, penso ad esempio alle fragole. E anche nel settore viti-vinicolo ci sono lavori da fare adesso, come la legatura, e rischiamo di non avere gli uomini per farli”.
Scusi, ma che c’entra il coronavirus? In campagna potete lavorare ben distanti l’uno dall’altro, dal punto di vista del rischio di contagio siete sicuramente meno esposti rispetto ai lavoratori dell’industria…
“Certo, questo è vero. Ma da un bel po’ di anni per i lavori stagionali la nostra agricoltura si avvale di un gran numero di lavoratori stranieri, in particolare polacchi, romeni, bulgari e albanesi. Oggi questi lavoratori sono ostacolati dalle loro autorità nazionali a trasferirsi in Italia per paura del contagio e molti di quelli che erano qui sono scappati”.
Di quante persone stiamo parlando?
“Secondo i nostri dati, la manodopera stagionale straniera rappresenta il 27% del totale delle giornate lavorate in campagna, che in termini assoluti vuole dire 370.000 persone”.
Scusi, ma l’obiezione è abbastanza ovvia: perché non fate lavorare persone italiane?
“Saremmo felicissimi di fare lavorare italiani, ma ci servono gli strumenti giuridici adeguati per un’attività che per sua natura è estremamente saltuaria. A volte un’azienda ha bisogno di una persona soltanto per una o due giornate. Per questo abbiamo chiesto al governo di ripristinare i voucher in agricoltura”.
I voucher per le aziende agricole furono introdotti nel 2015 dal governo Renzi e successivamente cancellati nel 2017 dal governo Gentiloni, sotto la forte pressione dei sindacati e in particolare della Cgil, che aveva raccolto un milione e mezzo di firme per un referendum abrogativo. Per la Cgil il sistema dei voucher era una sorta di legalizzazione del lavoro nero, perché non prevedeva diritti fondamentali per i lavoratori come le ferie, la malattia e la maternità. Da parte sua Prandini nega che il problema sia economico.
“A noi imprenditori il voucher costava 10 euro l’ora, che è più o meno quanto ci costa adesso un operaio di altri Paesi europei che viene qui a lavorare attraverso il sistema delle cooperative. Non è un tema di costo, ma di flessibilità dovuta alle caratteristiche delle lavorazioni. Stiamo chiedendo al governo di ridarci questo strumento che ci sarebbe utile per affrontare l’emergenza”.
Diceva che l’altra grande difficoltà è quella dei trasporti. Si riferisce alle richieste di alcuni importatori stranieri di avere una certificazione “coronavirus-free” per le merci italiane?
“Quello è stato un fatto grave, perché le richieste sono venute da imprese dell’Unione europea, ma fortunatamente il problema è stato superato velocemente grazie anche al pronto intervento del governo italiano che ha attivato la rete degli ambasciatori per chiarire che le merci, e in particolare i prodotti alimentari, non rappresentano nessun pericolo di contagio. Non può essere chiesta, perché non esiste, nessuna certificazione di quel tipo”.
Quindi, qual è il problema dei trasporti?
“Il nodo è quello degli autotrasportatori che sono in grandissima maggioranza di Paesi dell’Est europeo e non vogliono venire in Italia perché quando rientrano nel loro Paese li obbligano alla quarantena. Sta diventando un problema grave per l’esportazione di prodotti freschi, ortofrutta e fiori”.
E quindi come fate?
“Per fortuna abbiamo trovato un buon ascolto nelle aziende grande distribuzione, che hanno accolto la nostra proposta di privilegiare l’acquisto di merci italiane. In linea generale, poi, chiediamo al governo di intervenire a livello europeo: è assurda questa penalizzazione nel momento in cui è ormai evidente che il virus è in circolazione in tutta Europa”.