UNA REPUBBLICA SFONDATA SUL LAVORO – NON APPENA CADRÀ IL BLOCCO DECISO DAL GOVERNO CI SARÀ UN’ONDATA INARRESTABILE DI LICENZIAMENTI – MENTRE I GRANDI GRUPPI STANNO FACENDO ACCORDI PER LE USCITE VOLONTARIE, PER LE PICCOLE INDUSTRIE DEL NORD SARÀ INEVITABILE LASCIARE A CASA IL PERSONALE O FALLIRE
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Gabriele De Stefani e Claudia Luise per “la Stampa”
Nei grandi gruppi manifatturieri iniziano a moltiplicarsi gli accordi per uscite volontarie dei lavoratori, in linea con le rassicurazioni di Carlo Bonomi, che nell'intervista a La Stampa di ieri allontanava gli scenari più neri. Ma è nella carne viva della larghissima fascia delle piccole industrie del Nord che si rischia la ferita di un'ondata di licenziamenti, non appena cadrà il divieto imposto dal governo per mitigare l'impatto della pandemia.
È qui che lo spauracchio minaccia di concretizzarsi. Ed è proprio da qui che iniziano a filtrare le voci dei tanti imprenditori che non potranno mantenere i livelli occupazioni del mondo di ieri, quello che non aveva ancora conosciuto il Covid. Un sentiment che, unito al crollo del terziario, disegna un quadro molto delicato.
Le uscite nei big
Le trattative per piani di uscite volontarie avviate in molti grandi gruppi vanno nella direzione delle parole di Carlo Bonomi. Accordi di questo genere sono sul tavolo, per esempio, tra Avio, Piaggio e Tenaris, che ha appena proposto un piano di medio termine da 283 esuberi causato dalla riduzione dei carichi di lavoro (le parti si augurano di portarlo a casa con sole uscite volontarie).
Nell'automotive Sfk ha già chiuso un'intesa da 150 incentivi all'esodo in tutta Italia. Più ottimista chi sta beneficiando del rimbalzo che a luglio ha portato a un +7,4% di produzione industriale rispetto a giugno: «Noi esportiamo più del 90% dei nostri volumi, la ripresa c'è e stiamo assumendo - dice Massimo Calearo -. Non ci sarà una debacle, il blocco dei licenziamenti è una questione più politica che reale».
Dello stesso avviso Fabio Ravanelli, vicepresidente del gruppo novarese Mirato specializzato in prodotti per l'igiene personale: «Sarò ingenuo, ma credo che se un lavoratore porta valore aggiunto all'azienda, l'ultima cosa che un imprenditore vorrà fare è licenziarlo. Non mi aspetto grandi stravolgimenti quando verrà meno il divieto di licenziamento, ma che gli imprenditori riescano a mantenere un livello di occupazione accettabile. Il tema vero è la necessità di investimenti strutturali che possano assicurare competitività».
La paura per i piccoli
«Sono tantissimi i colleghi di tutto il Nord in grande difficoltà e che saranno costretti a lasciare a casa personale. Per uscirne sarebbe ora di parlare di assunzioni, cioè di produttività e rilancio, ma non mi pare che il governo lo stia facendo» allarga le braccia Giordano Riello, sostenitore dello stop al blocco dei licenziamenti «che droga il mercato».
«Il rischio è alto, non per aziende come la mia che vende in mercati esteri dove le cose vanno bene - spiega Marco Marangoni, 150 dipendenti nel Veronese con la sua Madas che produce valvole per l'impiantistica per il gas naturale -. Molte piccole industrie che prima del Covid tolleravano qualche sacca di inefficienza ora non possono più permetterselo».
Al di là delle crisi più pesanti - come la Semantic che vuole portare il 70% delle linee di produzione di ascensori dal Bergamasco all'Ungheria - è la generale riduzione dei volumi a spaventare, perché si viaggia su cali a due cifre.
La preoccupazione dei sindacati naturalmente è alta: il pericolo è il salto diretto dalla cassa integrazione Covid ai tagli, o peggio, ai fallimenti con annessa Naspi. «Tutte queste richieste di accordo per uscite volontarie sono una fase embrionale molto allarmante - denuncia Ferdinando Uliano, segretario nazionale Fim Cisl -. Temiamo un'ondata di licenziamenti e per questo nei contratti di categoria stiamo chiedendo piani sociali per mettere in sicurezza i lavoratori».
Una richiesta, quella di sostenere gli ammortizzatori, che trova sponde anche nel mondo dell'impresa: «Se non ci fosse la cassa integrazione il blocco dei licenziamenti sarebbe del tutto illegittimo - aggiunge Aldino Ballazzini, presidente di Sparco -. Ma l'importante è che ci sia un ammortizzatore».