LA RICREAZIONE DA COVID È FINITA - LE RACCOMANDAZIONI DI PRIMAVERA DELL’UE: A PAROLE LA COMMISSIONE CONFERMA LA SOSPENSIONE DEL PATTO DI STABILITÀ FINO AL 2023, MA NEI FATTI INVITA L’ITALIA A LIMITARE LA SPESA CORRENTE E MANTENERE UNA POLITICA DI BILANCIO “PRUDENTE” – I PAESI CON TROPPO DEBITO DOVRANNO COMINCIARE A DIFFERENZIARE LE POLITICHE FISCALI E TAGLIARE LA SPESA CORRENTE. TRADOTTO: IL BUDGET DESTINATO AL PNRR NON SI TOCCA, SUL RESTO L' INVITO CALOROSO È A USARE L' ACCETTA…
-Claudio Antonelli per "la Verità"
Non c' era giorno migliore della festa della Repubblica per ricordare all' Italia che l' Europa non è cambiata. Finita la pandemia si torna al vocabolario di sempre, alle linee economiche che hanno contraddistinto un decennio a impronta sovietica e, soprattutto, si torna all' austerity. Valdis Dombrovskis, il vice presidente lettone, ha suonato la campanella. Un chiaro segnale che la «ricreazione da Covid» è finita.
Ieri l' Ue ha infatti pubblicato le raccomandazioni di primavera. Un termine romantico per indorare la pillola e sancire la fine della politica espansiva, nei fatti a partire già dal prossimo anno. La Commissione europea ha a parole confermato la sospensione del Patto di stabilità fino al 2023, ma ha sollecitato «gli Stati membri a mantenere politiche di sostegno all' economia nel 2021 e 2022 ed evitare un prematuro ritiro degli stimoli approntati durante la crisi innescata» dalla pandemia di Covid.
L' Italia, assieme a Cipro e alla Grecia, resta fra i Paesi «con squilibri macroeconomici eccessivi». Le vulnerabilità sono «legate all' alto debito e a una protratta dinamica di bassa produttività, che assieme alla bassa occupazione, rallentano la crescita potenziale nel medio periodo». Insomma, i mesi di lockdown non sono serviti nemmeno a Bruxelles. Non hanno dimostrato che le politiche attuate in precedenza non sono mai state all' altezza.
Non sono mai state pensate per affrontare le crisi o qualunque evento non previsto dalla letteratura di Bruxelles. L' approccio della stessa Ue alla pandemia è stato fallimentare e ha portato il continente a scivolare in fondo alla classifica economica. L' ultimo nella corsa ai vaccini. L' ultimo nella corsa al rilancio. E l' ultimo nella capacità di comprensione delle dinamiche future: dall' inflazione alla protezione della filiera protettiva.
Così, nel documento iper burocratizzato la Commissione ha inserito tre raccomandazioni per il nostro Paese: utilizzare i fondi del Recovery per finanziare interventi aggiuntivi di stimolo per la ripresa; limitare la spesa corrente e mantenere una politica di bilancio prudente che assicuri sostenibilità nel medio termine; accelerare gli investimenti per rafforzare il potenziale di crescita.
Eppure stanno arrivando tempi duri. Il Vecchio continente è sempre più schiacciato tra Cina e Usa, la globalizzazione è su un binario morto.
Avremmo sperato in un cambio di paradigma. Un nuovo modello di gestione, magari la capacità di avviare una battaglia per la sovranità, va bene anche quella della bandiera azzurra. Ma almeno un guanto di sfida alle superpotenze emergenti e un nuovo legame con l' America.
Invece la solita solfa che ieri ha, inutile dirlo, sintetizzato perfettamente Paolo Gentiloni, il quale si è rivolto a Roma come se mai fosse stato premier. Ha spiegato che i Paesi con troppo debito come l' Italia dovranno cominciare a differenziare le politiche fiscali. Da un lato, la spesa per le infrastrutture. E il riferimento è esclusivamente ai progetti contenuti nel Recovery plan.
Dall' altro, i tagli alla spesa corrente. Un modo gentile per spiegare al nostro Paese che già dalla prossima manovra andrà impostato un piano di rientro dei circa 800 miliardi che ogni anno il Paese va a destinare ai servizi, al welfare, alle pensioni e ai dipendenti pubblici. Tradotto in maniera ancora più semplice.
Il budget destinato al Pnrr (nella speranza che i progetti vengano approvati) non si tocca, sul resto l' invito caloroso è a usare l' accetta. Pensioni, stipendi della Pa e prestazioni pubbliche sono di fatto già circondate da un cerchio rosso. A chi toccherà far partire i proiettili?
Domanda retorica fino a un certo punto. Toccherà infatti a Mario Draghi prendere scelte forti. O fare il Mario Monti oppure dare seguito al suo discorso di fiducia all' Aula. Non solo la messa a terra del Pnrr (l' unica cosa che interessa all' Ue), ma anche l' avvio di una vera riforma fiscale e di nuove leggi che attirino gli investimenti.
Senza fabbriche o aziende non ci sono politiche attive che tengano. Tali riforme non si possono fare se nel frattempo si taglia con l' accetta il welfare e si impoverisce ancor di più l' economia dei consumi interni. Una sfida frontale con Bruxelles ma soprattutto con Berlino. Ieri il presidente del Bundestag, Wolfgang Schäuble, l' uomo che ha dettato la linea sui vaccini, è intervenuto sulle colonne del Ft.
«Da ministro delle Finanze ero celebre per la frugalità, ma il mio obiettivo è sempre stato quello della sostenibilità», ha scritto per introdurre di nuovo il principio del moral hazard e l' idea di rafforzare l' unione monetaria e fiscale. «Ne ho discusso più volte con Draghi», ha aggiunto, «e lui era d' accordo. Mi auguro porti questi principi a Palazzo Chigi. Altrimenti ci vorrà una autorità Ue che forzi l' applicazione delle regole». Un messaggio pesantissimo che apre una frattura insanabile. A dicembre quando la legge finanziaria dovrà già fare i conti dei prossimi tre anni vedremo le scintille.