L’ITALIA È TORNATA LA PECORA NERA D’EUROPA – IL CONFRONTO TRA I DOCUMENTI PROGRAMMATICI DI BILANCIO DEI PAESI DELL’UE È IMPIETOSO PER IL GOVERNO MELONI: IL PIL NEL 2023 CRESCERÀ SOLO DELL’1,2%, IL DATO PIÙ BASSO DI TUTTO IL CONTINENTE. E LA STIMA VIENE CONSIDERATA DA MOLTI ANALISTI FIN TROPPO OTTIMISTA – POI C’È LA QUESTIONE DEFICIT: COME HA SCRITTO “LE MONDE”: “PRESENTANDO UN BILANCIO COSÌ, IL GOVERNO MELONI RINUNCIA A RIDURRE IL DEBITO…” – SOLO LA GUERRA IN MEDIO ORIENTE SALVERÀ LA DUCETTA DALLA SCURE DELLE AGENZIE DI RATING
-Estratto dell’articolo di Gianni Trovati per “il Sole 24 Ore”
Per il prossimo anno l’Italia mette in programma la crescita più bassa dell’Eurozona, e la spesa per interessi di gran lunga maggiore dell’area. Nel mancato rispetto del Trattato che chiede di mantenere il deficit sotto al 3% del Pil il nostro Paese sarà in compagnia di altri sei Stati, e di altri sette nell’assenza di una significativa discesa del peso del debito sul prodotto.
Il confronto fra i Documenti programmatici di bilancio inviati in questi giorni alla Commissione europea […] mostra bene quanto sia complicato il ritorno in campo delle regole fiscali comunitarie, soprattutto nell’impostazione più rigida spinta dalla Germania e dai suoi alleati del Nord Europa; ma è efficace anche nell’indicare quanto pesi per l’Italia il fatto di arrivare a questa ennesima giravolta congiunturale con i conti pubblici gravati da un maxidebito, mentre gli stenti dell’economia reale rischiano di durare più che altrove.
Proprio questo è il primo fattore a emergere nella rassegna dei Dpb riassunta nel grafico in pagina. […]. I calcoli riprodotti nei programmi ufficiali di finanza pubblica fotografano però le attese del momento, validate dagli Uffici parlamentari di bilancio introdotti in ogni Paese dalle regole Ue, e soprattutto misurano gli spazi fiscali che i Governi possono utilizzare per provare a contrastare i colpi della congiuntura.
In quest’ottica l’obiettivo di crescita 2024 fissato da Roma all’1,2% sta accendendo un dibattito serrato fra gli osservatori, perché appare più ottimista rispetto alle stime domestiche e internazionali. Che si stanno peraltro aggiornando rapidamente al ribasso dopo lo scoppio della crisi nata dall’attacco di Hamas a Israele.
Ma nel confronto continentale la prospettiva disegnata dal Governo italiano si rivela la più modesta dell’Eurozona, dove solo la Finlandia prevede una crescita analoga a quella italiana (+1,2%) mentre tutti gli altri Paesi puntano a un ritmo più vivace. La Francia mette in programma un +1,4%, la Germania un +1,6% mentre in Spagna si arriva al +2 per cento.
Non si tratta di un problema di ottimismo o di autostima nazionale. La questione è più complessa, e ha a che fare con le debolezze strutturali dell’economia italiana e con gli scarsi strumenti che la finanza pubblica ha oggi a disposizione per rimediare.
Può stupire il confronto con la Germania, che dopo la crescita zero di quest’anno prevede un balzo al +1,6% l’anno prossimo. L’orizzonte tedesco è ovviamente dominato dallo stesso grado di incertezza che circonda le previsioni degli altri. Ma è invece certo che Berlino quest’anno ha potuto distribuire aiuti di Stato per 208 miliardi […]: somma superiore del 9% rispetto ai 191,5 miliardi del Pnrr che l’Italia sta faticando parecchio a spendere nell’arco di sei anni, e più che doppia rispetto a un Superbonus che ora ipoteca le prospettive del debito da qui al 2026 compreso a botte di oltre 20 miliardi all’anno.
I margini fiscali, insomma, non sembrano un fattore secondario nel costruire le possibilità di ripresa. Nonostante queste cifre ciclopiche, del resto la Germania mette in programma un ritorno del deficit al 2%, dopo il 2,5% registrato quest’anno proprio per il rientro sopra la linea di tutti gli aiuti di Stato come chiesto dalla Corte dei conti, una discesa del debito al 64,7% e una spesa per interessi che non supera l’1% del Pil.
Da noi invece il costo degli interessi volerà al 4,2% del Pil, prima di salire di un altro decimale nel 205 e arrivare al 4,6% (103,6 miliardi) nel 2026. È un livello assolutamente inedito da quando esiste l’euro (il costo degli interessi è sotto i 100 miliardi annui dal 1996), e lontanissimo da quello che si incontra in qualsiasi altro Paese europeo: compresa la Grecia, dove gli interessi scenderanno nel 2024 al 3,2%. Anche perché ad Atene il debito/Pil calerà di un altro 7,1%, in una corsa che presto lascerà a noi anche il primato continentale del passivo. […]