TE LO DO IO IL SOGNO AMERICANO - LA CRESCITA DEGLI ISTITUTI PRIVATI STA ALIMENTANDO LE DISEGUAGLIANZE NEL SISTEMA UNIVERSITARIO DEGLI STATI UNITI - GABANELLI: "NEI PRIMI 38 COLLEGE GLI STUDENTI CHE APPARTENGONO ALL’1% PIÙ RICCO DELLA POPOLAZIONE SONO PIÙ NUMEROSI DI QUELLI CHE SI COLLOCANO NEL 60% PIÙ POVERO" - C'È PURE LA "LEGACY ADMISSION", CIOÈ LA POSSIBILITÀ DI ESSERE AMMESSI IN UN ATENEO PERCHÉ L’HA FREQUENTATO IN PASSATO UN GENITORE: CON I SUOI BASSI VOTI BUSH JR. NON SAREBBE MAI ENTRATO... - VIDEO
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Il rapporto Oxfam del gennaio 2020 fotografa il livello di diseguaglianza nel mondo: un piccolissimo numero di miliardari, per l’esattezza 2.153, possiede la stessa ricchezza di 4,6 miliardi di persone tutte insieme.
Poi è arrivata la pandemia e la sofferenza ha accomunato tutti gli abitanti della Terra: milioni di famiglie sono diventate ancora più povere, mentre un pugno di uomini è diventato ancora più ricco, continuando a sottrarre agli altri la possibilità di prosperare.
Nel 2021 per la prima volta si potrebbe registrare un aumento della diseguaglianza contemporaneamente in tutti i Paesi. Questo in prospettiva potrà solo incrementare tensioni e conflitti sociali.
Come si inverte una rotta che sta diventando sempre più insostenibile? Il progresso della civiltà, sappiamo bene, passa prima di tutto dall’istruzione. Allora proviamo intanto a capire come funziona il modello di istruzione che crea le piccole «élite» mondiali.
Il sistema americano e le sue contraddizioni
L’istruzione è il primo tassello da riformare per garantire pari condizioni ai blocchi di partenza. Il sistema universitario americano è da sempre considerato il modello di riferimento, quello che sforna buona parte delle classi dirigenti internazionali.
Nei campus hanno studiato capi di Stato, politici, top manager e premi Nobel. Da lì è partita la rivoluzione tecnologica che ha dato a giovani talenti l’opportunità di trasformare idee in progetti che hanno cambiato il mondo.
Dal 1988 al 2018 le rette delle università pubbliche sono passate da una media annuale di 3.190 dollari a 9.970 dollari. Le private, invece, sono cresciute da 15.160 a 34.740 dollari, a fronte di un aumento del reddito pro capite mediano di circa il 20%.
L’élite della Ivy League
Poi ci sono gli atenei della Ivy League, ovvero le otto più prestigiose ed elitarie università private degli Stati Uniti. Tra queste nell’anno accademico 2020-21 la retta più «economica» si paga a Harvard (49.653 dollari), mentre la più cara è quella della Columbia University (61.671 dollari).
Ma se si calcolano le altre spese (tasse, vitto e alloggio) per studiare a Harvard bisogna sborsare 76.479 dollari, mentre per la Columbia University si arriva a 80.339 dollari. I criteri per essere ammessi sono voti alti alle superiori e punteggi eccellenti ai test di ingresso.
Per assicurarsi l’accesso a queste università elitarie che permettono di costruire relazioni con la futura classe dirigente, i genitori ricchi iscrivono i figli sin da bambini in scuole private d’eccellenza che aprono la strada verso i college della Ivy League. Naturalmente ci sono anche le borse di studio e aiuti finanziari per i meritevoli meno abbienti e le minoranze, ma tra gli iscritti questi restano numeri marginali.
Università feudo di rampolli milionari
Secondo un’inchiesta del New York Times nei primi 38 college degli Stati Uniti gli studenti che appartengono all’1% più ricco della popolazione sono più numerosi di quelli che si collocano nel 60% più povero: ben 4 studenti su 10 appartenenti allo 0,1% degli americani frequentano un ateneo della Ivy League o un’università d’élite, istituti che ogni anno si trovano in cima alle classifiche mondiali.
Al contrario, meno della metà dell’1% degli studenti provenienti dalla fascia più povera della popolazione frequenta un college d’élite; gli altri non frequentano alcun ateneo. L’economista Branko Milanovic nel libro «Capitalismo contro Capitalismo» spiega: «La possibilità di frequentare le università migliori è per i ragazzi nati in famiglie molto ricche 60 volte superiore a quella dei nati non solo nelle famiglie povere, ma anche in quelle del ceto medio».
Ammissione all’università d’élite per via ereditaria
Un altro fattore che aumenta le diseguaglianze è la «legacy admission», ovvero la possibilità di essere ammessi in un’università d’élite perché l’ha frequentata in passato un genitore.
Con i suoi bassi voti Bush Jr. non sarebbe mai entrato. I figli di ex studenti rappresentano dal 10 al 25% degli iscritti alle prime 100 università americane. Secondo uno studio del Wall Street Journal, il 56% delle prime 250 università consente le ammissioni ereditarie, e in un college d’élite come Harvard i figli degli ex studenti hanno sei volte più probabilità di essere ammessi rispetto ai richiedenti ordinari.
La Johns Hopkins University va in controtendenza e dal 2020 ha abolito le ammissioni ereditarie, che restano una prassi consolidata nel Paese perché tengono i milionari legati alle università e soprattutto li spingono ad aumentare le donazioni filantropiche.
Stipendi molto più alti
Frequentare un’università d’élite non solo permette di costruire reti di relazioni, ma assicura mediamente uno stipendio molto più alto: «Dieci anni dopo l’inizio dell’università - scrive Milanovic - il decile superiore dei lavoratori laureati di tutti gli atenei aveva uno stipendio medio di 68 mila dollari, mentre per chi proveniva dalle prime dieci università americane la retribuzione media era di 220 mila dollari».
Anche per questo le famiglie ricche fanno qualunque cosa per ottenere l’ammissione dei loro figli. A marzo 2019 la procura di Boston ha aperto un’inchiesta che ha coinvolto attrici di Hollywood, imprenditori milionari e top manager, accusati di aver pagato tangenti per garantire ai figli l’accesso a Yale, Georgetown, Stanford e University of Southern California (USC).
Il giro d’affari, valutato 25 milioni di dollari, è stato ideato dall’imprenditore William Rick Singer che con la sua società di consulenza «College & Career Network» sarebbe riuscito a truccare le graduatorie di ammissione di numerose università corrompendo coach e spacciando falsi attestati.
Gli atenei pubblici sempre più giù in classifica
Le università esclusive fanno terra bruciata: offrendo stipendi molto alti, attraggono i docenti migliori e sottraggono i professori più preparati alle università pubbliche, che di anno in anno perdono posizioni nelle classifiche nazionali.
Nella più recente lista stilata da Forbes sulle università migliori d’America la top ten è dominata da istituti privati. Ai primi posti si posizionano Harvard, Stanford, Yale, Massachusetts Institute of Technology (Mit) e Princeton. Nelle prime 20 posizioni ci sono solo due istituti pubblici, l’University of California-Berkeley (13esima) e l’University of Michigan-Ann Arbor (20esima).
Una tendenza che continua a rafforzarsi e blinda sempre di più la cerchia di coloro che possono accedere alla classe dirigente, e renderà più difficile il ripetersi di casi come quelli di Bill Clinton e Barack Obama: ottimi studenti, diventati presidenti degli Stati Uniti nonostante le umili origini.
I debiti miliardari e il modello che si espande in Europa
Oggi sono 43,2 milioni gli americani che hanno ancora da estinguere debiti universitari per un valore complessivo di 1.710 miliardi di dollari. I prestiti sono lievitati soprattutto negli ultimi 15 anni. Nel 2006 infatti i debiti contratti si fermavano a 480,1 miliardi.
Il 58% dei debiti totali sono detenuti dalle donne, che impiegano in media 2 anni in più per estinguerli. I laureati afroamericani scontano in media un debito di 52 mila dollari a testa, e devono 25 mila euro pro capite in più rispetto ai colleghi bianchi.
Un processo simile a quello americano, anche se in fase iniziale, si sta verificando in Europa con gli atenei privati che acquistano sempre più forza e prestigio
In Francia, ad esempio, uno studio del 2017 dimostrava che solo il 2,7% degli studenti di università d’élite (le «Grandes écoles») aveva genitori appartenenti alla popolazione più povera. Nell’aprile 2021, mantenendo una promessa elettorale, il presidente Emmanuel Macron ha abolito l’Ena, la Scuola nazionale di amministrazione pubblica che nell’ultimo mezzo secolo ha sfornato la metà dei presidenti della Quinta Repubblica (Giscard d’Estaing, Chirac, Hollande, lo stesso Macron), un terzo dei primi ministri e decine di funzionari che hanno ricoperto ruoli chiave nei gabinetti ministeriali.
Una scuola invidiata da tutta Europa, ma diventata il simbolo del classismo francese proprio per i suoi criteri di accesso, riservato a pochissimi privilegiati e non necessariamente i più meritevoli.
La svolta di Joe Biden
Durante la campagna elettorale del 2020 Joe Biden aveva promesso che sarebbe intervenuto radicalmente per cambiare il sistema universitario.
La prima mossa è del 20 gennaio: il giorno in cui ha giurato come 46esimo presidente degli Stati Uniti, ha firmato un ordine esecutivo che congela fino al 30 settembre i pagamenti mensili sui prestiti studenteschi di proprietà del governo.
Ad aprile ha presentato un ambizioso piano da 300 miliardi che prevede tra l’altro l’università gratuita per tutti gli americani che si iscrivono a «community college», istituti che abilitano ad una specializzazione. Il capo di Stato sta ora prendendo in esame la possibilità di cancellare debiti fino a 50 mila dollari per ogni studente . Le misure sarebbero finanziate aumentando il prelievo fiscale ai più ricchi.