TRUMPONE FA TREMARE I COLOSSI HI-TECH – MAURO MASI: “CHE SUCCEDERÀ NELLA RETE ORA CHE THE DONALD È TORNATO ALLA CASA BIANCA? DA UN LATO C'È DA TENER CONTO DELLA PRESENZA DI ELON MUSK (VEDREMO QUANTO DURERÀ). DALL'ALTRO LATO CI SONO I COMPORTAMENTI REALI TENUTI DAL PRESIDENTE NEL SUO PRIMO MANDATO. L'ATTEGGIAMENTO DI TRUMP VERSO GOOGLE, ALPHABET, FACEBOOK E AMAZON È STATO DICOTOMICO E ALTALENANTE: ORA LE BLANDIVA, ORA LE ATTACCAVA…”
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(ANSA) – "Che succederà nella rete ora che Trump è tornato alla Casa Bianca? La risposta non è facile. Da un lato c'è da tener conto della presenza di Elon Musk (vedremo quanto durerà, c'è chi giura che non durerà molto), dall'altro lato ci sono i comportamenti reali tenuti dal presidente nel suo primo mandato. Ebbene l'atteggiamento di Trump verso le grandi imprese dell'high tech digitale (i mitici over the top e in primis le cosiddette Gafa: Google, Alphabet, Facebook e Amazon) è stato dicotomico e altalenante: ora le blandiva, ora le attaccava".
Lo scrive il professor Mauro Masi, delegato italiano alla proprietà intellettuale, su Italia Oggi. "L'allora presidente Usa (irritato per una presunta censura che Twitter aveva fatto a due suoi «cinguettìi») firmò un ordine esecutivo per cui i social media non avrebbero avuto più immunità legale contro eventuali cause per i contenuti delle loro piattaforme.
Quest'ultimo provvedimento poi non diventò concretamente operativo, ma avrebbe avuto delle conseguenze fondamentali per lo sviluppo della rete. Da tempo si sostiene infatti che se si vuole trovare una soluzione alle problematiche nate con l'abuso dei social questa va cercata nel rendere in qualche modo responsabili i gestori delle piattaforme per quello che vi passa attraverso e che viene diffuso e condiviso.
Fino a poco tempo fa il «pensiero dominante» ci ricordava come Facebook, Twitter, YouTube ecc. fossero stati fondamentali nelle Primavere arabe o nella cacciata del presidente ucraino Yanukovich; poi è esploso il fenomeno fake news e si è iniziato a stigmatizzare l'intervento della Russia nelle elezioni presidenziali Usa, quelli del presidente filippino Duterte che racconta a modo suo la guerra ai narcos o dei candidati alle elezioni presidenziali in Kenya, finite per essere annullate.
Gli addetti ai lavori citano poi un illuminante esempio: il 5 novembre 2017 ci fu un massacro in una chiesa del Texas (27 morti e decine di feriti gravi).
Pochi minuti dopo il fatto, YouTube mandò online un video in cui un popolare commentatore della rete affermava di sapere per certo che l'attentatore era un musulmano o un nero (lo stesso commentatore è peraltro un afroamericano) e in pochi minuti raccolse oltre 100.000 condivisioni. Inutile dire che era tutto falso (l'attentatore era un giovane ex militare Usa, cristiano e bianco).
Insomma, l'uso «asocial» dei social media può rappresentare davvero un pericolo per la democrazia (parafrasando il titolo di una famosa inchiesta dell'Economist «Do social media threaten democracy?») e la via ritenuta più efficace per contenere il fenomeno è quella di una qualche responsabilità dei gestori/proprietari delle piattaforme.
Quindi il presidente Trump (sebbene mosso, forse, da motivazioni discutibili) ha comunque centrato, a suo tempo, uno dei temi fondamentali per rendere la rete più «civilizzata e responsabile» (citando la famosa dichiarazione del G8 del 2011 a Deauville in Francia). Quello che accadrà in futuro è difficile ipotizzarlo ora, ma sarà comunque interessante", conclude Masi.