VA IN CUNEO SEMPRE AI SOLITI - IL 57% DEI CONTRIBUENTI ITALIANI VERSA UN’IRPEF DI SOLI 15 MILIARDI, MA NE COSTA 174 IN SALUTE, SCUOLA E ASSISTENZA - DE BORTOLI: “LA PRESSIONE FISCALE NEL NOSTRO PAESE È MOLTO ELEVATA PER CHI FA FINO IN FONDO IL PROPRIO DOVERE CIVICO. LO È ASSAI MENO PER CHI EVADE E DIFFICILMENTE TROVERÀ CONVENIENTE EMERGERE DAL NERO CON UN'ALIQUOTA IRPEF PIÙ FAVOREVOLE. SAREBBE OPPORTUNO CHE CHI HA RICEVUTO UN INDENNIZZO, SE NE RICORDI QUANDO SARÀ TORNATO ALLA NORMALITÀ…”
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Ferruccio De Bortoli per “L’Economia - Corriere della Sera”
La legge delega chiesta dal governo al Parlamento in materia fiscale e assistenziale ha lo scopo principale di ridurre il peso della tassazione sul lavoro e sui redditi medi. E, dunque, colpiva l'opposizione - poi subito rientrata - tanto viscerale quanto poco meditata, della Lega. I principali beneficiari, se mai la riforma si farà, saranno lavoratori, pensionati e piccole imprese.
Ovvero: la base elettorale classica del movimento che Matteo Salvini ha ereditato da Umberto Bossi e Roberto Maroni. Le possibilità che questo Parlamento possa approvarla sono minime. Sono pressoché nulle però se si concretizzerà il disegno - che la Lega stessa caldeggia - di eleggere Mario Draghi al Quirinale e sciogliere le Camere.
All'articolo 8 c'è scritto: «L'attuazione della riforma è modulata con più decreti legislativi da emanare entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, sottoposti al vincolo dell'invarianza dei saldi economici e finanziari netti dei singoli settori istituzionali, tenuto anche conto della riforma del sistema di assistenza sociale».
Non accade tutto nei prossimi mesi, come sembrerebbe seguendo le accese polemiche di questi giorni. La riforma la faranno forse un altro Parlamento e un altro governo. La vicenda del catasto ha poi qualcosa di paradossale e persino di romanzesco. Il governo ha spiegato bene che la revisione degli estimi avrà bisogno di anni. Almeno fino al 2026. E che non vi è alcuna intenzione di rivalutare le rendite catastali a fini fiscali, ma solo di avere una fotografia aggiornata del territorio.
Anche per ragioni assicurative e di prevenzione da rischi sismici e climatici. Tralasciamo il fatto che un'operazione fiscale legata alla revisione del catasto potrebbe avere come esito di far pagare meno i possessori di immobili nelle periferie, dunque non i più ricchi. Dimentichiamocelo. Potremmo dire invece, con una battuta, che è difficile essere sovranisti senza conoscere esattamente la propria terra, il proprio patrimonio edilizio.
E dunque difendere meglio il territorio. Per esempio mettendo in rete i proprietari dei boschi per proteggere le aree verdi - così preziose per catturare le emissioni - da incendi e valorizzarne i prodotti. «Perché nasconderci dietro l'opacità?» ha detto Draghi. Nell'agitare un po' irresponsabilmente il fantasma di una patrimoniale, partiti ed esponenti della maggioranza - Forza Italia oltre alla Lega - mostrano così di non credere né alla parola del premier né a quella di Daniele Franco, ministro dell'Economia nell'esecutivo di cui fanno parte.
Non solo: per ragioni di basso e momentaneo consenso si autoassegnano una poco onorevole patente di scarsa credibilità. Se è in atto una manovra surrettizia di aumento della tassazione sugli immobili, perché mai i cittadini dovrebbero credere e prendere per oro colato nuove promesse e altri impegni, non solo del governo ma anche delle stesse forze politiche?
La verità è che la materia fiscale - così delicata, ostica e politicamente sensibile - è foriera di equivoci e soprattutto prigioniera di un racconto di assoluto comodo. Un grande alibi nazionale. La pressione fiscale nel nostro Paese è molto elevata per chi fa fino in fondo il proprio dovere civico. Insopportabilmente elevata.
Lo è assai meno (per usare un eufemismo) per chi evade il Fisco e difficilmente troverà conveniente emergere dal nero con un'aliquota Irpef più favorevole.
L'ultima Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva - la commissione a lungo presieduta da Enrico Giovannini, poi diventato ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture - valutava per il 2019 un leggero miglioramento della perdita di gettito, del cosiddetto tax gap, comunque intorno ai cento miliardi, grazie soprattutto ai progressi nel recupero (leggi fatturazione elettronica) sugli incassi Iva, imposta che rimaneva comunque evasa per circa un quarto. Il tasso di evasione per lavoro autonomo e impresa (dati del 2018) era al 66,9 per cento. Non c'era il Covid.
E forse sarebbe opportuno che chi ha ricevuto un aiuto, un indennizzo, un sussidio, e soffre una crisi economica speriamo reversibile, se ne ricordi quando sarà tornato alla normalità, visto che è stato - giustamente - sostenuto dalla massa degli altri contribuenti. Quelli per inciso che finanziano il Servizio sanitario nazionale che ha curato e assistito tutti, senza chiedere loro la dichiarazione dei redditi. Il 57 per cento dei contribuenti, secondo l'analisi di Itinerari previdenziali, società presieduta da Alberto Brambilla, versa un'Irpef (dati 2019) pari a soli 15 miliardi, ma costa in salute, a scuola e assistenza ben 174 miliardi.
Non si potrà sempre ricorrere al debito. Né ignorare a lungo questioni di equilibrio nella tassazione fra lavoro e rendita. Il 45,9 per cento dei contribuenti versa solo il 2,62 per cento delle tasse. E solo l'1,13 per cento dichiara di guadagnare più di 100 mila euro l'anno. La filosofia della legge delega sta poi nella possibilità, attraverso la cosiddetta tax compliance , di finanziare con la lotta all'evasione la riduzione delle tasse su lavoro e redditi medi. Il Fondo per la riduzione della pressione fiscale ha raggiunto finora una capienza di 4 miliardi e 357 milioni.
Nella Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef) si legge un fondato ottimismo sul fatto che questo Fondo possa essere in questi anni irrobustito. La differenza di incassi per l'Erario nel 2021, tra la stima primaverile del Def e quella autunnale della Nadef, è di 6 miliardi e 685 milioni, merito della ripresa ma anche sperabilmente di una maggiore disciplina fiscale. Nella Nadef, tenendo conto dei tassi di crescita per i prossimi anni, le entrate dello Stato dovrebbero aumentare da 513 miliardi di quest' anno ai 572 del 2024.
Basteranno queste risorse per finanziare una riforma assolutamente necessaria e non più rinviabile? Nella legge delega ci sono alcuni passaggi inequivocabili. Il ridisegno delle aliquote Irpef e Iva prevede che il governo sia «delegato a eliminare o ridurre in tutto o in parte i regimi di esenzione». E si aggiunge che «ulteriori forme di copertura saranno progressivamente costituitedal riordino della tassazione delle attività finanziarie, dallo spostamento dell'asse del prelievo dal reddito a forme di imposizione reale, da economie nel comparto della spesa pubblica». Righe pesanti, quasi un programma di legislatura, poco commentate.
All'articolo 6 è prevista la «graduale eliminazione dell'imposta regionale sulle attività produttive (Irap) con prioritaria esclusione dalla base imponibile del costo del lavoro». L'associazione M&M, presieduta da Fabrizio Pagani, ha prodotto uno studio assai interessante sull'ipotesi di assorbire l'Irap nell'Ires. Il suo gettito oggi è di 25 miliardi (dati 2019) di cui 10,2 a carico delle amministrazioni pubbliche.
La stima dell'evasione (dati 2018) è attorno al 19 per cento. L'aliquota Ires potrebbe essere incrementata a un massimo del 29-30 per cento ma nel complesso la pressione fiscale sull'impresa diminuirebbe anche per il risparmio dei costi di compliance. La copertura del minor gettito --si osserva nello studio - è ancora tutta da valutare. E si torna, tra le ipotesi, ai proventi della lotta all'evasione fiscale. Così necessaria, giusta, ma politicamente assai poco spendibile. Nel frattempo meglio prendersela con il catasto.