IL VACCINO ALLA VACCINARA – LE DOMANDE DEL DIRETTORE GENERALE DELL’ISTITUTO BRUNO LEONI, ALBERTO MINGARDI, SULL’ANTIDOTO “ITALIANO” DI REITHERA CHE INVITALIA BY ARCURI FINANZIA CON 81 MILIONI: “HA SENSO, OGGI, CHE IL CONTRIBUENTE METTA QUATTRINI SU UN VACCINO CHE NON ESISTE, ANZICHÉ USARLI PER AVERE PRIMA QUANTE PIÙ DOSI POSSIBILI DEL VACCINO CHE C'È? NON SAREBBE STATO MEGLIO PROVARE A PUNTARE DI PIÙ SU QUELLI GIÀ DISPONIBILI?
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Alberto Mingardi per “L’Economia – Corriere della Sera”
S' ode a destra uno squillo di tromba, a sinistra risponde uno squillo. Il commissario Arcuri, e buona parte del governo con lui, polemizzano contro Pfizer, che ritarda le forniture del suo vaccino.
Due giorni dopo, il consiglio di amministrazione di Invitalia annuncia un finanziamento di 81 milioni di euro a ReiThera, di cui la gran parte (69 milioni) destinato alle attività di ricerca e validazione per il suo vaccino anti Covid, che a febbraio inizia la fase due delle sperimentazioni. Inoltre, Invitalia acquisirà il 30% della proprietà dell'azienda.
Fra i due eventi, non c'è una correlazione diretta: l'iter del finanziamento a ReiThera era incominciato da tempo.
Ma nel gioco di specchi della comunicazione politica, l'effetto è quasi perfetto, e peccato che l'abbia sciupato la crisi di governo: gli americani ci lesinano il loro antidoto? Et voilà, noi siamo pronti a farcelo in patria.
Anche i più scettici sulle virtù dell'intervento pubblico devono ammettere che, se c'è qualcosa su cui vale la pena di spendere, oggi, è il vaccino. La discesa in campo degli Stati è stata per certi versi scontata: il vaccino è uno strumento di sanità pubblica, più che un prodotto per la salute del singolo, e, nel contesto pandemico, gli Stati hanno deciso più o meno tutti di essere acquirenti e distributori unici dell'antidoto.
I finanziamenti hanno contribuito ad abbassare il rischio per le imprese: che, infatti, hanno messo in atto uno sforzo senza precedenti. Il pacchetto di misure dell'amministrazione Usa Operation Warp Speed, in omaggio alla propulsione a curvatura delle astronavi di Star Trek, consisteva di fondi per lo sviluppo di alcuni candidati promettenti (Moderna, Johnson&Johnson, AstraZeneca, Novavax, Sanofi/Glaxo, Merck/IAVI), con l'obiettivo di sostenerne ricerca e sviluppo.
Pfizer, che sul vaccino ha lavorato con l'azienda tedesca BioNTech, ha scelto di non richiedere il finanziamento ma di sottoscrivere un contratto col governo americano per l'acquisto dell'equivalente di 2 miliardi di dollari di dosi. Operation Warp Speed è stata in larga misura un progetto di Alex Azar, l'ex ministro della Sanità, il quale aveva alle spalle una lunga esperienza nell'industria farmaceutica e proprio per questo meglio di altri ha saputo identificare i colli di bottiglia della ricerca.
Il fulcro di Warp Speed non erano solo le risorse ma la semplificazione delle procedure autorizzative, dove da tempo gli osservatori segnalavano come ci fosse molta sabbia negli ingranaggi. Il tempo risparmiato è tempo guadagnato: e ci ha consentito di avere, già oggi, due vaccini disponibili (Moderna e Pfizer/BioNTech) e altri due (AstraZeneca e Johnson&Johnson) la cui approvazione è data come imminente. Particolarmente rilevante è il fatto che i primi due antidoti ai quali il regolatore ha dato l'ok siano vaccini a mRNA messaggero, cioè di nuova concezione e probabilmente in grado di aprire una nuova era di produzione di vaccini più rapidi, adattabili e sicuri.
Perché, allora, investire in ReiThera? Nell'Italia dei 200 miliardi del Recovery fund, 81 milioni sono argent de poche. In Francia, il vaccino Sanofi è in ritardo sulla tabella di marcia e la multinazionale del farmaco ha messo a disposizione dei rivali di Pfizer capacità produttiva. L'interesse pubblico dietro l'incentivazione dei vaccini era uscire, al più presto, dall'incubo Covid. Adesso dei vaccini che possono servire allo scopo ci sono.
Ha senso, oggi, che il contribuente italiano metta quattrini su un vaccino che non esiste, anziché usarli per avere prima quante più dosi possibili del vaccino che c'è? E' un obiettivo che potrebbe perseguire con la moral suasion, cercando di replicare in Italia accordi come quello fra Pfizer e Sanofi oppure aprendo spazi per una somministrazione «di mercato» del vaccino: rendendo possibile cioè ai privati che lo desiderino, al di là della campagna vaccinale, di poterne acquistare almeno un certo numero di dosi al prezzo che sortisce dall'incontro di domanda ed offerta.
Ciò incentiverebbe i produttori ad aumentare il passo, cercando soluzioni per accrescere l'offerta. Due potrebbero essere i buoni motivi per l'ingresso di Invitalia in ReiThera. Uno «biologico»: il virus sta mutando, parliamo continuamente di nuove varianti, non sappiamo come reagiranno i vaccini a ciascuna di esse.
Avere più vaccini disponibili significherebbe mettere più frecce nel nostro arco. L'altro è nel solco dello Stato imprenditore: siccome la tecnologia dell'RNA messaggero è così promettente, non converrebbe anche alla Repubblica italiana sapere di averla a propria disposizione, senza dipendere dall'estero?
Il vaccino di ReiThera è però basato su un metodo più tradizionale (l'inoculazione di adenovirus di scimmia) e le sospirate dosi saranno forse disponibili a partire da settembre quando il quadro epidemiologico dovrebbe essere diverso.
Detto in altri termini, volente o nolente il contribuente italiano investe su un vaccino che potremo usare dopo l'estate, se andrà a buon fine il processo autorizzativo. Ci illudiamo di copiare il progetto Manhattan degli americani, ma è difficile sostenere che stiamo anticipando o spingendo innovazioni decisive. Non sarebbe stato meglio provare a puntare di più sugli antidoti già disponibili, la cui ricerca e sviluppo è stata finanziata da altri, anche a nostro vantaggio? Non avremmo avuto, ovviamente, il gusto di poter dire che c'è anche un vaccino tricolore.