VENDERE PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI! IL TESORO È PRONTO A SCENDERE SOTTO IL 20% IN MPS: RIPARTONO I LAVORI PER UN COLLOCAMENTO DI UN ALTRO 10% IN BORSA PER RISPETTARE GLI ACCORDI PRESI DALL’ITALIA CON L’EUROPA SULL’USCITA DELLO STATO DEL CAPITALE DI MONTE DEI PASCHI. LA SCADENZA È FISSATA A FINE 2024 (MA QUESTO TERMINE SARÀ PROROGATO) - CHI SE LO PAPPA MPS? L’UNICA VIA PERCORRIBILE SEMBRA UNIPOL, TRAMITE BPER. MA DOVRA' SCEGLIERE IL GOVERNO...
-Andrea Greco e Giovanni Pons per "la Repubblica" - Estratti
Ci sono circa quattro settimane per collocare la terza tranche di Mps in Borsa prima del periodo di grazia che porta al 7 novembre, quando esce la terza trimestrale. E altre circa quattro per farlo da allora a fine anno. Il Tesoro, primo socio al 26,73%, sta intensificando le riunioni con banchieri d’affari e consulenti per completare la riprivatizzazione, promessa all’Ue dal 2017, quando Mps fu salvata da 5,4 miliardi pubblici.
Entro fine anno, negli impegni, il Tesoro dovrebbe uscire da Siena: è improbabile che avvenga, ma è quasi sicuro che limerà di un 8-10% la quota, per dare un altro segnale all’Europa, e incassare mezzo miliardo del piano privatizzazioni da 20 miliardi del ministro Giancarlo Giorgetti (3 già incassati). A tale antipasto dovrebbe seguire il varo del “terzo polo bancario”: che però non si materializza e potrebbe slittare al 2025.
Vendere un altro 8% circa in Borsa, a fondi istituzionali come fatto due volte in 10 mesi per il 37,5% di Mps, è alla portata. Ieri l’azione ha perso un 2% a 4,85 euro, ma anche facendo un lieve sconto ai soci di mercato si venderebbe a prezzi superiori sia ai 2,92 euro della prima tranche che ai 4,5 della seconda. E il Tesoro, che ieri ha ribadito che «non c’è nessuna fretta sul dossier Mps», aveva più volte chiarito che avrebbe venduto ancora solo a prezzi vantaggiosi.
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L’ascesa borsistica di Mps a 6,1 miliardi, di pari passo con quella degli utili quasi raddoppiati a 1,16 miliardi nei sei mesi 2024, complica le cose. Solo quattro rivali nostrane possono concupirla. La leader Intesa Sanpaolo è fuori, essendo vicina ai tetti antitrust.
Unicredit, dopo aver negoziato Mps per mesi nel 2021, rifiutò la dote da 6 miliardi e ruppe i rapporti col Tesoro: senza riattivarli.
Banco Bpm, che vale 9 miliardi, ha smentito un interesse e detto di voler crescere da sola. E Bper, che quota 6,8 miliardi, resta un cantiere aperto dopo gli acquisti delle filiali Ubi e di Carige, oltre al fatto che la controlla Unipol.
La compagnia delle coop “rosse” non è opzione gradita nelle schiere più a destra della maggioranza: se non per ragioni politiche (in 20 anni il manager Carlo Cimbri l’ha rivoltata fino a farne un protagonista della finanza italiana), almeno per ragioni di network. Ma porta a Unipol la strada più lineare del rebus. Se Mps ricomprasse la quota di Axa nella partnership assicurativa, sciogliendo il contratto scadenza 2027 (costo, un miliardo), Unipol poi avrebbe convenienza a ripetere lo schema rodato su Bper e su Sondrio: rilevando un 9,9% e lucrando sulla vendita di proprie polizze sulla rete Mps.
Uno scenario che potrebbe piacere all’ad Luigi Lovaglio, fautore di un’alleanza strategica e in buoni rapporti con Cimbri. Ma dovrà scegliere il governo: e farlo tra le opzioni esistenti, col rischio che temporeggiando Mps sia scalata da altre mani, anche estere.