
CARO DONALD, SONO GLI STATI UNITI A FOTTERE L’EUROPA, NON IL CONTRARIO – TRUMP VIVE UN MONDO AL CONTRARIO: È L’UE CHE HA UN ENORME DEFICIT VERSO L’AMERICA. OGNI VOLTA CHE CI ABBONIAMO A NETFLIX, A CHATGPT O VERSIAMO CINQUE EURO A FACEBOOK, QUEL DENARO VIAGGIA (TRAMITE L’IRLANDA) AGLI STATI UNITI, ANDANDO A FORMARE IL PROFITTO DELLE MULTINAZIONALI DELLA SILICON VALLEY – L’UE HA UN’ENORME ARMA CONTRO IL TYCOON ISOLAZIONISTA: SIAMO I PRINCIPALI DETENTORI DEL DEBITO PUBBLICO USA. SE L’EUROPA RALLENTASSE GLI ACQUISTI, I TASSI DI INTERESSE NEGLI STATES SCHIZZEREBBERO, E IL TESORO USA SAREBBE NEI GUAI…
DONALD TRUMP CONTRO L EUROPA - VIGNETTA BY ELLEKAPPA
Estratto da “Whatever it takes”, la newsletter di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
[…] Donald Trump la settimana scorsa ha detto che metterà nuovi dazi al 25% su tutti i prodotti dell’Unione europea (così è parso di capire) perché quest’ultima – testuale – «si è formata per fotterci» (“The EU was formed to screw us”).
Al solito il riferimento è ai rapporti commerciali fra le due aree, che sarebbero squilibrati a nostro favore. […] Oggi vorrei spiegare perché Trump vive in una realtà parallela o, quantomeno, la descrive.
In realtà l’Europa è, allo stesso tempo, meno forte e più forte di come appare nella versione del presidente degli Stati Uniti. È meno forte sul piano commerciale e lo sarà sempre di meno. Ma è più forte – più dotata di leve nei confronti dell’America – sul piano finanziario. E in prospettiva lo diventerà sempre di più. Dunque, se il termine non fosse abusato, bisognerebbe concludere che Trump vive in un mondo al contrario. Per lo meno per quanto riguarda noi europei.
VERTICE PER L UCRAINA A LONDRA
[…] un aspetto dei rapporti commerciali fra Unione europea e Stati Uniti di cui di solito si parla poco […] Sono gli “acquisti di diritti di proprietà intellettuale”, in sostanza tutte le volte che a Roma, Milano, Parigi, Berlino o Oporto qualcuno versa cinque euro a Facebook per diffondere un post, si abbona a ChatGPT 4.0 di OpenAI, compra la licenza di un software di Microsoft per le videoconferenze, attiva WhatsApp Business, prenota una stanza su AirB&B, usa YouTube o X (ex Twitter) o si iscrive ad Amazon Prime Video o a Netflix per guardare una serie tv.
I DAZI DI DONALD TRUMP - MEME BY 50 SFUMATURE DI CATTIVERIA
Guardate come aumentano questi consumi negli ultimi anni e immaginate come continueranno a crescere in futuro. È tutto denaro che viaggia dall’Europa verso gli Stati Uniti, sempre di più. Di solito la filiale di queste piattaforme digitali è basata a Dublino o a Cork; dunque, il servizio viene venduto dall’Irlanda all’Italia o alla Francia. Ma il profitto della filiale risale fino alla casa madre in America e comparirà come un segno più di quest’ultima nei confronti dell’Europa nella bilancia delle partite correnti […].
[…] la verità letteralmente è l’opposto di ciò che Trump dice. Non solo l’area euro non «fotte» l’America, cioè non ha un surplus grande e crescente negli scambi con essa; al contrario ha un deficit verso l’America nella bilancia delle partite correnti. Esso aumenterà con gli anni e proprio Trump ha contribuito a farlo emergere. Se si volesse applicare la sua logica – sottolineo, “se” – sarebbe l’Europa a dove minacciare dazi.
[…] Ancora nel 2019 la bilancia delle partite correnti dell’area euro nei confronti degli Stati Uniti era in un forte attivo di 124 miliardi di euro, formato in gran parte da un surplus negli scambi di Bmw o Mercedes, macchinari di fabbrica, abiti di Prada o Louis Vuitton, vini Bordeaux o Antinori. Da allora il surplus europeo è crollato.
GIORGIA MELONI - URSULA VON DER LEYEN
Sempre di più, fino a che nel 2022 è comparso il primo rosso negli scambi totali dell’area euro rispetto Stati Uniti per 7,5 miliardi di euro. L’anno dopo quel rosso è addirittura salito a 19 miliardi e mi aspetto che continui a crescere. Sapete perché? Perché in anni come il 2019 gli Stati Uniti incassavano dall’Europa circa 15 miliardi per consumi come abbonamenti a Netflix o affitti su AirB&B.
Invece già nel 2023 hanno incassato otto volte di più, 128,5 miliardi di euro. Le persone nelle società avanzate consumano sempre più servizi immateriali […] e quelli vengono quasi tutti dagli Stati Uniti.
DAZIAMI MA DI BACI SAZIAMI - MEME BY EMILIANO CARLI
Ma in parte qui c’è anche lo zampino di Trump. Prima di lui, infatti, le Big Tech vendevano i loro servizi digitali in Europa e poi parcheggiavano i profitti in qualche esotico paradiso fiscale.
A valere dal 2017 con il “Tax Cuts and Jobs Act” lui ha voluto una sanatoria sul rientro dei capitali delle grandi aziende americane e ha anche tagliato loro le tasse dal 35% al 21%. Risultato: migliaia di miliardi di debito federale in più, ma migliaia di miliardi in profitti delle grandi corporations che da allora rientrano in America, perché per loro è quasi meglio di un paradiso fiscale.
[…] Così l’America è andata in attivo di bilancia delle partite correnti con l’area euro per la prima volta da decenni. E poiché le nostre vite sono intermediate sempre più dalla rete e la rete è controllata dai colossi americani, questo attivo salirà. L’Europa purtroppo è forte in settori meni dinamici o declinanti e l’America lo è in quelli più dinamici. Secondo i dati di Banca d’Italia il nostro Paese sette anni fa aveva un deficit con gli Usa sui “diritti di proprietà intellettuale” (cioè, servizi su internet) di 187 milioni, quadruplicato a 755 milioni nel 2022 e poi ancora quasi raddoppiato a 1.330 milioni l’anno dopo.
VERTICE DI LONDRA - ZELENSKY STARMER MACRON
[…] C’è poi un aspetto sul quale la Casa Bianca sottovaluta la forza dell’Europa, invece di esagerarla ad arte. Ma è una forza che può rivelarsi minacciosa per Trump[…] l’aumento dell’esposizione da parte di soggetti dell’area euro in titoli di debito americani pubblici e privati: salito da mille a 2.500 miliardi.
Nell’ultima decina di anni è successo qualcosa di straordinario, perché l’esposizione di investitori, risparmiatori, banche, assicurazioni e banche centrali italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, olandesi e del resto dell’area su titoli americani è praticamente quadruplicata.
DONALD TRUMP - DAZI COMMERCIALI
Erano 3.600 miliardi nel 2013, sono saliti a 13.100 miliardi nel 2024, quasi pari al prodotto interno lordo della zona euro. Abbiamo comprato di tutto noi europei: quote di fondi statunitensi, azioni di società quotate a Wall Street, debito di corporations o del Tesoro.
[…]
Così molti europei si sono arricchiti e hanno aiutato gli Stati Uniti, in particolare le loro Big Tech. Da metà dello scorso decennio il “quantitative easing” della Bce ha sprigionato migliaia di miliardi di euro, che gli europei hanno investito in buona parte proprio in America.
GLI EFFETTI SULL ITALIA DEI POSSIBILI DAZI DI TRUMP
Dal 2013 all’anno scorso, il valore delle azioni quotate a New York in mano a soggetti dell’area euro è salito da 1.800 a 6.500 miliardi: un incremento senza precedenti, per un quarto spiegabile con la massa di denaro riversata dall’Europa su Wall Street e per tre quarti l’aumento di prezzo proprio di quelle azioni. In gran parte erano (e restano) le “Magnifiche Sette”, i grandi gruppi tecnologici che da soli valgono un quarto di tutta la borsa americana.
Così l’Europa ha aiutato le Big Tech a crescere immensamente di valore, mentre quelle stesse Big Tech usavano proprio quel valore azionario astronomico come moneta di scambio per inglobare senza fatica migliaia di altre aziende tecnologiche. Anche in questo modo, quelle sono diventate oligopoliste. Alla costruzione del dominio oligarchico di Elon Musk, Mark Zuckerberg o Jeff Bezos anche noi abbiamo portato il nostro mattoncino (più di uno), con i nostri soldi.
ursula von der leyen giorgia meloni romano prodi meme by edoardo baraldi
[…] Dall’esposizione sovrana sull’America sia la Cina che il Giappone si sono progressivamente disimpegnati, piuttosto in fretta. Invece i titoli di debito federale statunitense in mano a soggetti dell’area euro sono saliti in modo esponenziale, in valore, da 197 miliardi di dollari nel 2006, a 653 miliardi nel 2013, fino a 1.452 nel 2023 (dati del Tesoro Usa).
Oggi la zona dell’euro, presa nel suo complesso, è il principale creditore estero del maggiore debitore del mondo. E continua a comprare: il capoeconomista della Bce Philip Lane mostra che da questa parte del mondo stiamo comprando carta sovrana americana (oggi, di Trump) per poco meno di cento miliardi al mese, fra titoli nuovi e rinnovi di quelli scaduti.
[…]
DAZIFASCISMO - MEME BY EMILIANO CARLI
In altri termini, l’Europa è il compratore determinante per fare il prezzo: quello che chiude lo scarto fra domanda e offerta (sempre più vasta) di debito americano. Siamo nella posizione in cui si trovava la Cina all’inizio del secolo, in una simbiosi finanziaria con quello che rischia di diventare un nostro avversario strategico. Ricicliamo in America parte del surplus accumulato commerciando con il resto del mondo. Questo mette a nudo la contraddizione in cui versa Trump: se ci costringe con i dazi a ridurre i nostri surplus e la nostra generazione di risparmio, chi comprerà il suo debito sempre crescente?
Se l’Europa rallentasse gli acquisti, i tassi d’interesse di mercato negli Stati Uniti schizzerebbero verso l’alto, il Tesoro Usa andrebbe in difficoltà e l’economia probabilmente in recessione.
Oggi infatti ben un terzo del debito americano è all’estero e su quello è l’area euro che, nella sostanza, determina gli equilibri. Generare tensione in quel mercato estremamente può essere pericoloso anche per l’area euro, ma la dottrina nucleare insegna: avere in mano l’arma atomica aiuta sempre a negoziare – e dissuadere dall’aggressività – un’altra potenza che minaccia di distruggerti.
DONALD TRUMP E GIORGIA MELONI NELLA LOGGIA NERA - MEME BY EDOARDO BARALDI
Conosco l’obiezione: l’Europa non è la Cina, dove il partito decide tutto; da noi gli investimenti fatti in America sono frutto delle decisioni libere e indipendenti di migliaia e migliaia di diversi operatori privati, che non si coordinano fra loro. Ma quasi tutti hanno i loro regolatori a Francoforte o nelle capitali e questi possono fornire loro, discretamente, consigli. Perché non è mai troppo tardi per l’Europa iniziare a ragionare anche in modo strategico. Non solo tecnocratico.