
AI NEMICI DI MUSK E THIEL NON BASTA FINANZIARE TRUMP – IL DIPARTIMENTO DI GIUSTIZIA AMERICANO RICICCIA LA VECCHIA IPOTESI DELLO SPEZZATINO DI GOOGLE PER COMBATTERE IL MONOPOLIO DI “BIG G”, LA SOCIETÀ CHE PER LA TECNO-DESTRA È IL SIMBOLO DELLA SILICON VALLEY “CATTIVA” E COMPROMESSA – IL MOTORE DI RICERCA NEL FRATTEMPO HA FATTO UNA SVOLTA TRUMPIANA (L’AD, SUNDAR PICHAI, ERA ALL’INAUGURAZIONE DEL MANDATO DEL TYCOON). È LA SOLITA STORIA: IL PRESIDENTE VUOLE USARE L’ARMA DELLO SCORPORO SOLO COME MINACCIA PER TRATTARE…
Estratto dell’articolo di Filippo Santelli per www.repubblica.it
Spezzatino. La sfida Antitrust tra il governo americano e Google, salita di colpo sotto l’amministrazione di Joe Biden, riparte nell’era di Donald Trump dalla stessa discussa - e potenzialmente rivoluzionaria - parola.
Giovedì il dipartimento di Giustizia americano ha presentato al tribunale una versione aggiornata dei suoi rimedi per sanare il monopolio di Google nel settore delle ricerca, riconosciuto come illegittimo da una sentenza dello scorso agosto. E tra quei rimedi conferma l’esplosiva richiesta di separare le varie attività del colosso digitale, “un Golia economico che ha negato agli utenti americani la libera scelta”, costringendolo a vendere il browser Chrome e, se necessario, anche il sistema operativo Android.
Google dalla sua propone correttivi molto più blandi. Il mese prossimo si terrà una sorta di mini-processo dove verranno dibattute le soluzioni di accusa e difesa, poi toccherà al giudice Mehta stabilire i rimedi in grado necessari e sufficienti per ristabilire la concorrenza.
[…] Lo spezzatino di Google è l’ipotesi più estrema, dibattuta anche nel mondo degli esperti antitrust, che cambierebbe volto al nostro mondo digitale. Rimedi più morbidi consisterebbero, per esempio, nel vietare gli accordi che la società ha siglato con Apple e gli altri produttori di smartphone per rendere la sua barra di ricerca la soluzione predefinita sui loro apparati, cosa che le garantisce un flusso di dati impareggiabile e impedisce a ogni rivale di competere.
sundar pichai elon musk cerimonia di giuramento di donald trump foto lapresse
Ma che la linea del governo americano resti quella della massima pressione è in sé una notizia. Molti si chiedevano infatti come Donald Trump avrebbe impostato il suo rapporto con Big Tech sul lato antitrust, visto che la presenza all’inaugurazione del suo mandato da 47° presidente degi Stati Uniti di Sundar Pichai, ad di Google, e degli altri proprietari-dirigenti dei giganti americani – preceduti da donazioni milionarie – era stata letta da alcuni come l’indizio di un approccio più morbido rispetto a quello dell’amministrazione Biden.
[…] Almeno dal primissimo passo non sembrerebbe essere così. Ed è un passo osservato con estrema attenzione da tutti gli altri oligopolisti tecnologici, che dopo decenni di concentrazione di mercato indisturbata hanno fronteggiato durante l’amministrazione Biden un risveglio dell’Antitrust.
Il dipartimento di Giustizia ha in corso un secondo caso aperto contro Google, relativo al suo dominio nel campo della pubblicità e che attende a settimane la sentenza di primo grado e dove pure si parla di spezzatino. Un altro fronte coinvolge invece Apple sull’esclusione dei concorrenti dal suo ecosistema digitale. Mentre la Federal trade commission ha aperto un dossier contro Meta per la concentrazioni nel mondo social, e uno contro Amazon.
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In tutti questi casi il mandato politico della pubblica accusa è ancora più decisivo del merito. E quale sarà l’attitudine di Trump resta molto difficile da decifrare. Il suo vice J.D. Vance, per esempio, ha parlato a più riprese della necessità di smembrare Google, e le nomine del nuovo presidente per le massime caselle antitrust non sono certo “colombe”.
mark zuckerberg - lauren sanchez - jeff bezos - sundar pichai elon musk al giuramento di trump
Sia Andrew Ferguson, che ha sostituito la paladina della concorrenza Lina Khan al vertice della Federal trade commission, che Gail Slater, indicata (in attesa di conferma del Congresso) a guidare la divisione antitrust del dipartimento di Giustizia, hanno espresso preoccupazione per lo strapotere dei giganti digitali.
Una parte della Silicon Valley si è convertita al trumpismo chiedendogli di difendere “small tech”, le piccole startup innovative a cui i padroni del web (e di Wall Street) tolgono spazi e ossigeno. Elon Musk è, da tempo, acerrimo rivale di Google. […]
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Qualunque sia il rimedio stabilito, Google ha in ogni caso già annunciato che farà ricorso contro la condanna per monopolio. E nei suoi controargomenti ammicca alla volontà di potenza nazionale, dicendo che indebolendo la società il governo danneggerebbe imprese, consumatori ma anche la sicurezza nazionale: l’America ha bisogno dei suoi colossi miliardari per trionfare nella corsa all’Intelligenza artificiale.
La partita giudiziaria si annuncia molto lunga. E alla fine, più di tutto, potrebbe essere decisivo l’approccio “transazionale” di Trump, la sua voglia di negoziare e sbandierare accordi (a suo dire) spettacolari. Anche l’ultimo grande processo Anitrust americano, quello contro Microsoft all’inizio degli anni Zero, si concluse nelle corti con un ordine di spezzatino, poi però cancellato da un accorto tra la società e il presidente Bush.
Facile immaginare che Trump sia attratto da un epilogo simile, da celebrare nel suo Studio Ovale. Con queste lenti, lanciare sul tavolo la minaccia dello spezzatino potrebbe anche essere una strategia per tenere alta la pressione su Google & Co. E un’arma di ricatto per assicurarsi che nei prossimi anni Big Tech gli resti fedele anche nei fatti.
sundar pichai
GOOGLE NON SUGGERISCE TRUMP NELLA RICERCA PRESIDENT DONALD