
MA CHE SORPRESA: TESLA È LA CASA AUTOMOBILISTICA MENO COLPITA DAI DAZI DI TRUMP – L’AZIENDA DEL “DOGE” MUSK PRODUCE NEGLI USA TUTTE LE VETTURE DESTINATE AL MERCATO STATUNITENSE. MA SUBIRÀ COMUNQUE UN CONTRACCOLPO DALL’AUMENTO DEI COSTI PER LE COMPONENTI IMPORTATE – STELLANTIS, GM, FORD: LE “BIG THREE” COSTRETTE A CORRERE AI RIPARI PER EVITARE AUMENTI DI 5-10MILA DOLLARI A MACCHINA – IN EUROPA LE PIÙ COLPITE SARANNO LE AUTO TEDESCHE: UNA PORSCHE SU TRE È DESTINATA AL MERCATO NORDAMERICANO…
1. VINCE TESLA, PERDONO STELLANTIS E LE TEDESCHE
Estratto dell’articolo di Alberto Annicchiarico per “il Sole 24 Ore”
meme su elon musk e donald trump nella tesla
Tra i salvati dai dazi di Trump c’è Tesla. Fra i sommersi, in Europa, escluso il brand Renault, che non opera negli Stati Uniti, troviamo soprattutto Stellantis e le case tedesche. Lo certificano le chiusure di Borsa di ieri: il gruppo franco-italiano ha perso più del 4%, mentre Porsche, Mercedes-Benz e Bmw oltre il 2%. Ma si leccano le ferite anche le altre due big di Detroit, General Motors in testa (-7,36%). Ford meno in affanno (-3,88%), perché produce per l’80% negli Usa.
Con dazi al 25% il prezzo da pagare […] sarebbe altissimo per le case europee, aveva segnalato lo scorso novembre un report di S&P Global Ratings. Ma il quadro nel frattempo è addirittura peggiorato.
«La base colpita dal dazio cambia - commenta Vittoria Ferraris, Sector Lead Automotive Emea, S&P Global Ratings - ovvero anche un veicolo assemblato negli Stati Uniti ma con componenti rilevanti (motore, trasmissione, telaio) provenienti dall’Europa, sarebbe soggetto a dazi a partire dal momento in cui ci sarà uno strumento per misurare il valore prodotto localmente rispetto al valore proveniente da Paesi terzi». Inoltre «Trump parla di tariffe a carattere permanente, mentre finora abbiamo pensato che l’applicazione delle tariffe fosse transitoria».
elon musk e donald trump come thelma e louise
[…] La meno esposta all’effetto dazi sembra essere proprio la Tesla del super consigliere del presidente Trump, ovvero Elon Musk. Per diverse ragioni. Tesla, scesa nel 2024 sotto il 50% della quota di mercato negli Usa, è in difficoltà anche per il ruolo politico del suo ceo: il 2 aprile (proprio il giorno del via ai dazi) comunicherà le consegne del primo trimestre. Si stima un -7% sul 2024, dopo i recenti crolli in Europa. Ma Tesla produce tutti i veicoli che vende negli Stati Uniti in California e Texas, il che significa che non sarà soggetta ai dazi sulle auto.
Eppure il costruttore di Austin subirà un aumento dei costi per le componenti importate. «Il valore locale dei modelli venduti si colloca nel range 60-75%, molto alto rispetto ai principali modelli di alcuni concorrenti», spiega Ferraris.
Musk ha fatto sapere che Tesla pagherà in ogni caso un conto «non trascurabile». Con i dazi, tuttavia, le concorrenti saranno decisamente meno competitive e dovranno aumentare i prezzi. Secondo gli analisti di Wedbush gli aumenti medi sarebbero pari a 5-10mila dollari. «Una cifra quasi insostenibile per i consumatori statunitensi». Più che un vento contrario, un uragano anche per la maggior parte delle case statunitensi.
«Tesla vince, Detroit sanguina», hanno commentato gli analisti di Bernstein, stimando un possibile calo fino al 30% del risultato ante oneri finanziari per Ford e General Motors nel 2025 a causa dei dazi e prevedendo un aumento medio del costo delle auto di circa 3.700 dollari. Per Morgan Stanley il rincaro sarebbe nell’ordine di quasi 6mila dollari a vettura. […]
Ben diversa la posizione degli altri player. Se Ford riuscirà, probabilmente, a limitare l’impatto grazie al fatto che circa l’80% delle auto vendute negli Stati Uniti è prodotta in Usa, Gm negli States assembla solo il 52% delle proprie vetture. Per Stellantis la quota è del 57% mentre per Volkswagen e Volvo è rispettivamente del 21% e del 13%.
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2. GERMANIA PIÙ COLPITE PORSCHE E AUDI IN BILICO LO 0,2% DI PIL
Elon Musk inaugura la fabbrica Tesla in Texas
Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
«Non voglio più vedere Mercedes sulla Quinta strada ». È la frase di Donald Trump che ossessiona i tedeschi da quando il presidente americano si insediò la prima volta alla Casa Bianca. Ora che siamo al secondo giro del presidente germanofobo al timone degli Stati Uniti, l’incubo dei dazi al 25% si sta materializzando. E si abbatte su un’industria dell’auto tedesca sprofondata nel frattempo in una crisi senza precedenti e divenuta più vulnerabile che mai.
Eppure, sostiene Veronica Grimm, l’economista che fa parte dei “saggi” che consigliano il governo tedesco, «gli effetti sulla Germania dovrebbero essere, per ora, contenuti». Anche l’autorevole Institut für Weltwirtschaft (IfW) di Kiel concorda: l’impatto sul Pil della maggiore economia europea potrebbe limitarsi allo 0,2%. Secondo gli analisti di Bernstein il costo dei maxi balzelli per le tre big tedesche potrebbe raggiungere gli 11 miliardi di euro.
JAMES DEAN CON LA SUA PORSCHE 'LITTLE BASTARD'
[…] I marchi più colpiti - che si tradurranno in rincari dal concessionario - saranno quelli che non producono negli Usa, come ha sottolineato ieri anche Grimm: «Molti, ma non tutti i produttori di auto hanno creato capacità produttiva negli Stati Uniti. Perciò non sono troppo colpiti dai dazi». Il problema resta l’enorme squilibrio commerciale: secondo l’istituto statistico Destatis la Germania esporta negli Stati Uniti più o meno quattro volte il valore di ciò che importa, nel settore dell’auto.
Gli acquirenti più delusi saranno sicuramente i fan del bolide preferito da James Dean. Il divo “maledetto” di Hollywood morì esattamente 70 anni fa nella sua amata Porsche 911. E il marchio di culto è quello che rischia di subire l’impatto più pesante dei balzelli alle frontiere: le circa 76mila macchine vendute l’anno scorso negli Usa venivano tutte dalle fabbriche europee. Non a caso, è il titolo che ha sofferto di più in borsa, arrivando a perdere ieri oltre il 4%.
IMPIANTO DI BMW A Spartanburg NEGLI USA
Quasi una Porsche su tre è destinata ormai al mercato nordamericano. Anche per un altro marchio di lusso del gruppo Vw, Audi, i dazi potrebbero essere un guaio enorme: i circa 200mila veicoli venduti negli Usa l’anno scorso venivano dall’Ue o dal Messico. Ma i vertici Audi stanno meditando sull’opportunità di aprire uno stabilimento negli Stati Uniti.
Al contrario, il capo di Bmw, Oliver Zipse, sta facendo da tempo pressioni perché la rappresaglia europea contro i dazi di Trump non sia troppo radicale. Il costruttore di Monaco vanta la più grande fabbrica al mondo negli Stati Uniti, a Spartanburg, dove impiega 11mila lavoratori che producono 400mila vetture all’anno. Metà resta negli Usa - ma il resto è destinato all’export. […]
porsche gt3 rs
porsche gt3 rs 2
DONALD TRUMP ELON MUSK JD VANCE