AVERE UN CANE O UN GATTO È UN LUSSO: I FARMACI PER GLI ANIMALI COSTANO FINO A DIECI VOLTE DI PIÙ DI QUELLI PER GLI UMANI – MILENA GABANELLI: “BUONA PARTECONTIENE LO STESSO PRINCIPIO ATTIVO DI QUELLI PER UMANI, MA IL PREZZO È ALMENO CINQUE VOLTE PIÙ ALTO. PERCHÉ? IL MOTIVO NUMERO UNO È DOVUTO AL FATTO CHE PER I FARMACI VETERINARI NON VI È ALCUNA..."
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Estratto dell'articolo di Milena Gabanelli e Francesco Tortora per www.corriere.it
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[…] Dall’indagine condotta nel 2022 da Altroconsumo in Italia chi ha un cane spende ogni anno circa 1.562 euro, e 1.208 euro chi possiede un gatto. Il grosso è legato all’acquisto di cibo, rispettivamente 880 e 779 euro, ma una parte consistente va in farmaci e visite, che per i cani raggiungono 341 euro e per i gatti 194 euro. Le tariffe dei veterinari cambiano a seconda del luogo: a Napoli un veterinario chiede fino a 50 euro per la prima visita di un cucciolo di sei settimane, a Roma 65, a Bologna 70, a Bari, Milano e Torino fino a 80 euro.
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A cui va aggiunta l’Iva del 22%, come su un qualunque prodotto di consumo (va detto però che le prestazioni in nero sono molto diffuse). Le stesse differenze di prezzo si confermano per l’applicazione del microchip, obbligatorio per legge per i cani. Nella stessa città, a seconda del veterinario, puoi spendere dai 25 a 65 euro.
Tutto il settore veterinario italiano è in piena espansione: sono ben 6.602 gli ambulatori, 858 gli studi, 1.100 le cliniche, 71 gli ospedali veterinari e 7 laboratori di analisi. Nel report «Inflazioni e rincari: come reagiscono Veterinari e Proprietari» pubblicato dall’Anmvi (Associazione nazionale Medici veterinari italiani) il volume d’affari complessivo nell’anno di imposta 2021 ha superato il miliardo di euro. A spartirselo i quasi 35 mila professionisti iscritti all’ordine, di cui l’82% svolge attività privata. […]
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Secondo l’Animal Health Europa nel 2023 in 19 Paesi europei, tra cui l’Italia, la spesa per i farmaci veterinari ha raggiunto i 3,8 miliardi di euro (erano 2,9 miliardi nel 2019). Nel nostro Paese la vendita di questo tipo di medicinali è delegata a farmacie e parafarmacie, e nel 2023 il fatturato è stato pari a 440 milioni (erano 295 milioni nel 2015: qui pag.4). Buona parte dei farmaci contiene lo stesso principio attivo di quelli per umani, ma il prezzo è almeno cinque volte più alto.
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Ad esempio, ad un cane con problemi cardiaci il veterinario può prescrivere il Diuren, diuretico con confezione da 30 compresse da 20mg che è identico al medicinale per umani Lasix, proprio perché alla base hanno la stessa molecola, la furosemide. Tuttavia, il prezzo del primo è di 12,70 euro contro 1,72 euro del secondo. Per una tosse o una bronchite a un gatto sarà somministrato l’antibiotico Synulox, che costa 25,60 euro, uguale all’Amoxicillina che ne costa 3,5 euro. Stesso discorso per gli antipertensivi Fortekor (medicinale veterinario) e Benazepril (farmaco per gli umani) con il principio attivo benezepil cloridato.
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Il primo costa 25,50 euro, il secondo 3,88 euro. Infine il Prednicortone 14,5 euro, equivalente del Deltacortene che ne costa 3,25 euro: entrambi hanno come principio attivo il prednisone. Perché questa differenza? Il motivo numero uno è dovuto al fatto che per i farmaci veterinari, al contrario di quelli umani, non vi è alcuna contrattazione tra l’Agenzia italiana del farmaco e le case farmaceutiche produttrici, che dunque stabiliscono in autonomia il prezzo: «Tutti i farmaci che noi assumiamo – spiega il medico veterinario Enrico Moriconi, già Garante per i Diritti degli Animali della Regione Piemonte - sono testati prima sugli animali.
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Fino a 20 anni fa cani e gatti si curavano quasi esclusivamente con farmaci per umani, principalmente pediatrici, in base al peso. È davvero bizzarro sostenere che non si debbano prescrivere farmaci umani ai nostri cuccioli. Il vero motivo è economico; poiché il farmaco veterinario è meno venduto rispetto all’equivalente umano, le case farmaceutiche decidono di imporre il prezzo più alto possibile».
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Ma cosa è successo negli ultimi 20 anni? Le lobby delle aziende farmaceutiche veterinarie hanno fatto le loro pressioni a Bruxelles ottenendo nel 2001 una direttiva, e nel 2019 un regolamento che in sostanza obbligano i professionisti a prescrivere solo medicinali veterinari. È permessa una eccezione solo quando non esiste un corrispondente farmaco veterinario. Ovvero in casi rarissimi. Nell’aprile 2021, dopo la lunga campagna della Lega anti Vivisezione (Lav) #Curiamolitutti, il Ministero della Salute ha emanato un decreto legislativo firmato dall’allora ministro della Salute Roberto Speranza che consente al medico veterinario di prescrivere, a determinate condizioni, farmaci umani a cani e gatti nel caso in cui ci sia il medesimo principio attivo e il medicinale abbia un costo inferiore rispetto a quello per gli animali.
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Contro questa riforma l’ Aisa (Associazione nazionale imprese salute animale) e le aziende farmaceutiche veterinarie hanno fatto ricorso al Tar sostenendo che il decreto può procurare «seri rischi per la salute degli animali». Il Tar ha bocciato il ricorso, ma a dicembre 2023 il governo Meloni, per adeguarsi al Regolamento europeo, ha approvato un nuovo decreto (n.218, art.21 comma 4) che spazza via quello firmato da Speranza.
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Molti proprietari per evitare spese insostenibili sottoscrivono polizze assicurative che di solito coprono le visite di controllo, vaccinazioni, trattamenti medici, interventi chirurgici e terapie. Secondo l’analisi della società di consulenza Grand View Research il mercato italiano delle assicurazioni per animali domestici ha generato nel 2023 un fatturato di 320 milioni di euro e raggiungerà i 963 milioni entro il 2030.
Tuttavia – come per gli esseri umani – le assicurazioni non coprono mai tutto, e per nulla gli interventi sugli animali anziani. Per esempio, un’operazione ortopedica ad un cane, con tutti gli esami e le visite, può costare mille euro, mentre un intervento oncologico può superare i 3 mila euro. Costi insostenibili per la popolazione meno abbiente, che già fa fatica a pagarsi le proprie spese mediche, figuriamoci quelli di una polizza per l’animale domestico. Spesso si tratta di persone anziane, rimaste sole con quell’unico conforto dato dalla compagnia di un cane o un gatto. Secondo il rapporto Eurispes del 2023 il 28,5% rinuncia alle cure e il 26,3% salta le visite veterinarie. Percentuale che probabilmente è aumentata con l’adozione del nuovo decreto.
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