
C’È ANCORA UN GIUDICE DALLA PARTE DEI GIORNALISTI – LA CASSAZIONE HA STABILITO CHE I PM NON POSSONO FORZARE IL SEGRETO DI RIVELAZIONE DI SEGRETO D’UFFICIO, COSTRINGENDO UN CRONISTA A RIVELARE LA PROPRIA FONTE O SEQUESTRANDO I SUOI TELEFONI E COMPUTER – LO STABILISCE UNA SENTENZA CHE HA ANNULLATO IL SEQUESTRO DISPOSTO DALLA PROCURA DI FIRENZE NEL LUGLIO 2024 A CARICO DI SIMONE INNOCENTI DEL “CORRIERE FIORENTINO”, PRIVATO DI CELLULARE E PC ALLA RICERCA DELLA PERSONA CHE GLI AVEVA FORNITO LA NOTIZIA SUL SUICIDIO DI UN’ALLIEVA CARABINIERE NELLA SCUOLA PER MARESCIALLI DELL’ARMA….
Estratto dell’articolo di Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Se il pubblico ufficiale non è individuato e resta ignoto, le Procure della Repubblica non possono forzare il reato di rivelazione di segreto d’ufficio estendendo al giornalista il concorso nel reato fuori dagli unici casi possibili di istigazione o di induzione del pubblico ufficiale a violare il segreto; e, a ruota, i pm non possono quindi sequestrare i telefoni e i computer del giornalista allo scopo di aggirarne il segreto sulle fonti.
Dalla Cassazione arriva uno stop a pratiche investigative sempre più diffuse, stavolta censurate dall’annullamento del sequestro che la Procura di Firenze ordinò con estrazione per parole chiave il 24 luglio 2024, e che peraltro il 31 luglio i carabinieri eseguirono invece con l’integrale duplicazione degli archivi informatici, a carico di un giornalista del Corriere fiorentino, Simone Innocenti, autore il 17 maggio 2024 di un articolo sul suicidio il 22 aprile di una allieva della Scuola Marescialli di Firenze: sequestro la cui conferma era stata poi fatta dal Tribunale del Riesame, e ora richiesta anche dal pg di Cassazione, Fabio Picuti.
Ma al contrario, accogliendo il ricorso dell’avvocato Caterina Malavenda, la VI sezione della Corte (presidente Ercole Aprile, relatore Orlando Villoni) rimarca che in «violazione dell’articolo 15 della Costituzione e dell’articolo 200 del codice di procedura penale la perquisizione è stata deliberatamente mirata a svelare la fonte informativa del giornalista, senza alcuna vera ricaduta sulle indagini», e «questo modo di fare» della Procura «non è obiettivamente consentito alla luce del quadro normativo».
Il che non vuol dire che il giornalista sia sopra la legge, al contrario i magistrati possono attivare il comma 3 dell’articolo 200: qualora le notizie dategli dalla fonte del giornalista siano indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede, e la loro veridicità possa essere accertata solo attraverso l’identificazione della fonte, «il giudice, e non il pm», ordina al giornalista di indicarla. Due condizioni che qui non esistevano. […]