
DIABOLIK È STATO UCCISO PER UNO SGARRO TRA NARCOS, NON PER MAFIA – RAUL ESTEBAN CALDERON, IL KILLER DI FABRIZIO PISCITELLI, IN ARTE DIABOLIK, CONDANNATO ALL’ERGASTOLO (SENZA L'AGGRAVANTE MAFIOSA) – IL CAPO DEGLI “IRRIDUCIBILI” DELLA LAZIO ERA UNO DEI PIÙ POTENTI NARCOS DI ROMA IN GRADO DI FARE CONCORRENZA AI DUE PRINCIPALI TRAFFICANTI DELL’URBE: LEANDRO BENNATO E GIUSEPPE MOLISSO (FEDELISSIMI DEL BOSS MICHELE SENESE). FORSE È PER QUESTO CHE DIABOLIK È STATO UCCISO. O FORSE PERCHÉ...
Andrea Ossino e Giuseppe Scarpa per repubblica.it - Estratti
I criminali intercettati lo ripetono da sempre: Raul Esteban Calderon «ha ammazzato Diabolik, lo sa tutta Roma». Ora è la Corte d’assise a cristallizzare la storia dell’omicidio più clamoroso nella criminalità romana, quello di Fabrizio Piscitelli.
Ieri Calderon è stato condannato all’ergastolo. Anzi, a essere condannato è «Gustavo Alejandro Musumeci », come precisano i giudici, che ricordano come solo recentemente sia stato scoperto il vero nome del killer.
Ma poco importa come si chiami. Ciò che conta è quello che ha fatto il 7 agosto 2019: ha ucciso Diabolik nel polmone verde di Roma Sud, il Parco degli Acquedotti. Un’esecuzione che ha sconvolto gli equilibri della mala romana. Piscitelli non era solo un neofascista a capo degli “Irriducibili” della Lazio. Diabolik era il più potente narcos di Roma al vertice di una batteria di feroci criminali italo-albanesi, in grado di fare concorrenza ai due principali trafficanti dell’Urbe: Leandro Bennato e Giuseppe Molisso.
Forse è per questo che Diabolik è stato ucciso. O forse è perché si comportava come un capo, sancendo patti mafiosi per fermare le faide che danneggiavano gli affari a Ostia.
Forse Piscitelli si è scontrato con le persone sbagliate. Su questo dovrà ancora fare luce l’inchiesta sui mandanti.
Perché per la Corte non si tratta di un omicidio di mafia. L’aggravante è caduta. Di certo c’è un dato: «L’ascesa di Piscitelli nel mondo del crimine», come la definisce in aula il sostituto Mario Palazzi, si è interrotta il 7 agosto di sei anni fa. E l’immagine del suo corpo, con lo sfondo degli acquedotti romani ha fatto il giro del mondo.
«Quello che sembrava impossibile, un delitto in pieno giorno, in un parco pieno di gente», scrivono i pm, «si è rivelato la scena perfetta per l’azione di un killer professionista ». Un sicario già condannato lo scorso novembre per un altro omicidio, sempre all’ergastolo, e poi a febbraio per due delitti mancati: altri 12 anni di carcere.
Tornando al caso della sua più eccellente vittima, Diabolik, i pm hanno incrociato la testimonianza dell’ex compagna del sicario, con le immagini catturate da una telecamera piazzata su un balcone che si affaccia di fronte al parco. Così i carabinieri del Nucleo investigativo e i pm Francesco Cascini, Rita Ceraso, Giovanni Musarò e Mario Palazzi sono riusciti a ricostruire ogni dettaglio: Musumeci, travestito da runner si era mimetizzato tra la gente.
Piscitelli, in quel momento si trovava nel parco per un appuntamento. «Una trappola» per gli investigatori. «Piscitelli e il suo autista giungono sulla strada che costeggia il parco, parcheggiano l’auto. Scendono dalla Jeep, scavalcano il muretto che separa il marciapiede dal parco e si siedono su una panchina, in attesa». È a quel punto che un uomo sbuca dal nulla: un runner correndo si avvicina alla panchina, tende il braccio e preme il grilletto. Un solo colpo.
È morto così Piscitelli. Ma, come ha detto in aula la procura, «nessuna persona merita di essere uccisa, neppure il più spietato criminale». Ora gli inquirenti sono al lavoro per identificare i mandanti del delitto. Perché, come hanno annunciato i pm, «questa storia non finisce qui».
ZOGU E DEMCE CON FABRIZIO PISCITELLI DIABOLIK
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