
DOPO MISS ITALIA NERA… SICURI CHE SAN CALOGERO SIA STATO DAVVERO NERO? – LA SUA NEGRITUDINE È STATA SPIEGATA NEI SECOLI CON TANTE IPOTESI, NESSUNA SODDISFACENTE. FORSE IL COLORE SCURO DIPENDE UNICAMENTE DAI MATERIALI A DISPOSIZIONE DEGLI ARTISTI – IL FATTO CHE IL NERO FOSSE IL COLORE DEL SANTO PRODUSSE UN CURIOSO CORTO CIRCUITO: AI FRATI NERI VENIVA CHIESTO PIÙ SPESSO DI FARE MIRACOLI. E A FURIA DI CHIEDERLI, I MIRACOLI SI REALIZZAVANO. SICCHÉ DOPO CALOGERO IN SICILIA NACQUE E VISSE PIÙ DI UN SANTO DI COLORE..
Estratti da “Catalogo dei santi ribelli”, ed. Utet, raccolti da Giorgio dell’Arti per “il Fatto quotidiano”
San Calogero di Girgenti, miracoli non ne fa nienti;
san Calogero di Canicatti, miracoli non ne fa tri;
san Calogero di Naro, miracoli ne fa un migliaro.
Di Calogero si sa che fu eremita e lo fu in Sicilia; su tutto il resto i siciliani disputano. Potrebbe essere vissuto nel I secolo ad Agrigento o nel X a Naro. Potrebbe aver viaggiato per l'isola in lungo e in largo, soggiornando in quasi tutte le grotte da cui sgorgano acque termali; potrebbe aver vissuto a lungo, veramente molto a lungo.
Per gli abitanti di Naro la questione si risolve come sopra, in modo molto pragmatico: cosa importa il passato? Quel che conta è determinare il Calogero più efficace nel presente, quello che fa più miracoli, e il nostro ne fa mille.
Al che gli agrigentini obiettano: «San Calogero di Girgenti, le grazie le fa per nienti; san Calogero di Naro le fa sempre per denaro». Alla fine della disputa ognuno rimane col Calogero suo.
Siccome poi "Calogero" in greco vuol dire "buon vecchio", non si fatica a immaginare che di Calogeri ce ne siano veramente stati più d'uno, e che a un certo punto della tarda antichità "Calogero" fosse il semplice appellativo con cui i siciliani si rivolgevano ai vecchi e saggi eremiti che vivevano nelle grotte.
Per non esporre i loro fragili corpi alle tentazioni del secolo? Per trovare nel silenzio e nella solitudine una via più diretta all'assoluto? Ma anche perché avevano scoperto che bagnarsi in acque solforose fa bene alla salute e aiuta a invecchiare più lentamente.
Di tutte le leggende, quella della cerva avvalora l'ipotesi. Si narra che giunto intorno ai novant’anni Calogero non riuscisse più a mandar giù nessun tipo di cibo. Il digiuno, che nelle storie dei santi è di solito una pratica autoindotta e consapevole, qui è piuttosto un sintomo dell'invecchiamento.
Calogero, dunque, si nutre unicamente del latte ad altissima digeribilità prodotto da una cerva che Dio gli manda tutte le mattine. Finché un cacciatore, Siero, non la ferisce a morte. La cerva fa giusto in tempo a tornare nella grotta di Calogero e morirgli tra le braccia; il cacciatore che la stava braccando arriva anche lui nella grotta, vede il monaco che l'ha battezzato da bambino chiudere teneramente gli occhi alla sua preda, capisce di avere combinato un guaio irreparabile.
Eppure il santo lo perdona immediatamente, gli mostra la grotta vaporosa e gli illustra tutte le virtù delle acque che sgorgano da quelle falde, un vero tour guidato al termine del quale Siero diventa un suo discepolo; appena in tempo, perché Calogero non sopravviverà alla cerva che per quaranta giorni.
Calogero è un buon vecchio che conosce le virtù nascoste all'interno della terra; lo si venera a Sciacca, il cui monte era dedicato al dio Crono; sul monte di Termini Imerese, dove avrebbe scacciato i demoni e lasciato l'impronta della mano; mentre a Vicari avrebbe lasciato quella del piede.
Calogero è insomma una figura di quel fenomeno che gli storici definiscono inculturazione, la progressiva cristianizzazione dei luoghi sacri agli dei pagani. Dietro al nome Calogero potrebbero nascondersi uno, dieci o centomila chierici, forse davvero provenienti dalla Grecia bizantina, che scacciarono le antiche divinità ctonie dalle grotte della Sicilia.
Non è implausibile che qualcuno di loro avesse davvero la pelle scura; ma il momento in cui san Calogero divento definitivamente nero tu quando cominciarono a circolare le sue statue, più spesso in bronzo o in rame. Il bronzo dei Calogeri di Agrigento e di Naro ha anche l'indubbio vantaggio di scintillare al sole, sicché durante la processione del pomeriggio di giugno (san Calogero si festeggia il 18) l'illusione che statua stia sudando è così efficace che il sudore viene raccolto mediante pezzuole che poi si adoperano per curare i malati.
Il sudore di Naro pare che funzioni di più di quello di Agrigento (ma che sia anche più costoso). La negritudine di Calogero è stata spiegata nei secoli con tante ipotesi diverse, nessuna del tutto soddisfacente. Fino a un determinato momento deve essere sembrata una cosa naturale, così come era naturale in ambito bizantino dipingere icone della Madonna con un certo pigmento; poi, in un periodo imprecisato (nel basso Medioevo?), i colori hanno preso un significato diverso, un'icona qualsiasi della Madonna è diventata una "Madonna nera" e gli agiografi hanno cominciato a domandarsi perché fosse stata dipinta con una tinta così scura. Si era annerita col tempo, col fumo degli incensi e dei ceri? O il colore scuro indicava la sofferenza?
Nel caso di Calogero, il colore scuro forse dipende unicamente dai materiali a disposizione degli artisti. Però si lasciava interpretare anche come un segno della lotta dell'eremita contro i demoni del sottosuolo, le forze della terra che aveva domato, ottenendone in dono le acque della salute.
Catalogo dei santi ribelli - leonardo tondelli
Solo al termine del Medioevo il colore assume un significato etnico o geografico; è l'epoca in cui davvero qualcuno potrebbe aver sostituito in un manoscritto l'appellativo Chalkhidonos ("di Calcedonia", la città bizantina sulla sponda asiatica del Bosforo) con Karchidonos, "cartaginese".
A Cartagine poi non è che la gente abbia mediamente la pelle molto più scura che sul Bosforo, o a Sciacca. Ma lo scambio segna il momento in cui "nero" comincia a significare "africano", ovvero "alieno". Con la complicazione che in Sicilia, a differenza che nelle altre regioni dell'Europa cattolica, qualche alieno ci viveva. Il fatto che il nero fosse il colore di san Calogero produsse un curioso corto circuito: ai frati neri veniva chiesto più spesso di fare miracoli; e a furia di chiederli evidentemente i miracoli si realizzavano, sicché dopo Calogero in Sicilia nacque e visse più di un santo nero.
Ma il Calogero originale di che colore era? Non ha molta importanza. Proviene da un'epoca in cui in effetti nulla di individuale aveva molta importanza: non il colore, non il luogo di provenienza, né la data di nascita, né il nome stesso.
"Calogero" era chiunque riuscisse a invecchiare serenamente in un luogo salubre e appartato; anche tu avresti potuto diventare Calogero e in fondo te lo auguro: è sufficiente togliersi dai piedi, farsi crescere più barba bianca possibile e mandare a memoria un po' di buoni consigli da snocciolare ai giovani che salgono a trovarti e a portarti qualcosa di non troppo difficile da digerire.
La cosa migliore è che quando diventi Calogero il tuo passato individuale scompare: anche se in teoria è il motivo per cui hai deciso di arrivare lì, nessuno ti chiede più davvero cosa hai combinato, chi eri, contro chi hai combattuto. Il tuo passato finisce sottoterra come quello di tutti i Calogero prima di te: i giovani si fanno l'idea che tu abbia passato qualche migliaio di anni a lottare contro i demoni del sottosuolo, che ti hanno carbonato la pelle e incanutito le chiome ma non ti hanno vinto. E se ci rifletti un attimo è andata proprio così.
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