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ESPLOSIONI E MISTERI NELLE ACQUE ITALIANE - LA NAVE SEAJEWEL, ORMEGGIATA A LARGO DI SAVONA E BATTENTE BANDIERA MALTESE, SAREBBE STATA DANNEGGIATA DA DUE BOMBE PIAZZATE DA ALCUNI SUB. IL MOVENTE? VA RICERCATO NELLA GUERRA TRA RUSSIA E UCRAINA: L’AZIONE SAREBBE COLLEGATA, INFATTI, ALL’EMBARGO DEL PETROLIO DI MOSCA SANZIONATO IERI PER L’ENNESIMA VOLTA DALL’UNIONE EUROPEA CHE HA PUNITO LE NAVI-OMBRA, QUELLE IMBARCAZIONI CHE CERCANO DI AGGIRARE I DIVIETI DI COMMERCIO ATTRAVERSO LA CANCELLAZIONE DELLA PROVENIENZA DEL GREGGIO – SI INDAGA PER TERRORISMO - GLI ESAMI DELLA SCATOLA NERA E DEI PESCI TROVATI MORTI VICINO ALLO SCAFO...
Estratti da open.online
La Seajewel ormeggiata al largo di Savona sarebbe stata raggiunta da alcuni sommozzatori. Che hanno piazzato due bombe quando la nave era già in rada. Grazie a un sistema di copertura orchestrato da terra. E il movente andrebbe ricercato nella guerra tra Russia e Ucraina. La svolta nell’indagine sul danneggiamento della nave nel porto di Vado Ligure della scorsa settimana è di queste ore. Il procuratore capo di Genova Nicola Piacente e la sostituta Monica Abbatecola, coordinati dal pg Mario Pinelli indagano. E, scrive oggi La Stampa, le prove sono evidenti.
Gli investigatori hanno già sequestrato la scatola nera della Seajewel. E pensano che l’azione sia collegata all’embargo del petrolio di Mosca. Sanzionato ieri per l’ennesima volta dall’Unione Europea che ha punito le navi-ombra. Ovvero le imbarcazioni che cercano di aggirare i divieti di commercio attraverso la cancellazione della provenienza del greggio. Sono stati sentiti alcuni testi e sono stati esaminati dei video. Gli inquirenti hanno disposto un nuovo interrogatorio per i membri dell’equipaggio. Proprio loro avevano parlato di una bomba: «C’è stato un primo scoppio, meno violento, seguito da un boato più forte», avevano spiegato alla Capitaneria di porto.
Ora i pubblici ministeri esamineranno le salme di alcuni pesci trovati morti nell’area vicina al punto in cui lo scafo della Seajewel è stato danneggiato. Per verificare la presenza di tracce di esplosivo.
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SI INDAGA PER TERRORISMO
Andrea Pasqualetto,Guido Olimpio per il "Corriere della Sera" - Estratti
(...) La petroliera Seajewell, battente bandiera maltese, potrebbe essere rimasta vittima di un attacco con cariche esplosive che hanno provocato danni minori ma che, al tempo stesso, costituirebbe un segnale inquietante.
L’ipotesi dell’attentato ha preso quota ieri, quando la Direzione distrettuale antimafia di Genova ha deciso di aprire un fascicolo per «naufragio di natante aggravato dal terrorismo». «Nel momento in cui vengono posti in essere atti che possono portare al naufragio il reato ipotizzato è questo», ha spiegato prudente il procuratore di Genova Nicola Piacente.
Al lavoro c’è dunque l’Antiterrorismo che, dopo aver assorbito l’indagine fin qui condotta dagli inquirenti di Savona, ha messo in campo la Digos di Genova, oltre agli uomini della Capitaneria di porto con il supporto di un ufficiale incaricato dal Comando di Roma, ai Gos del Comsubin della Marina e ai sub della Polizia.
Fra gli elementi che depongono per due ordigni piazzati dall’esterno (non ci sono state rivendicazioni), la moria di pesci che si è verificata nella zona dell’esplosione e il fatto che le lamiere dello scafo siano ritorte verso l’interno nel punto della falla (120 centimetri per 70).
Qualcosa potranno raccontare la scatola nera e le analisi di laboratorio sui pesci morti, dove si cercano tracce di esplosivo. L’esplosivo infatti «parla» e la consulenza sarà importante anche per fugare dubbi e paure, una certa «nebbia di guerra» che si sta addensando in queste ore. Arrivata dall’Algeria, la nave, bandiera maltese e armatore greco, era stata indicata dagli ucraini come parte del contrabbando gestito da società «vicine» a Mosca.
La vicenda savonese potrebbe dunque essere un avvertimento condotto da elementi esperti, una manovra di disturbo, anche se non possiamo mai escludere giochi e manovre. Il tipo di attentato è perfetto per confondere acque agitate come non mai. Dal Nord Europa fino al Mediterraneo. Prima ci sono stati i cavi di comunicazione tranciati, con i sospetti su navi cinesi e russe, e in parallelo una catena di fatti che hanno sollevato interrogativi.
Il 23 dicembre il mercantile Ursa Major affonda nel quadrante iberico. L’armatore specifica che c’è stata un’esplosione e indica come pista il «terrorismo». A bordo c’erano parti destinate a un nuovo rimorchiatore russo.
Un mese dopo scoppia un incendio sulla nave spia Kildim nel settore di Cipro, poi ancora problemi — minori — per il cargo Sparta, diretto in Siria, e per un paio di «cisterne» di nuovo nel Baltico. Più seria la «botta» subita dalla petroliera Koala nello scalo di Ust-Luga, regione di San Pietroburgo, con tre deflagrazioni attribuite a cause accidentali. Per tutti gli eventi non ci sono prove di dolo, però colpisce la frequenza che ricorda il duello marittimo di Israele e Iran.
L’allerta è continua. Lo dimostra l’attenzione delle intelligence per la Maia 1, entrata nel bacino mediterraneo dopo aver attraversato Suez. Salpata da Vladivostok, ha come meta ancora Ust-Luga. Perché sarebbe «interessante»? Il mercantile russo che trasportava armi nordcoreane è sotto sanzioni e fa parte della lista delle unità ombra. Il suo viaggio, però, era legato alla realizzazione di un impianto per gas liquido in Russia, infrastruttura costruita anche con «pezzi» cinesi e sottoposta a embargo.