
“I PROCESSI DI CHIARA POGGI E SERENA MOLLICONE SI RIAPRONO CLAMOROSAMENTE, STAGLIANDO GLI ENNESIMI DUBBI SULL'OPERATO DELLA MAGISTRATURA LA CUI CREDIBILITÀ APPARE IN CADUTA LIBERA” – GIANLUIGI NUZZI: “QUESTE DUE STORIE RIMETTONO TUTTI NOI DI FRONTE ALLA CRISI PROFONDA DELLA CREDIBILITÀ DELLA GIUSTIZIA. IL CITTADINO TROVA DIFFICOLTÀ AD AFFIDARSI, SENZA RAGIONEVOLI DUBBI, QUANDO GLI ERRORI IN TOGA RIMANGONO IMPUNITI, I MAGISTRATI SI SMENTISCONO TRA LORO E LE SENTENZE SEMBRANO SCRITTE CON L'INCHIOSTRO SIMPATICO…”
Estratto dell’articolo di Gianluigi Nuzzi per "la Stampa"
andrea sempio chiara poggi alberto stasi
Chiara Poggi e Serena Mollicone sono state ammazzate agli inizi di questo millennio e ancora attendono giustizia. Entrambi i processi clamorosamente si riaprono, stagliando gli ennesimi dubbi sull'operato della magistratura la cui credibilità appare in caduta libera. Il comandante dei carabinieri di Arce ritorna così sotto processo per la morte di Serena e così per quella di Chiara si riaprono vecchie ferite tra gli inquirenti di Vigevano e quelli di Milano che si ritrovarono su conclusioni opposte nell'indicare l'assassino della giovane di Garlasco trovata senza vita la mattina del 13 agosto 2007 con il gatto che girava liberamente nell'appartamento tra gli investigatori che esaminavano la scena del crimine, privi degli indispensabili calzari.
Il pm dell'epoca, Rosa Muscio, dispose il sequestro di tutte le scarpe utilizzate dai militari ma uno di loro consegnò quelle sbagliate.
E così si dovette riniziare daccapo a mappare le impronte presenti intorno al cadavere buttato giù dalle scale che portavano alla cantina della villetta. Come se non bastasse il corpo venne riesumato due giorni dopo i funerali perché si erano dimenticati di prendere le impronte ai piedi di Chiara, indispensabili per ricostruire il cammino della vittima inseguita dal o dai carnefici.
Ancora, le scarpe di Alberto Stasi non vennero sequestrate subito così come la bicicletta nera vista da una testimone accostata vicino al portone della villetta rimase fuori dallo spettro delle indagini per nove anni.
Questi errori lasciano di sale il nuovo procuratore aggiunto di Pavia, Stefano Civardi, che oggi lavora su due fronti: capire chi ha ucciso Chiara e se questa sequenza è dovuta alla sciatteria o qualcosa di peggio.
Così come per la Mollicone l'azzeramento delle assoluzioni del comandante dei carabinieri di Arce e dei suoi congiunti riqualifica i dubbi che Serena sia stata uccisa in quella caserma da qualcuno che voleva impedirle di parlare.
Due storie, quella di Chiara e di Serena rimettono tutti noi di fronte alla crisi profonda della credibilità della giustizia. Il cittadino trova difficoltà ad affidarsi, senza ragionevoli dubbi, quando gli errori in toga rimangono impuniti, i magistrati si smentiscono tra loro e le sentenze sembrano scritte con l'inchiostro simpatico.
Non sono casi isolati. Settimana scorsa, è arrivata conferma ufficiale che Liliana Resinovich a Trieste non si è suicidata ma è stata uccisa, dopo che per ben tre anni la procura ha sostenuto la tesi che si era tolta la vita. Ora, ci sarà stata anche la prima autopsia sbagliata ma ci si dovrà interrogare se per riconsiderare questa morte ci si impiega addirittura tre anni, lasciando parenti e opinione pubblica in un limbo di congetture, incertezze, frustrazioni, veleni e sfiducia.
ANDREA SEMPIO CHIARA POGGI ALBERTO STASI
Una storia che ricorda quella di Valentina Salamone, ragazza siciliana trovata impiccata nel 2010, fuori da una villetta. Solo grazie all'abnegazione dei genitori e di qualche collega di Videonews, come Simone Toscano, il caso chiuso per suicidio fu riaperto e l'assassino, Nicola Mancuso, condannato definitivamente all'ergastolo.
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Errori, lentezze pachidermiche diventano anche trampolini di lancio per le strumentali campagne di delegittimazione, per la pioggia di fake news di chi su di noi proietta – soprattutto via social – interpretazioni complottiste, manipolatorie, riducendo i tribunali a ritrovo di congiurati e relative milizie.
Il risultato è devastante: quando a fine dell'estate scorsa viene uccisa senza perché nella bergamasca Sharon Verzeni, i potenziali testimoni al telefono – inconsapevoli di finire intercettati – sperano di non fare la fine di Rosa Bazzi, Olindo Romano, Annamaria Franzoni, «incastrati da prove false prefabbricate». Eravamo abituati a non sentire mai nei comizi dei candidati alle campagne elettorali la promessa di aprire caserme della Guardia di Finanza in caso d'elezione, ma che si abbia paura di finire sotto inchiesta da semplici testimoni, innocenti, dà la misura inquietante del progressivo ineluttabile scollamento tra cittadini e istituzioni.
GENITORI DI CHIARA POGGI
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ANTONIO MOLLICONE - ZIO DI SERENA
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