
"I COLD CASE SONO L’OSSESSIONE DI INQUIRENTI E CRONISTI" – ROMAGNOLI SUI CASI DI CHIARA POGGI E SERENA MOLLICONE: “CI SONO COLD CASE OGGETTIVI, DOVE LA SOLUZIONE NON SI È AFFACCIATA MAI. ED ESISTONO ANCHE QUELLI SOGGETTIVI, CHE LA GIUSTIZIA RITIENE DI AVER RISOLTO, MA QUALCUNO RIMETTE IN DISCUSSIONE, CON ISTANZE DI REVISIONE, NUOVE PROVE. IL SUCCESSO DI QUESTI TENTATIVI È SPESSO EFFIMERO. CONTRADDIRSI NON È UN VERBO CHE LA MAGISTRATURA AMI CONIUGARE, NELL’INTERESSE DELL’INTERA CATEGORIA INQUIRENTE E AL NETTO DI DIATRIBE INTERNE…”
Estratto dell’articolo di Gabriele Romagnoli per “la Repubblica”
Il cold case […] È l’ossessione di alcuni: inquirenti e cronisti che vanno in pensione portandosi a casa e sulle spalle i faldoni di un caso che ha segnato la loro intera vita professionale e non hanno chiuso prima di chiudere; familiari della vittima che non hanno avuto giustizia o del condannato per quella che ritengono un’ingiustizia. È il tormento di uno: il colpevole in libertà. A volte anche di un altro: l’innocente in galera al suo posto. È un laico atto di fede: se continui a crederci la verità ti sarà rivelata.
Qualche volta infine accade: per un caso, un terminale pentimento (i film più che la realtà sono pieni di criminali che si confessano sul letto di morte) o per l’ostinazione di un singolo, pagato o no che sia per mostrarla.
Chiara Poggi e Serena Mollicone sono soltanto gli ultimi due nomi ripescati dall’archivio della memoria e dei tribunali. Intestano fascicoli riaperti con fragore maggiore di quando vennero chiusi, quasi pari a quando fecero irruzione nella cronaca e nell’immaginario popolare, che tende a sparpagliarsi lungo le piste investigative come un segugio raffreddato, affetto dal virus del pregiudizio.
Ci sono cold case oggettivi, dove la soluzione non si è affacciata mai, soltanto il suo barlume. Jfk è quello consegnato alla storia, Black Dahlia alla letteratura da James Ellroy. Possono riguardare un uomo di potere, come il premier svedese Olof Palme, o una bambina in villeggiatura, come la piccola Maddie McCann.
In Italia vanno e vengono a ondate. La risacca consegna e si riporta via una soluzione che forse era (o ancora è) sotto gli occhi di tutti: per la scomparsa di Emanuela Orlandi o per il delitto di via Poma.
Esistono anche cold case soggettivi, che la giustizia ritiene di aver risolto, ma qualcuno rimette in discussione, con istanze di revisione, ulteriori perizie, prove nuove o presunte tali. Il successo di questi tentativi è spesso effimero. Contraddirsi non è un verbo che la magistratura ami coniugare, nell’interesse dell’intera categoria inquirente e al netto di diatribe interne che spingano invece a sconfessare con esultanza l’operato dei predecessori.
ROSA BAZZI OLINDO ROMANO STRAGE DI ERBA
Può tuttavia capitare che un ex allevatore sardo, in cella per triplice omicidio, arrestato a 26 anni, venga scagionato a 58, essendo risultata falsa una testimonianza chiave. Errori giudiziari, figli di indagini mal condotte o fuorviate dalla necessità di una conclusione. È un luogo comune dire che «l’assassino o lo prendi nei primi giorni o mai più», ma ora sarebbe più corretto porre come alternativa «dopo vent’anni».
I cold case sono eredità d’ombra. Rendono cupa una strada (via Gluck dove trent’anni fa un uomo mascherato uccise Armando Blasi) o un i ntero paese (Garlasco, Erba). La luce torna con la soluzione, come nel quartiere dell’Olgiata, teatro dell’omicidio di Alberica Filo della Torre. Vent’anni di buio per arrivare a una soluzione da fumetto: era stato il maggiordomo.
kate e gerry mccann con la foto della piccola maddie
All’epoca la Mobile di Roma aveva istituito una sezione apposita dedicata ai casi irrisolti. Il capo che la volle ha fatto carriera, da gennaio è direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza. Il suo nome è Vittorio Rizzi. In un’intervista raccontò: «Seguiamo il teorema di Bayes, un metodo per calcolare il livello di fiducia in un’ipotesi, alla luce di una nuova informazione. Se c’è il Dna il livello è alto.
[…] Il cold case è uno spietato gioco delle parti: la speranza di una è la paura dell’altra. Giustizia e verità si allacciano e slacciano in una danza che insegue l’equilibrio e può non trovarlo. Soltanto la soluzione ineccepibile redime la storia collettiva e individuale. Per chi è stato condannato e si professa innocente la pena è il carcere; per tutti gli altri, se vogliono usare ancora la ragione, l’assenza di assolute certezze.
casa garlasco 6
ANDREA SEMPIO
SERENA MOLLICONE
EMANUELA ORLANDI 3
serena mollicone 8
le tracce di sangue nella villetta di garlasco
delitto garlasco 2