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A LETTO CON BENITO – “QUANDO ABITAVO A ROMA ERO UN GRAN CHIAVATORE” RACCONTÒ A CLARA PETACCI: “AVEVO QUATTORDICI DONNE, IL PENSIERO DI ESSERE DI UNA SOLA MI ERA INCONCEPIBILE. C’È STATO UN PERIODO CHE NE PRENDEVO TRE-QUATTRO PER SERA, UNA DOPO L’ALTRA” - LA LIASON CON MARGHERITA SARFATTI DURÒ DUE ANNI. TRA LA SECONDA METÀ DEGLI ANNI VENTI E IL 1932 LEI ACCETTÒ PERSINO DI FREQUENTARLO ASSIEME ALLA FIGLIA ADOLESCENTE FIAMMETTA, INNAMORATISSIMA DEL DUCE, CHE NON MANCÒ DI TOGLIERSI LO SFIZIO QUASI SOTTO GLI OCCHI DELLA MADRE, INVECCHIATA PRECOCEMENTE” – DA “BENITO” DI GIORDANO BRUNO GUERRI
Tratto da “Benito”, di Giordano Bruno Guerri, ed. Rizzoli
BENITO - GIORDANO BRUNO GUERRI
Se di giorno recitava la parte del settentrionale intransigente e scandalizzato per i ritmi romani, di sera e di notte si lasciava sedurre dalla mondanità capitolina.
I camerati dell’alta borghesia e dell’aristocrazia – ormai non erano pochi – lo introdussero nelle dimore patrizie e nei ristoranti di lusso.
Per la prima volta rivisse la condizione bohémien della giovinezza, ma prima si faceva ascoltare nei circoli fumosi, ora nei palazzi del potere; prima terminava la notte nei postriboli, ora sui divani delle aristocratiche.
«Quando abitavo in via Rasella ero un gran chiavatore» raccontò a Clara Petacci «avevo quattordici donne, il pensiero di essere di una sola mi era inconcepibile. C’è stato un periodo che ne prendevo tre-quattro per sera, una dopo l’altra».
Sospetto che millantasse sulle prestazioni serali, ma era serio quando, parlando con un giornalista straniero, disse che, se prima rischiava di «finire dentro», ora «a metterli dentro sono io».
Rachele rimase a Milano, all’epoca non era consuetudine portare con sé la first lady, diremmo oggi. Aveva mantenuto l’atteggiamento di contadina romagnola e anche in seguito non comparve quasi mai in occasioni pubbliche, badava alla casa e ai figli.
Come raccontò Vittorio, la madre non aveva intenzione di muoversi: per il pregiudizio – diffuso e fondato già allora – circa la sporcizia e la mollezza che regnavano a Roma, e perché nel capoluogo lombardo stava benone. Faceva la vita da sciura, si muoveva con l’autista per andare al mercato a discutere sul prezzo della verdura e a incontrare le amiche. La lontananza le permetteva di sopportare l’ingombrante infedeltà di lui.
rachele e benito mussolini - 1
Anche Benito aveva la sua Duse, la sua musa, e definirla un asso nella manica sarebbe riduttivo. Margherita Sarfatti era ospite frequente a Palazzo Grimani Tittoni, e sopportava stoicamente la moquette resa fetida dagli escrementi della leoncina.
Continuare a offrire al capo, oltre al corpo, la propria sfaccettata conoscenza era un piacere per lei, per lui una fonte di sapere cui attingere quando era necessario fare sfoggio di cultura. In questo periodo il rapporto tra i due raggiunse l’acme, Margherita si galvanizzava all’idea di averlo portato dov’era.
Alcune sue lettere al neopresidente – rese pubbliche solo di recente – trasudano un legame sempre meno razionale e sempre più passionale, quasi patologico. Il primo gennaio 1923 gli scrisse:
«Benito, mio amore, mio amante, mio adorato! Sono, mi proclamo, mi glorio di essere appassionatamente, interamente, devotamente, perdutamente Tua. [...] Iddio ti benedica, Amore in quest’anno della tua inenarrabile passione, del tuo duro travaglio, del tuo sacrificio, ma anche della tua santa gloria».
Si dichiarava «tua amica, tua donna, tua sposa», e pazienza per Rachele che, lontana, non poteva nuocere. Mussolini però aveva la mente altrove, e alle altre che trovò nella capitale. Si serviva di lei per tutto quel che riguardava la propria immagine pubblica, e prese a ignorarne le effusioni.
«Sono stanca di amarti» sbottò Margherita nello stesso anno «tu sei un uomo estremamente sensitivo, ma fortissimo e, come tutti gli impetuosi, “dai furori” e dopo ti passa. Io no». Iniziò persino a criticare la sua goffaggine quando provava a passare da intellettuale: «Bella figura idiota ci hai fatto ad andare in pompa magna da quell’idiota di Bettinelli, il più falso, cretino retorico pittore di Milano».
Nel 1924 Margherita perdette il marito, Benito continuò a frequentarla controvoglia. Confesserà a Clara Petacci: «Non l’ho amata: è stata una cosa puramente sessuale. Due anni ha durato l’effetto. Dopo abbiamo continuato così, senza amore. Forse lei mi amava: io no. E poi faceva troppo la presidente: mi imitava».
Forse era questo, a urtarlo di più. O forse lui l’aveva imitata e a quel punto avere uno specchio costantemente davanti agli occhi era intollerabile. Lei, fin quando poté, coltivò la propria fama e la propria carriera non facendo mistero del legame con il capo del fascismo e del governo.
Tra la seconda metà degli anni Venti e il 1932 accettò persino di frequentarlo assieme alla figlia adolescente Fiammetta, innamoratissima del duce, che non mancò di togliersi lo sfizio quasi sotto gli occhi della madre, invecchiata precocemente.
benito mussolini circondato da anziane signore
benito mussolini e le donne 2
una donna sussurra all orecchio di benito mussolini
MUSSOLINI E LE DONNE
BENITO MUSSOLINI SU LIBERTY MAGAZINES DEFINITO IDOLO DELLE DONNE
benito mussolini circondato da ragazze
rachele e benito mussolini
benito mussolini – trebbiatura a littoria 3
claretta petacci 2
benito mussolini
Rachele e Benito Mussolini con i figli Edda - Bruno - Vittorio e Romano
benito mussolini
sarfatti ph ghitta carell coll gaetani 3
CLARETTA PETACCI
BENITO MUSSOLINI CLARETTA PETACCI
Claretta Petacci
lettera di mussolini a claretta petacci
claretta petacci.
margherita sarfatti