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VI RICORDATE DI MATTIA MAESTRI, IL ‘PAZIENTE 1’ DI CODOGNO? IL MARATONETA, PRIMO ITALIANO A CUI FU DIAGNOSTICATO IL COVID, RICORDA: “NON STAVO BENE, AVEVO FEBBRE, TOSSE, ERO SPOSSATO. CHIESI A UN INFERMIERE: NON SARÀ MICA COVID?”. E LUI MI RISPOSE IN DIALETTO: "IL COVID NON SA MICA DOVE SI TROVA CODOGNO” - È STATA MIA MOGLIE A RICORDARE DI QUELLA CENA CON L’AMICO RIENTRATO DALLA CINA.... - "DI QUEL MESE IN COMA NON RICORDO NULLA. HO RIPRESO A FARE SPORT COME PRIMA…"
Alfio Sciacca per corriere.it - Estratti
«Non potrò mai dimenticare quelle parole della dottoressa Malara. A un certo punto mi disse: “Mattia tu non respiri più. Tu stai morendo”. Stranamente io non avevo la percezione di una tale gravità. Sì, avevo la tosse, stavo male, ma non avevo la sensazione di non respirare più e di essere ad un passo dalla morte».
Poche ore dopo Mattia Maestri entra in coma per risvegliarsi un mese dopo e scoprire che l'Italia si era fermata per la pandemia e lui era il paziente 1.
Quindi ha capito perfettamente che la stavano per sedare?
«La dottoressa Annalisa Malara (la prima che ebbe l'intuizione di sottoporre Maestri al test sul Covid, ndr) cercava di spiegarmi tutto. Mi avevano fatto tutti i tipi di analisi. Risultavo negativo a tutto eppure stavo morendo non avendo nulla. Alla fine lei mi disse: “Guarda io non so più cosa fare. A questo punto ti devo addormentare in modo che tu possa stare al minino e risparmiare più energie possibili». Dopo mi hanno sedato e ho dormito per un mese.
Nei giorni precedenti cosa era successo?
mattia maestri in vetrina a casalpusterlengo
«Ricordo che andai al pronto soccorso due volte. Non stavo bene, avevo febbre, tosse, ero spossato. Non ho mai saputo che fosse Covid, l'ho scoperto solo quando mi sono risvegliato»
Tra il primo e il secondo ingresso al Pronto soccorso a nessuno venne il sospetto che potesse essere Covid?
«Assolutamente no. In quel periodo pensavamo che il Covid fosse lontanissimo da noi. Per tutti noi era una questione che riguardava solo la Cina e non pensavamo mai che sarebbe arrivato in Italia, nonostante fossero già morti tanti anziani. Il Covid era già tra noi e non lo sapevamo. Fui io un giorno, scherzando, a chiedere a un infermiere: “Non sarà mica Covid?”. E lui mi rispose in dialetto: "Il Covid non sa mica dove si trova Codogno”»
Eppure, lei giorni prima era stato a cena con un suo amico rientrato dalla Cina?
«Circa dieci giorni prima eravamo andati a mangiare la pizza con un vecchio amico rientrato dalla Cina. Solo quando mi sono risvegliato dal coma ho scoperto che proprio quel particolare mi aveva salvato la vita. Mentre io dormivo hanno cominciato a fare domande a mia moglie.
È stata lei ad un certo punto a ricordare di quella cena con l’amico rientrato dalla Cina. Ed è stato quel ricordo a consentire alla dottoressa Malara di assumersi il rischio di sottopormi al test Covid, andando contro le procedure previste. A salvarmi sono state il ricordo di mia moglie e il coraggio della dottoressa Malara. A lei bisognerebbe fare un monumento perché è andata contro i protocolli in vigore in quel momento. All’epoca il test del Covid si poteva fare solo se tu eri stato a contatto con una persona positiva o eri rientrato dalla Cina»
Lei ha scoperto tutto solo al risveglio dal coma.
«Esatto. Quando mi sono svegliato non sapevo nulla, (...)
Ora come sta? Il Covid ha lasciato degli strascichi?
«Nulla. Fortunatamente quello che chiamano il long covid non so cosa sia. Faccio esattamente tutto quello che facevo prima»
Ha ripreso la vita di prima.
«Praticamente sì. Lavoro con la stessa azienda e faccio ancora tantissimo sport. La mia più grande soddisfazione è stato riuscire a prendere parte anche alla gare di Ironman appena due anni dopo il coma. E voglio tornare a farlo. È una delle competizioni più dure al mondo, ma sono certo di farcela ancora».
(...)
Che lezione le ha lasciato, e ci ha lasciato, il Covid?
«Sono stati mesi difficilissimi, di grandi privazioni, ci si sentivamo tutti in gabbia, prigionieri nelle nostre case. In quei mesi abbiamo scoperto il valore delle cose che ci mancavano. Anche le piccole cose. Abbiamo compreso che la normalità era un privilegio. Finita la fase più dura poi ci bastava una passeggiata o altre cose semplici della quotidianità per sentirci felici. Ma adesso che abbiamo ritrovato tutto siamo tornati indietro e forse abbiamo dimenticato quella lezione».