“I SICILIANI SI SONO OFFESI PER IL GIOCO SULLA MAFIA? NEL MIO RISIKO NON SI AMMAZZANO CIVILI E I CRIMINALI SI UCCIDONO TRA DI LORO” - MAXIMILIAN MARIA THIEL, IL 62ENNE "PADRE" DEL GIOCO DA TAVOLO "LA FAMIGLIA - THE GREAT MAFIA WAR", PROVA A SPEGNERE LE POLEMICHE: "LE ACCUSE DI MARIA FALCONE? SONO DISPIACIUTO, MA NON C’ERA NESSUN INTENTO DI OFFENDERE LA MEMORIA DELLE VITTIME O DI BANALIZZARE LA MAFIA E LA SUA VIOLENZA. AGGIUNGEREMO UN SUPPLEMENTO NELLE NUOVE EDIZIONI CHE SPIEGA STORICAMENTE I FATTI. NON VOGLIAMO FERIRE I SENTIMENTI DI NESSUNO E..."
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Estratto dell’articolo Romina Marceca per “la Repubblica”
Maximilian Maria Thiel gioco La Famiglia - The Great Mafia War
Maximilian Maria Thiel, 62 anni, è un progettista tedesco di giochi da tavolo. La sua ultima creatura è «La Famiglia - The Great Mafia War», che simula la seconda guerra di mafia negli anni Ottanta.
Da qualche giorno è stato tradotto in italiano e adesso è disponibile sui siti di acquisti online. Sta di fatto che il gioco, prodotto dalla Boardgame Atelier e che ha vinto in Francia l’As d’Or nel 2024, come miglior gioco per esperti, è finito al centro di una polemica con in testa la sorella di Giovanni Falcone, Maria, che dice: «Offende la memoria di tutte quelle persone che hanno dato il loro contributo per rendere questa terra libera».
Si aspettava tutto questo?
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«No. In “La Famiglia” abbiamo deliberatamente mantenuto il gioco molto astratto (blocchi invece di figure). Non ci si rende nemmeno conto di uccidere mentre si gioca. “La Famiglia” non vuole glorificare o banalizzare la mafia e la sua violenza, anzi piuttosto far comprendere gli avvenimenti storici. È destinato a un pubblico adulto. Il fatto che si chiami gioco non deve far pensare che sia banale o leggero, tutt’altro».
[…]
Non poteva scegliere un altro tema? Non ha pensato che questo l’avrebbe esposta a critiche?
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«Non ci ho pensato perché volevo un gioco strategico e di controllo dei territori. Quando giochi non vuoi uccidere qualcuno davvero, ma ti basi sulla strategia, sul bluff, sul carattere della squadra. Ci sono 25mila giochi di guerra ma nessuno di loro vuole spingere alla guerra, è solo il tema di riferimento. Ho scelto la seconda guerra di mafia perché volevo un “due contro due”. Da una parte le famiglie Inzerillo e Bontade, dall’altra quelle di Riina e Provenzano».
Cosa risponde a Maria Falcone, che ha attaccato il suo gioco?
«Innanzitutto che sono molto dispiaciuto, non c’era nessun intento di offendere la memoria delle vittime. Io penso che si sia creato un grande malinteso. “La Famiglia” tratta di una guerra tutta interna alla criminalità negli anni Ottanta tra le famiglie mafiose in cui il braccio militare dei corleonesi distrusse completamente i palermitani, economicamente e politicamente molto più potenti. Io credo che il problema sia che si confonde la lotta di potere interna alla mafia con la lotta politica della mafia».
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Cioè?
«Nella seconda guerra tra clan sono stati uccisi importanti esponenti dell’antimafia come il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa e l’esponente politico Pio La Torre.
Ma non sono stati inseriti nel mio gioco. Sono consapevole che gli omicidi di Falcone, Borsellino, La Torre e Dalla Chiesa sono stati eventi incisivi che hanno lasciato un segno profondo nella coscienza degli italiani (e nella mia), con tutte le loro conseguenze. Ho seguito con attenzione le manifestazioni che ne sono seguite. Il mio gioco va visto come un Risiko siciliano con i personaggi che imbracciano la lupara per conquistare la cupola».
Il partito Forza Italia ha chiesto al presidente della Regione Sicilia che venga vietata la distribuzione in tutta l’isola.
«Ho parlato con molti siciliani e mi hanno spiegato i loro sentimenti. Mi dispiace molto che si sentano feriti. Ci sono più di 500 giochi sulla mafia in commercio. Non voglio banalizzare la lotta alla criminalità ma ripeto: qui si uccidono tra loro. Sono convinto di non aver fatto nulla di sbagliato».
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Quale soluzione propone per uscire delle polemiche?
«[…] aggiungeremo un supplemento nelle nuove edizioni che analizza e spiega storicamente i fatti. Non vogliamo ferire i sentimenti di nessuno».
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