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UNA BRUTTA STORIA DI ’NDRINE – SEDICI PERSONE SONO STATE ARRESTATE IN PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA PER LO STUPRO DI DUE RAGAZZE, CHE PER ANNI HANNO SUBITO ABUSI – GLI “AGUZZINI” FACEVANO LEVA SULLA PAURA DELLE GIOVANI, VISTO CHE TUTTI ERANO IMPARENTATI CON ESPONENTI DELLE COSCHE DELLA ’NDRANGHETA NELLA PIANA DI GIOIA TAURO – UNA DELLE RAGAZZINE HA DOVUTO COMBATTERE CONTRO L’OSTILITÀ DEL FRATELLO E DELLA SORELLA, CHE L’AVEVANO INVITATA A “BUTTARSI DALLA FINESTRA” PUR DI CONVINCERLA A NON DENUNCIARE…

Estratto dell'articolo di www.corriere.it

 

VIOLENZA SESSUALE SU UNA RAGAZZA

Si chiude con altri tre arresti l’ampia inchiesta della Procura dei minorenni di Reggio Calabria e della polizia di Stato di Palmi su una serie di violenze sessuali di gruppo, ripetute, ai danni di due ragazze all’epoca dei fatti minorenni, a Seminara, nella Piana di Gioia Tauro.

 

La polizia, su ordine del gip del tribunale dei minori di Reggio, ha arrestato questa mattina (sabato 21 dicembre) tre ragazzi, anche loro accusati di violenza di gruppo aggravata, come altre tredici persone: quattro erano finiti in arresto a dicembre 2023, altri 9 a settembre di quest’anno. È l’operazione «Masnada». 

 

VIOLENZA SESSUALE

Gli ultimi tre arrestati erano minorenni all’epoca dei fatti e adesso hanno più di 18 anni: sarebbero gli aguzzini della seconda delle due vittime (amiche tra loro, alla prima facevano riferimento molti dei primi arresti), che secondo le accuse è stata costretta a subire le violenze - tra gennaio 2022 e novembre 2023 - e a essere filmata: video in cui i violentatori offendevano a ripetizione il genere femminile, come riportano gli inquirenti. Gli autori delle violenze avrebbero fatto leva, molto spesso, sul timore, sulla paura, in un contesto davvero difficile: quasi tutti gli arrestati hanno legami di parentela con esponenti delle cosche di ‘ndrangheta nella Piana di Gioia Tauro.

 

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Una storia di riscatto delle due ragazze vittime, contro le violenze e allo stesso tempo contro un’omertà mafiosa che a Seminara, 2.500 abitanti, in molti volevano imporre. «Eppure tutti in paese sapevano quanto accadeva» avevano commentato dopo la prima ondata di arresti i dirigenti di polizia.

 

«L’ambiente non ha aiutato certamente le due ragazze ad aprirsi con le forze dell’ordine – riflette Concetta Gangemi, la funzionaria di polizia che ha gestito l’inchiesta -. Le indagini sono state difficili perché le famiglie non volevano esporsi allo scandalo e, addirittura, hanno tentato, nel caso della prima vittima, di farle ritirare la denuncia.[…]».  E così è stato anche per la sua amica. 

 

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La ragazza, infatti, aveva dovuto difendersi da un fratello e una sorella, che volevano ostacolare con ogni mezzo la sua decisione di parlare con gli inquirenti. Avevano invitato lei e la madre, che la stava aiutando, a «buttarsi dalla finestra». «Volevano che andassi da uno psichiatra che avrebbe certificato la mia pazzia», ha raccontato lei.

La polizia era riuscita ad alzare il velo su tutta la storia grazie a intercettazioni telefoniche [...]

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