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“MI ASPETTO CHE L'ASSASSINO RESTI IN CARCERE FINO ALL'ULTIMO DEI SUOI GIORNI. I SOSPETTI SU DI ME? È STATO BRUTTISSIMO, NON RIUSCIVO A CAPIRE” - SERGIO RUOCCO PARLA A DUE SETTIMANE DALL’INIZIO DEL PROCESSO PER L’OMICIDIO DELLA COMPAGNA SHARON VERZENI, ACCOLTELLATA IN STRADA A TERNO D’ISOLA, DOVE LA COPPIA VIVEVA, LA NOTTE DEL 30 LUGLIO, DA MOUSSA SANGARE FERMATO UN MESE DOPO IL DELITTO (CONFESSÒ DI AVERLA UCCISA PER CASO, SPINTO DA "UN’ONDA DI EMOZIONI") – “HA DISTRUTTO ANCHE LA MIA VITA. NON HO PIÙ MOTIVI PER VIVERE. A VOLTE MI SENTO IN COLPA...”
Maddalena Berbenni per bergamo.corriere.it - Estratti
Vuole spiegare il suo stato d’animo, che sia chiaro. Ma è già tutto evidente dallo sguardo, dalle spalle ricurve, dal tremore delle dita che scorrono le fotografie sul telefonino. Dalla voce che cambia tono soltanto per incrinarsi.
Sergio Ruocco parla a due settimane dall’inizio del processo (il 25 febbraio) per l’omicidio della compagna Sharon Verzeni. A 33 anni, fu accoltellata in strada a Terno d’Isola, dove la coppia viveva, la notte del 30 luglio. I carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo, con il pm Emanuele Marchisio, fermarono il 30enne Moussa Sangare un mese dopo il delitto. Confessò di averla uccisa per caso, spinto da «un’onda di emozioni». Rischia l’ergastolo.
Ruocco chiede di evitare domande che lo riguardino. E «no», non ha mai pensato di incontrarlo. Idraulico di 38 anni, vive ancora dai genitori della fidanzata, a cui non ha mai potuto fare la proposta vera: «L’anello è a casa, glielo avrei dato in Grecia ad agosto, invece...». Dorme nella vecchia camera di lei, con la sua foto accanto.
Seguirà il processo? E cosa si aspetta?
«Sì, ci sarò. Mi aspetto giustizia, l’unica cosa che ci resta. Lei non la ritroveremo più».
E cos’è giustizia per lei?
«Io penso che dovrebbe passare in carcere fino all’ultimo giorno della sua vita. Ha fatto una cosa troppo grave, uccidere una persona senza una ragione. Non solo ha tolto la vita a lei (pausa di silenzio, piange, ndr), ma ha distrutto anche la mia, quella dei suoi genitori. In questi sei mesi è come se fossi morto anch’io».
La verità non l’ha aiutata?
«La mia vita è cambiata totalmente e non riesco a trovare un senso. Mi sveglio la mattina e aspetto che la giornata finisca per andare a letto. Non ho più motivi per vivere, aspetto solo che i giorni passino. Magari in futuro le cose cambieranno, ma non so quando sarà questo futuro, se tra 10 o 30 anni. Nessuno può capire cosa proviamo, è qualcosa che nessuno si merita».
(...)
Tutti si sono chiesti come si sia sentito, da innocente, a reggerne il peso.
«I primi giorni è stato bruttissimo, non riuscivo a capire. Poi mi sono reso conto che era “normale” che ci fossero quei sospetti su di me, perché spesso, purtroppo, l’assassino è il compagno o il marito. La cosa più devastante è stata scoprire solo alle 16 del giorno dopo che era morta, ma ora so che i carabinieri dovevano fare bene il loro lavoro. E lo hanno fatto».
Se non avessero preso Sangare, avrebbe rischiato di restare un sospettato a vita: ha mai avuto paura di questo?
«Dopo due o tre settimane sì, anche perché non riuscivamo a dare una mano alle indagini. Noi eravamo sicuri, però, che fosse uno sconosciuto. Sharon era talmente una brava ragazza, solare, timida, tranquilla, che nessuno poteva avercela con lei».
Come ha saputo del fermo?
moussa sangare in bicicletta dopo aver ucciso sharon verzeni
«Quella mattina alle 6.15, mentre uscivo di casa per andare al lavoro, è arrivata una giornalista. È stato strano perché non vi avevo mai visto a quell’ora. Mi ha chiesto un paio di cose e a un certo punto la mia risposta è stata: “Dopo un mese spero che Sharon ci dia un segnale per trovare il colpevole”. Poi, alle 11, mi ha chiamato sua mamma per darmi la notizia. Mi è sembrato il suo segnale».
Il suo primo pensiero?
«Ho provato un po’ di sollievo, perché almeno i sospetti su di me sarebbero finiti».
sharon verzeni sergio ruocco
sharon verzeni sergio ruocco
moussa sangare
moussa sangare