
“LA FINE DI MISS ITALIA IN TV? LE ULTIME EDIZIONI ERANO IL TRIONFO DELLA NOIA E DELLA BANALITÀ (TUTTE LE RAGAZZE INVOCAVANO LA PACE NEL MONDO), CON QUELLA GIURIA DI ALLUPATI, DA ALAIN DELON A GÉRARD DEPARDIEU...” - ALDO GRASSO VEDE IL DOCUMENTARIO “MISS ITALIA NON DEVE MORIRE” (NETFLIX) E ARTIGLIA: “SI PUÒ DARE LA COLPA DELLA FINE DI MISS ITALIA (PER FINE S’INTENDE L’ESILIO DALLA RAI E IL RICOVERO SUL WEB) A LAURA BOLDRINI, AL #METOO, ALLE UBBIE DEL POLITICAMENTE CORRETTO. PATRIZIA MIRIGLIANI DOVREBBE ANCHE INTERROGARSI SUL FATTO CHE…” - VIDEO
Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” - Estratti
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«È il 1939 quando la quattordicenne Isabella Verney viene eletta Miss Sorriso, vincendo una selezione fotografica ideata da Dino Villani, con la collaborazione dello scrittore Cesare Zavattini, per sponsorizzare una marca di dentifricio: le foto delle concorrenti vengono pubblicate sui settimanali “Il Milione” e “Il Tempo” e l’iniziativa diventa quasi un fatto nazionale. Dopo la pausa della guerra, riprende il Concorso, questa volta non più solo fotografico, ma con il raduno delle ragazze e la sfilata in passerella: nasce Miss Italia ed è il 1946».
Rileggendo una storia di Miss Italia e vedendo il documentario Miss Italia non deve morire di Pietro Daviddi e David Gallerano (Netflix) la prima osservazione che viene in mente è che per settanta e più anni il format della manifestazione non è mai cambiato: si è solo ampliato e ingigantito fino a scoppiare.
Certo, si può dare la colpa della fine di Miss Italia (per fine s’intende l’esilio dalla Rai e il ricovero sul web) a Laura Boldrini, ai riflessi italiani del #MeToo, alle ubbie del politicamente corretto, ma Patrizia Mirigliani, figlia di Enzo, il grande patron della manifestazione, dovrebbe anche interrogarsi sul fatto che in tv i cambiamenti non si intercettano solo dal punto di vista sociologico (le ragazze non devono sembrare unicamente belle ma anche intelligenti, non solo magre ma anche curvy…) ma da quello formale. Le ultime maratone da Salsomaggiore erano il trionfo della noia e della banalità (tutte le ragazze si descrivevano «solari» e invocavano la pace nel mondo), con quella giuria di allupati, da Alain Delon a Gérard Depardieu!
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La parte più interessante del documentario non è la patetica invocazione per un ritorno in Rai di Miss Italia, né il racconto dei rapporti tra padre e figlia e soprattutto tra Patrizia e suo figlio Nicola, ma la descrizione della rete degli agenti regionali della manifestazione. È lì che bisognava insistere per mostrare il corpo ferito di Miss Italia: le facce anni ’50 degli agenti, il loro disappunto sui tempi che cambiano (...)
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aldo grasso